SCIENZA E RICERCA

La scienza all’opposizione negli Stati Uniti

“Quello che sta accadendo oggi non ha precedenti. Nulla di tutto questo è mai accaduto prima. Nulla di tutto questo è mai stato necessario prima”. È il 10 ottobre 2019, siamo (sono) in un albergo alle porte di Washington e chi parla è Gretchen Goldman, che guida la divisione ricerca Center for Science and Democracy. La dichiarazione appare oggi in un articolo in bella vista pubblicato da Science, il settimanale dell’AAAS: l’associazione americana per l’avanzamento delle scienze: una delle più importanti società scientifiche del mondo.

Lì in sala sono riuniti 20 scienziati che hanno dato vita all’Independent Particulate Matter Review Panel, un gruppo che studia la letteratura scientifica sul famigerato particolato atmosferico e più in generale sulla qualità dell’aria. I 20, molti dei quali docenti universitari e comunque esperti di gran fama, hanno qualcos’altro in comune: erano tutti collaboratori dell’EPA, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente che risponde all’Amministrazione federale. Sì, insomma, al governo di Washington. E hanno sempre in comune un altro fatto: sono tutti stati licenziati un anno fa da Andrew Wheeler, il negazionista dei cambiamenti climatici e scettico profondo su tutto quanto ha a che fare con la protezione ambientale, voluto alla testa dell’EPA da Donald Trump.

Wheeler è considerata la persona sbagliata messa al posto sbagliato per mera volontà politica. Un tradimento di quel tradizionale rapporto di reciproca indipendenza tra scienza e politica che ha fatto la fortuna (scientifica e anche politica) degli Stati Uniti. 

I 20 hanno deciso che quel loro licenziamento è inaccettabile, perché avvenuto non per motivi scientifici o tecnici o procedurali, ma, appunto, per una precisa volontà politica: non solo non dovevano rendere pubblici ma neppure raccogliere i dati sull’ambiente in contrasto con la politica generale dell’Amministrazione Trump.

Ecco perché, anche su spinta dell’Union of Concerned Scientists, hanno ritenuto inevitabile fare qualcosa di inedito e, insieme, di necessario: continuare a riunirsi per studiare i dati e i report sulla qualità dell’aria proprio come facevano quando erano in forze all’EPA. Hanno così formato una sorta di commissione alternativa, di altissimo profilo scientifico, in oggettiva opposizione al governo. Per soddisfare il diritto degli americani a conoscere lo stato dell’ambiente in cui vivono. Diritto messo pesantemente in forse da Donald Trump e dalla sua Amministrazione.

La riunione si conclude oggi. Ma oggi si apre una nuova stagione nella storia della scienza negli Stati Uniti. Il patto tra comunità scientifica e governo, tra scienza e democrazia – già incrinato ai tempi di George W. Bush – è stato definitivamente rotto da Donald Trump. Che afferma nei fatti, prima ancora che a parole, che la politica viene prima della verità scientifica. Che anche la scienza deve essere sottoposta alla volontà di “chi è stato eletto dal popolo”. Non era mai avvenuto prima, negli Stati Uniti. Non con la medesima arroganza e disprezzo dell’autonomia della scienza.

Ecco perché i 20 dell’Independent Particulate Matter Review Panel hanno fatto qualcosa che non è solo senza precedenti, ma che è necessario. In gioco, dicono, c’è la libertà e trasparenza della scienza.

Una percezione fatta propria da Science e dall’AAAS.

La comunità scientifica attuale è figlia di quella nata in Europa nel XVII secolo, quando alla Royal Society si mise nero su bianco che qui non si discute né di politica né di religione, un impegno decisivo pe la fondazione di quella che Paolo Rossi definiva la “Repubblica autonoma della Scienza”.

La comunità scientifica, pur tra mille contraddizioni, ha da allora cercato di difendere la sua autonomia in tutti i paesi liberi e, per quanto possibile, anche nei paesi illiberali o addirittura autoritari. Certo, la difesa non è avvenuta sempre con la stessa forza e determinazione. Ma oggi lì, in quell’albergo alla periferia di Washington l’Independent Particulate Matter Review Panel sta dimostrando che l’antica e nobile   aspirazione non è stata dimenticata. 

Che gli scienziati sono pronti (devono essere pronti) a reagire, in maniera esplicita e anche clamorosa, perché l’antica e nobile aspirazione alla libertà di ricerca non deve mai essere dimenticata. 

 

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