SCIENZA E RICERCA

Il premio Abel a una Matematica

Il 19 marzo di quest’anno è stato assegnato dall’Accademia norvegese delle Scienze e delle Lettere il prestigioso premio Abel a Karen Keskulla Uhlenbeck, matematica dell’università di Austin in Texas; la motivazione del premio, tra le altre cose, recita “… per i suoi lavori fondamentali nell’ambito dell’analisi geometrica e della teoria di gauge, che hanno cambiato profondamente lo scenario della matematica moderna. Le sue teorie hanno rivoluzionato la nostra comprensione delle superfici minime, come quelle formate dalle bolle di sapone, e più in generale i problemi di minimizzazione in dimensioni superiori”. 

Finalmente! Il premio Abel, uno dei più importanti riconoscimenti nell’ambito della Matematica, attribuito ad una signora.

Fondamentale è sottolineare che il lavoro della professoressa Karen Uhlenbeck è considerato uno dei più importanti nella matematica del ventesimo secolo.

Ricordiamo subito che il premio è dedicato al matematico norvegese dell’Ottocento Niels Henrik Abel, ed è stato istituito nel 2002 in occasione del bicentenario della nascita dello stesso e assegnato per la prima volta nel 2003 (tra i premiati troviamo John Nash divenuto famoso a tutti per il film a lui dedicato A beautiful Mind).  A differenza della medaglia Fields, che viene attribuita a giovani matematici, in genere al di sotto dei 40 anni, il premio Abel potremmo dire che è un premio alla carriera; viene assegnato a matematici che si sono distinti per le loro ricerche e i loro risultati. 

Cominciamo con il chiederci chi è Karen Uhlenbeck. Chi è la prima donna ad aver vinto il premio Abel? Karen, nata nel 1942 a Cleveland, Ohio, ora è professoressa emerita all’università di Austin in Texas. Da piccola privilegiava soprattutto la lettura e non nutriva alcuna passione per la matematica. Leggeva libri di ogni genere e passava dalla narrativa ai libri di scienze decidendo alla fine di studiare fisica ma non era fatta per stare in laboratorio. Non era fatta per un lavoro di squadra, e come racconta nel suo libro Mathematicians: an outer view of the inner world ad un certo punto "la struttura, l’eleganza e la bellezza della matematica mi hanno colpito all’improvviso. E mi sono innamorata”. Conseguì il dottorato in Matematica presso la Brandeis University di Waltham nel Massachusetts. Il fatto di essere donna – e aggiungiamo brava – non la avvantaggiava; parlando dei suoi colleghi di quegli anni scrive in un saggio del 1996: “Ci dicevano che non potevamo fare matematica, perché eravamo donne. Mi piaceva fare quello che non potevo fare, era una sorta di legittima ribellione”. Il genere per le donne in ambito scientifico è sempre stato un deterrente sia negli studi sia nella scelta dell’Università sia nella carriera. Come lei stessa racconta, le famiglie destinavano i soldi per le iscrizioni alle Università più prestigiose per i figli maschi. Nel suo caso avrebbe voluto iscriversi al Mit o alla Cornelly University ma dovette ripiegare per l’Università del Michigan essendo le altre troppo costose per la sua famiglia. 

Il problema della discriminazione dei generi in ambito scientifico è stato preso a cuore dalla Uhlenbeck, proprio perché vissuto in prima persona, e a proposito di questo ricordiamo che Karen è stata una tenace sostenitrice delle donne in Matematica e ha fondato il programma “Donne e Matematica” presso l’Istituto di Studi Avanzati di Princeton. “Guardando indietro a quello che ho fatto – afferma la Uhlenbeck - mi sento molto fortunata, sono l’apripista di una generazione di donne che possono avere veri lavori in campo accademico. Sono consapevole di essere un modello per le donne che studiano matematica e so che quello che bisogna mostrare è quanto si può avere successo nonostante le nostre imperfezioni”.

Tutto questo anche se Karen è sempre stata riluttante nell’assumere il ruolo di modello di comportamento ma poi si è resa conto che il percorso verso un’equa opportunità diventava più difficile del previsto, lei stessa afferma che la parità non è una questione numerica: “Non sono sicura che sia necessaria una parità numerica tra uomini e donne. L’importante è che chi vuole diventare un matematico abbia l’opportunità di farlo, indipendentemente dal sesso. Sono le opportunità iniziali a dover essere uguali per uomini e donne”.

Karen Uhlenbeck ha vinto anche altri premi prestigiosi quali la National Medal of Science per la matematica e l’Informatica nel 2000 e il premio Steele della American Mahematical Society nel 2007; nell’occasione dell’assegnazione del premio Abel il presidente della commissione ha ricordato che la professoressa “è stata anche ispiratrice e mentore per migliaia di studenti, motivandoli a raggiungere risultati nelle loro vite accademiche e professionali”.

Soffermiamoci, a questo punto, su quali sono stati gli studi e le ricerche della vincitrice del premio Abel e all’interno di quali ambiti scientifici si collocano i suoi più importanti risultati, ovviamente tenendo conto del fatto che i suoi studi sono talmente specialistici che eviteremo di entrare nel merito dei vari campi di ricerca. 

Innanzitutto ricordiamo che Karen Uhlenbeck è conosciutissima per la sua abilità con le equazioni alle derivate parziali, equazioni che collegano le quantità variabili e le loro velocità di cambiamento, e sono lo strumento fondamentale della maggior parte delle leggi fisiche. Nella sua lunga e prolifica carriera si è dedicata a molte indagini e ha usato tali equazioni per risolvere anche problemi di geometria e di topologia.

Le sue prime ricerche riguardavano la generalizzazione dei problemi di minimizzazione con l’estensione a casi multi-dimensionali. Uno dei risultati più importanti è la scoperta di un fenomeno chiamato bubbling, nell'ambito di uno dei suoi lavori con il matematico Jonathan Sacks. 

Sacks e Uhlenbeck studiavano le "superfici minime", una teoria matematica che si occupa di come le pellicole di sapone si dispongono in forme che minimizzano la loro energia, l’esempio più semplice è quello della bolla di sapone, che racchiude il massimo volume utilizzando la minima superficie. Ma la teoria si bloccava a causa della comparsa di punti in cui l'energia sembrava diventare infinitamente concentrata. L'intuizione della Uhlenbeck fu quella di analizzare da vicino proprio quei punti e in tal modo arrivò a rendersi conto che il fenomeno era causato dalla formazione, proprio in quei punti, di una nuova bolla che si separava dalla superficie. Il cosiddetto “teorema delle bolle” da lei formulato contribuirà ad assegnarle l’appellativo di “signora delle bolle”, ma soprattutto aprirà la strada a ricerche raffinate e applicazioni fondamentali anche in studi più recenti. 

Karin Uhlenbeck, inoltre, ha affrontato la Teoria dei campi di gauge per la fisica delle particelle, una delle teorie proposte per trattare matematicamente la ben nota “Teoria del Tutto” e i risultati da lei raggiunti hanno introdotto nella ricerca punti di vista e strumenti fondamentali per l’ulteriore sviluppo della stessa. Le sue ricerche hanno consentito e consentono ancora oggi importanti risultati nell’affrontare la risoluzione di problemi analitici e fisici, contribuendo allo sviluppo della cosiddetta Analisi Geometrica; i suoi modelli matematici costituiscono la base per diverse teorie fisiche.

Sorprende moltissimo e piacevolmente il fatto che sui risultati raggiunti e sulle tecniche introdotte dalla Uhlenbeck relative alla teoria di gauge e del bubbling si basano i lavori di altri importanti matematici che hanno ottenuto negli anni precedenti notevoli riconoscimenti quali ad esempio: Simon Donaldson  che, con lavori sugli spazi quadridimensionali, è stato premiato con la medaglia Fields nel 1986, e Mikhail Gromov che, con lavori sulla teoria delle stringhe, ha ricevuto il premio Abel nel 2009.

Sarà un bel momento quando re Harald V di Norvegia consegnerà a Oslo il 21 maggio il premio Abel a Karen Uhlenbeck, un riconoscimento importante a una carriera straordinaria che ha generato risultati stupefacenti scaturiti anche nei contributi di studiosi successivi.

Ci piace concludere con un messaggio e un’esortazione della grande matematica alle generazioni future; in una recente intervista alla domanda “che consiglio dà alle giovani donne?” risponde: “Di interessarsi alla matematica e di studiarla, ma soprattutto di porre domande senza vergognarsene. Se vi dicono che una cosa si fa in un certo modo, chiedete sempre: perché? Troppo spesso si insegna senza dare spiegazioni: è così e basta. Mentre in Matematica, come nella vita, ci sono sempre almeno due modi per ottenere lo stesso risultato”.

 

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