SOCIETÀ

La Basilica di san Marco rischia di diventare un tesoro sommerso?

Una finestra rotta, la cripta allagata e l'acqua che invade gli spazi interni della Basilica di san Marco. Uno dei principali simboli di Venezia è diventato l'ennesima vittima di questi giorni di paura e tragedie. Stringe il cuore a vedere un luogo di arte e bellezza ridotto in queste condizioni, senza sapere esattamente quanto gravi siano i danni causati dall'allagamento e, soprattutto, cosa rischia di accadere in futuro. È stata una finestra a cedere e a fare sì che questo spazio si riempisse d'acqua nella sera del 13 novembre. Oltre ai danni causati agli oggetti di valore custoditi nella basilica, al pavimento e alle pareti, bisogna tenere conto anche degli effetti della mareggiata sulle fondamenta che reggono l'intera struttura.

L'ultima grande alluvione aveva colpito Venezia a fine ottobre 2018, e anche allora i sistemi di difesa non erano riusciti a impedire completamente il danno, non essendo stati progettati per contenere una tale quantità d'acqua. In queste ore, il monitoraggio ha assunto una funzione fondamentale, perché l'allerta meteo è prevista anche per i prossimi giorni, quindi è più che probabile che si ripetano altri episodi del genere. La valutazione del rischio geotecnico deve tenere conto anche della frequenza con cui avvengono questi fenomeni, perché, naturalmente, ogni invasione mareale indebolisce sempre di più la struttura degli edifici.

Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Simonini, del dipartimento di ingegneria civile, edile e ambientale dell'università di Padova, il quale ha recentemente preso parte a un programma di ricerca mirato a fare il punto della situazione sullo stato di conservazione delle fondazioni lignee alla base degli edifici della laguna e a studiare soluzioni efficaci per tutelare e salvaguardare il patrimonio architettonico della Serenissima. Simonini ha studiato il comportamento meccanico dei terreni di Venezia per valutare la sicurezza arginale.

Montaggio di Barbara Paknazar

“Questi fenomeni ripetuti nel tempo più volte possono dar luogo a degli squilibri di tensione all'interno sistema murario delle fondazioni, che possono avere dei risentimenti visibili e quindi danni a lungo termine dell'opera”, spiega il professor Simonini. “Attualmente noi del dipartimento di ingegneria civile stiamo lavorando alla messa in sicurezza di piazza san Marco per maree che restino entro una quota di 110 centimetri, cioè per le quali sia possibile poi pensare a una chiusura delle paratie mobili”.

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