CULTURA

Caro cinema italiano, sei in salute?

Siamo dentro l’estate, la stagione in cui il cinefilo reo confesso di aver trascurato le nuove uscite invernali trova redenzione nei cinema all’aperto, (mentre altri al contrario si chiudono in casa, laddove refrigerata, e si rifugiano su Netflix) dove per la stagione in corso si imbatteranno però in pochi titoli italiani commercialmente rilevanti.

Il primo scorcio di quest'anno (periodo gennaio-maggio) ha visto infatti l’incasso più basso degli ultimi 9 anni,con una quota mercato di 19,3% (dati Cinetel) che non promette di superare quella del 20% al 31 dicembre prossimo.  

E dire che l’ANICA (l’Associazione che rappresenta le industrie italiane del cinema e dell’audiovisivo nei rapporti con le istituzioni e nelle trattative sindacali) aveva chiuso il 2018 con cauto ottimismo, rilevando come il cinema italiano avesse  raccolto la ragguardevole quota mercato del 23% e, forti della crescita percentuale significativa delle produzioni e co-produzioni italiane (+ 23,8%) nonché di un aumento rispetto al 2017 dei titoli italiani e in coproduzione con un incasso superiore a 1,5 milioni di euro, confidava in un miglioramento del trend per quest’anno. Speranza alimentata grazie anche alla promessa di una più razionale e distribuita capacità di offerta del prodotto cinematografico lungo l’arco dei 12 mesi.

La media dei file, di pellicole non si può più parlare, all’anno si attesterebbe sui 200 titoli: cifra in effetti un po’ falsata considerando la scarsa vendibilità dei nostri lavori all’estero (spesso film che da tempo ormai raccontano storie di provincia, con un intimismo dello sguardo che pochi, fuori e dentro confine patrio, riescono a ricevere) e la facilità di realizzazione dovuta alle nuove tecnologie e agli alti risparmi che assicurano sulla produzione. Sulla quota incassi dei film italiani pesa il nostro potenziale di mercato (legato a quantità e qualità di sale cinematografiche) rispetto ad altri Paesi, potenziale che nel dopoguerra era tra i più importanti al mondo e ora è sceso in tredicesima posizione.

I lavori italiani mostrerebbero anche varietà e qualità, in parte premiata ai Nastri d’Argento di Taormina dove l’edizione 2019 ha visto il trionfo di Marco Bellocchio con Il Traditore a cui son andati ben sette premi, tra i quali: miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista e non protagonista. È andata bene, anche se meno del previsto, la commedia Ma cosa ti dice il cervello? di Riccardo Milani che ha valso il nastro come miglior attrice a Paola Cortellesi. Poco hanno inciso i promettenti Moschettieri del Re - la penultima missione firmato da Giovanni Veronesi, forte del team Favino-Rubini-Pappalardo-Mastrandrea. La tendenza italica di fare leva sulla notorietà pregressa dei nomi di punta (oltre ai suddetti si pensa soprattutto a volti più televisivi come Siani, Bisio, Albanese, Ficarra&Picone) non sempre paga. O meglio, paga sul serio, in termini di incassi, con un solo nome: Checco Zalone, il quale piaccia o no, regge le nostri sorti commerciali cinematografiche. Il regista ha indubbiamente un grande ufficio  stampa e marketing, distanzia i suoi lavori di almeno tre o quattro anni, registra incassi titanici, proprio nel senso della pellicola di Cameron (65 milioni 295 mila e 389 euro con Quo Vado?)e negli intermezzi scompare di scena. Il prossimo film, è stato annunciato pochi giorni fa a Riccione a Ciné ovvero le Giornate del Cinema dedicate ai professionisti del comparto, uscirà in gennaio, precisamente il primo dell’anno, e anche per questo motivo le previsioni economiche 2019 non prevedono le sperate impennate natalizie.

Pur in una congiuntura affatto semplice, la  vitalità dei nostri autori, lo ha ben espresso Goffredo Fofi tempo fa su Internazionale, è notevole specie lontano da “banche e salotti”: Alice Rohrwacher (Lazzaro Felice), Matteo Garrone con Dogman, Stefano Savona col documentario Samouni Road, Fabio e Damiano D'Innocenzo (La Terra dell’abbastanza), Cremonini con la storia di Stefano Cucchi (Sulla mia pelle) sono tutti talenti che solo nel 2018 hanno brillato anche se, commercialmente, per pochi.

Il 2019 ha portato fino ad ora lavori forse meno originali rispetto alla scorsa annata ma sicuramente di rilievo, oltre  Il Traditore , Il primo re di Matteo Rovere, La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi basato sull'omonimo romanzo di Saviano, il piccolo Dafne di Federico Bondi storia di una giovane affetta dalla sindrome di Down; e ancora Momenti di trascurabile felicità, adattamento dei libri dello sceneggiatore Francesco Piccolo, diretto da Lucchetti , Domani è un altro giorno di Daniele Spada, dove si ritrova l'accoppiata Mastrandrea/Pappaleo ed è remake dello spagnolo Truman (da non confondersi con quello dello show), Copperman di Eros Puglielli, dalle parti di Big che poi fu Da Grande con Pozzetto, storia tenera scritta in chiave supereroistica (ma niente a che fare con  Geeg Robot). Tra le recentissime uscite estive il volenteroso Giorgio Tirabassi con Il Grande salto e il documentario Selfie di Agostino Ferrente girato dai protagonisti, due sedicenni del Rione Traiano di Napoli, con l'iPhone, a raccontare una quotidianità che rivede e corregge, in parte, ciò che mostra Gomorra.

Esiste poi in Italia un sottobosco di cinema di tutti i formati di chi è deliberatamente e felicemente fuori e, bontà sua, sperimenta: su tutti il gruppo Fuori Norma di Adriano Aprà alla guida del partito dei cineasti indipendenti; o ancora la bellissima esperienza del lavoro sull'home movies, che ha il suo fulcro nel progetto Re framing e ha avuto una sezione dedicata anche all'ultima Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro: non si tratta solo di un lavoro di archivio, salvataggio e ricognizione storica, ma quasi sempre anche della  creazione di storie a sé stanti a partire da scampoli di cinema di famiglia, come avvenuto nel caso esemplare di Gli Anni di Sara Fgaier;  presentato a Venezia nel 2018, ha vinto  tra l'altro, il premio per il Miglior Cortometraggio Europeo alla 31^edizione degli EFA – European Film Awardsgli Oscar europei.

Uscendo dalla comfort zone della nicchia e tornando al mercato, per settembre i botteghini confidano in due coproduzioni Italia USATommaso diretto da Abel Ferrara e The poison Rose  di Francesco Cinquemani. Sì abbiamo bisogno, commercialmente, dell'aiutino: il mercato cinematografico d'oltre oceano conta su budget più imponenti e questo significa una miglior distribuzione nelle sale. Molto cinema nostrano ancora si affida a circuiti d’élite come le sale d’essai e la scarsa capillarità non giova alla visibilità. Questo innesca il solito meccanismo poco virtuoso per cui se si è distribuiti poco, sei visti anche poco (e male) e ciò fa sì che poi non si crei molto consenso e gusto intorno al cinema italiano e il grande pubblico continui nelle sue abitudini fruitive a preferire la valanga di film che giungono perlopiù dagli USA.

Intanto a metà giugno,  Lucia Borgonzoni, sottosegretario del ministero Beni ed attività culturali con delega al cinema, ha annunciato un percorso di modifiche alla attuale normativa di settore per non mettere in difficoltà un comparto che rappresenta una parte importante della nostra industria culturale e forte attrattore di capitale, con potenzialità che hanno margini di crescita che vanno incentivate e non penalizzate.

“L’intervento– spiega Borgonzoni – sarà finalizzato a mitigare il sistema attuale in quegli aspetti che imbrigliano troppo il settore, a partire dagli obblighi di investimento, che devono tenere conto delle prospettive economiche e soprattutto andare maggiormente a sostegno di tutte le produzioni italiane, cinematografiche e televisive, che devono essere sostenute e incentivate. Interverremo anche in merito agli obblighi di programmazione delle emittenti televisive, che vogliamo riportare ai termini previsti prima della riforma del 2017 e mantenere per la RAI l’obbligo di programmazione di prima serata, obbligo che per le altre reti potrà essere sostituito con maggiore acquisto di prodotto recente. Per quanto riguarda gli operatori on demand – prosegue il Sottosegretario – renderemo finalmente effettivi i loro obblighi e, tenendo comunque conto delle loro specificità, li avvicineremo a quelli già previsti per le emittenti televisive tradizionali. Come mai avvenuto in precedenza siamo riusciti a coinvolgere queste piattaforme nei tavoli insediati al Ministero e questo ha portato già i suoi risultati, come l’investimento annunciato da Netflix di duecento milioni di euro in Italia nei prossimi tre anni”.

Vedremo

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