SCIENZA E RICERCA

Il cambiamento climatico: fattore di rischio per le guerre

Siamo abituati a pensare alle guerre come alla conseguenza di atti militari o di politica ostile nei confronti di altri Paesi/nazioni/popoli. E non è sbagliato: la geopolitica rimane la fonte principale in grado di generale un conflitto. Ma non sarebbe l’unica causa. Non lo è stata in passato, ma rischierebbe di non esserlo nemmeno in un futuro prossimo. 

E allora, quali altre “interferenze” si sono affacciate negli anni e ritornano, rafforzate, in questi ultimi e in quelli a venire? Una sola, in realtà, ma molto diversa da quella che l’immaginario collettivo potrebbe considerare: il cambiamento climatico

È il risultato di uno studio pubblicato di recente su Nature, in cui si analizzano diversi scenari attraverso le considerazioni di esperti e si calcolano le probabilità di influenza del riscaldamento globale rispetto alla nascita di conflitti armati. 


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E i risultati, seppure con qualche precisazione necessaria, non paiono per niente incoraggianti. Lo studio, infatti, stima che il clima (e i suoi cambiamenti, in particolare) abbia influenzato nel corso dell’ultimo secolo tra il 3% e il 20% del rischio di un conflitto armato e questa influenza, secondo gli studiosi, sarà destinata a crescere drammaticamente. 

Veniamo alle analisi, divise in due scenari: quello peggiore e quello meno peggiore (no, lo studio non prende in considerazione scenari ottimali o migliori. Perlomeno non allo stato attuale).

Nel primo caso, ipotizzando che la temperatura globale aumenti di 4 gradi centigradi - approssimando, si tratta del percorso che noi esseri umani stiamo tracciando se la società non prenderà decisioni sostanziali per ridurre le emissioni di gas climalteranti l’influenza del clima sui conflitti aumenterebbe di 5 volte rispetto al passato. Tradotto in percentuali – secondo lo studio – la probabilità di una guerra, la cui scintilla sia determinata dal clima, salirebbe al 26%.

Nemmeno lo scenario meno peggiore lascia spazio a riflessioni positive. Gli autori dello studio hanno analizzato la percentuale di rischio aumentato anche nel caso che si riesca a contenere l’aumento della temperatura terrestre entro i 2 gradi centigradi rispetto all’era pre-industriale. Si tratta – in fin dei conti ed è bene ricordarlo – del parametro fissato dagli accordi sul clima di Parigi.

Bene, in questo scenario l’influenza del clima sui conflitti aumenterebbe di più del doppio, salendo a una probabilità del 13%. “Comprendere il ruolo del cambiamento climatico – spiega Katharine Mach, prima autrice dello studio – e il suo impatto sulla sicurezza globale è importante non solo per comprendere il costo sociale della continua immissione di gas serra nell’atmosfera, ma anche per fare di una priorità la risposta a questa situazione, includendo anche fattori come l’aiuto e la cooperazione”. 

Rimane da comprendere meglio come il riscaldamento globale porti a un considerevole aumento di un conflitto armato. Eventi meteorologici estremi e i relativi disastri possono danneggiare l’economia di un territorio, così come una ridotta produzione di cibo o una ridotta presenza di acqua possono aumentare la disuguaglianza tra gruppi sociali. Anche le migrazioni, in questo caso alimentate dalle modifiche subite dal territorio a causa del clima, potrebbero destabilizzare notevolmente estesi territori. Questi fattori, combinati con altri, possono generare e accrescere il rischio di violenze che poi potrebbero sfociare in conflitto. 

I ricercatori, allo stesso tempo, però si sono trovati in disaccordo su quanto sia determinante il ruolo del climate change nello scatenare un conflitto armato o una guerra civile. Per capire al meglio questo impatto, le analisi effettuate comprendono interviste e dibattiti tra esperti di scienze politiche, scienza ambientale, economia ed altri filoni di ricerca. Questo panel di esperti, che hanno co-firmato lo studio, è arrivato a differenti conclusioni rispetto a come il clima abbia influenzato soprattutto i conflitti nel passato. Tutti sono giunti a una conclusione unitaria: il clima ha sicuramente influenzato i conflitti negli anni recenti. Allo stesso tempo il gruppo mette in chiaro che altri fattori, quali un basso sviluppo socio-economico, la forza di un governo, le disuguaglianze sociali e una recente storia di violenze, abbiano un impatto decisamente più pesante per i conflitti tra diversi Paesi.


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Attenzione, questo non significa che il clima non abbia la sua importanza. Significa che è complicato capire come quest’ultimo si renda “corresponsabile” di un conflitto e sotto a quali condizioni. Le future conseguenze guidate dal climate change saranno diverse da quelle storiche perché la società sarà costretta a fronteggiare condizioni senza precedenti che vanno oltre a quanto conosciuto finora e alla nostra capacità di adattamento. 

Come prepararsi a questi scenari allora? Sicuramente, un approccio vincente sarebbe quello di ridurre in partenza i rischi di un conflitto e di prepararsi alle conseguenze delle mutate condizioni climatiche del pianeta Terra. Lo studio di Nature indica che alcune mosse, come migliorare la sicurezza degli stock alimentari e “fare scorta”, possa aumentare la sicurezza e diversificare le opportunità economiche, soprattutto nei Paesi con un’economia già fragile. Questi fattori, assieme ad altri, potrebbero mitigare l’effetto del clima nella generazione di problematiche conflittuali e belliche.

Un’evidenza è chiara: ancora una volta sono i decisori politici a dover intraprendere delle scelte precise. Senza di esse, lo scenario peggiore potrebbe ormai essere dietro all’angolo. 

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