SOCIETÀ

La rivoluzione ambientale è sempre più rosa

Greta Thumberg, Krista Johanna Mikkonen, Ursula von der Leyen. Sono solo alcuni esempi di donne moderne che oggi combattono per un’unica grande causa, la salute del nostro Pianeta. Pianeta che solo poche settimane fa, tre giorni in anticipo rispetto al 2018, ha celebrato il suo Earth Overshoot Day il giorno in cui, cioè, il consumo delle risorse che offre la natura eccede ciò che gli ecosistemi della Terra sono in grado di riprodurre per quell’anno. 

Era il 20 agosto di un anno fa quando la giovanissima e sconosciuta Greta Thumberg si è seduta per la prima volta davanti al Parlamento svedese a Stoccolma in protesta contro l’inerzia del governo di fronte al climate change e per chiedere interventi immediati a tutela della Terra. Un evento che, se non ha cambiato il mondo, ha di sicuro contribuito a smuovere coscienze, a gettare le basi per nuovi possibili dialoghi, rapporti e collaborazioni e che è riuscito a dar vita a un vero e proprio movimento globale delle nuove generazioni per il clima, il ‘Fridays For Future’, che ha portato in piazza migliaia di giovani di tanti paesi del mondo, Italia compresa. Il percorso di Greta in difesa del nostro Pianeta non si è mai fermato. In questi mesi, la giovane studentessa svedese ha raggiunto paesi lontani, conosciuto politici e figure influenti, ma anche giovani e persone comuni, partecipato ad alcuni degli incontri più importanti al mondo dedicati ai temi del clima e dell’ambiente, incontrato molti dei ‘potenti del mondo’. Il suo viaggio prosegue anche oggi, in barca a vela, e punta a raggiungere New York per il vertice Onu sul clima in programma il 23 settembre prossimo. A poco più di un anno da quel 20 agosto, oggi Greta è favorita per il Nobel per la Pace 2019.

Seconda a Greta, solo per età, è Krista Johanna Mikkonen, ministra finlandese dell’ambiente. Del partito dei Verdi (Green League), la Mikkonen è operativa nel Parlamento del suo Paese dal 2015. Dal primo luglio il Paese scandinavo è subentrato alla Romania nella presidenza del Consiglio dell’Unione europea e, anche in questo caso, la questione ambientale è stata posta come una delle principali priorità. ‘Lavoriamo all’elaborazione di una strategia europea per un’economia di tipo circolare ‘ che offra – ha spiegato la stessa Mikkonen - l’opportunità di riutilizzare le risorse naturali già utilizzate, di produrre meno rifiuti e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’industria’. E così, mentre il governo finlandese persegue nell’ambiziosa direzione di diventare una società a neutralità climatica entro il 2035 (a emissioni zero cioè), il Consiglio d’Europa lavora per cercare di raggiungere lo stesso traguardo anche a livello comunitario.

La difesa dell’ambiente è obiettivo comune anche alla neo eletta presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula von der Leyen, prima donna a ricoprire questo ruolo, nominata lo scorso luglio dai leader dei 28 Stati membri dell’Unione europea. Una vita in politica, dal 2005 è ministra in tutti i governi Merkel e prima donna ministro della Difesa della storia tedesca (2013), Ursula von der Leyen già nel discorso di apertura della seduta plenaria del Parlamento europeo, lo scorso 16 luglio, ha dichiarato come priorità la necessità e l’urgenza di riforme e interventi a favore del clima. “Voglio che l'Europa – ha specificato - diventi il ​​primo continente neutro dal punto di vista climatico nel mondo entro il 2050’. E per farlo ha annunciato nuovi investimenti, leggi e riforme.

Fonte: Green climate fund

Ma quale legame c’è tra donne e ambiente? A considerare fondamentale il coinvolgimento dell’universo femminile nelle tematiche ambientali sono, in primis, le Nazioni Unite. Già dieci anni fa, nell’Annual Report 2009 UNFPA (The United Nations Population Fund) veniva dichiarato che ‘La comunità internazionale avrà successo nella sua lotta contro i cambiamenti climatici se le politiche, i programmi e i trattati terranno conto dei bisogni, dei diritti e della potenzialità delle donne. Un migliore utilizzo della popolazione femminile potrebbe favorire la crescita economica, ridurre la povertà nel mondo, migliorare il grado di benessere sociale ed aiutare ad assicurare uno sviluppo sostenibile”. E sempre secondo le Nazioni Unite sarebbero almeno cinque le ragioni per cui è importante che le donne siano parte integrante dell’’azione ambientale’. Per prima cosa perché, nel mondo, l’universo femminile rappresenta il 51% della popolazione totale. Poi perché, nei paesi in via di sviluppo, le donne rappresentano circa il 43% della forza lavoro agricola; potendo accedere alle stesse risorse degli uomini, le donne sarebbero in grado di accrescere il loro rendimento del 20-30% aumentando quindi la produzione agricola totale in alcuni paesi e facendo diminuire la fame nel mondo. E questo potrebbe avere un impatto positivo sull’adattamento al clima sia per lo sviluppo di tecnologie e risorse appropriate sia per la riduzione della povertà, fattori che consentirebbero alle persone di adattarsi meglio ai cambiamenti climatici. Sempre secondo l’Onu, investire nelle donne crea benefici che si ripercuotono nelle famiglie, nelle comunità, nei paesi stessi perché il loro coinvolgimento nella pianificazione della vita delle comunità, può portare alla crescita del benessere. Le donne, poi, affrontano comunemente rischi più elevati e maggiori oneri derivanti dagli impatti dei cambiamenti climatici in situazioni di povertà.

Infine, secondo uno studio di Women Deliver i paesi con un'alta rappresentanza delle donne in parlamento hanno maggiori probabilità di ratificare i trattati internazionali sull'ambiente. Ma se, dal punto di vista ambientale il coinvolgimento delle donne farebbe ben sperare, il gender gap è ancora forte nella politica, lì dove vengono prese le decisioni più importanti. Secondo i dati Eurostat 2018, infatti, in Europa il numero di parlamentari o di membri del governo di sesso femminile è in media il 30% del totale. Non va meglio la situazione per le donne neanche in Italia: se grazie alle quote rosa nel nostro Parlamento sono il 35,3%, per quanto riguarda gli incarichi di governo la percentuale scende fino al 16,7%, oltre dieci punti in meno rispetto lo scorso anno.

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