SOCIETÀ

Il meticciato di Papa Francesco

Negli ultimi mesi tra le parole più ricorrenti nel linguaggio di papa Francesco c’è quella di “meticciato”. Se ne è molto discusso e non sono mancate critiche severe dentro e fuori la Chiesa. Il papa è stato contestato per aver usato meticciato troppo spesso e soprattutto non come generica metafora, ma piuttosto attribuendo al termine un significato etnico, scientifico e culturale, con risvolti persino teologici. Può essere utile riprendere bene i precisi riferimenti testuali, nella consapevolezza che le parole del papa non hanno obiettivi politici contingenti e che vanno inserite sempre nel contesto di un’influenza morale sui credenti (e per molti versi anche sui non credenti) come qui recentemente sottolineato.

Il 5 settembre 2019, durante il suo viaggio in Mozambico, papa Francesco ha incontrato un gruppo di 24 gesuiti. Il papa ha chiesto ai presenti di formare un cerchio con le sedie e li ha successivamente invitati a porre le domande. Il giorno dopo i principali quotidiani hanno riportato molte degli argomentati quesiti posti e delle risposte (alcuni polemizzando aspramente con quanto affermato da papa Francesco). La versione integrale è stata pubblicata qualche giorno dopo sul sito della rivista La civiltà cattolica.

L’ultima domanda, espressa dallo scolastico Ermano Lucas, che svolge il suo servizio presso la scuola secondaria «Santo Inácio de Loyola», riguarda la xenofobia dilagante. La redazione definisce così i termini usati: la xenofobia è un’avversione generica verso gli stranieri, ciò che è straniero, o che viene percepito come tale; l’aporofobia è una fobia che rappresenta la paura per la povertà o per i poveri, e può essere anche interpretata come la ripugnanza davanti al povero o all’indifeso.

Questa la risposta di papa Francesco:

“La xenofobia e l’aporofobia oggi sono parte di una mentalità populista che non lascia sovranità ai popoli. La xenofobia distrugge l’unità di un popolo, anche quella del popolo di Dio. E il popolo siamo tutti noi: quelli che sono nati in un medesimo Paese, non importa che abbiano radici in un altro luogo o siano di etnie differenti. Oggi siamo tentati da una forma di sociologia sterilizzata. Sembra che si consideri un Paese come se fosse una sala operatoria, dove tutto è sterilizzato: la mia razza, la mia famiglia, la mia cultura… come se ci fosse la paura di sporcarla, macchiarla, infettarla. Si vuole bloccare quel processo così importante che dà vita ai popoli e che è il meticciato. Mescolare ti fa crescere, ti dà nuova vita. Sviluppa incroci, mutazioni e conferisce originalità. Il meticciato è quello che abbiamo sperimentato, ad esempio, in America Latina. Da noi c’è tutto: lo spagnolo e l’indio, il missionario e il conquistatore, la stirpe spagnola e il meticciato. Costruire muri significa condannarsi a morte. Non possiamo vivere asfissiati da una cultura da sala operatoria, asettica e non microbica”.

Il 12 dicembre, nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa della Beata Maria Vergine di Guadalupe, Patrona delle Americhe, papa Francesco ha presieduto la celebrazione eucaristica serale in San Pietro. La Morenita, patrona di tutti i popoli di lingua spagnola, protettrice dei “latinos” e dei migranti che cercano di attraversare il confine messicano per raggiungere gli Stati Uniti, la Virgen de Guadalupe che ogni anno attira oltre 20 milioni di pellegrini, è stata così al centro della Messa solenne. I costumi colorati e preziosi, i copricapo piumati degli indios, le percussioni e i canti intonati dal coro del Collegio Pio Latino Americano insieme a quello della Cappella Sistina, hanno trasformano la Basilica vaticana in un lembo delle terre dei natii continente geografico ed ecosistema umano. Papa Francesco all’omelia aveva parlato a braccio e in spagnolo, il contenuto delle sue affermazioni è stato subito ampiamente riportato dal sito di notizie vaticane, poi ripreso da tutti gli organi d’informazione il giorno dopo, talora polemicamente (sono scesi in campo anche teologi conservatori a contestarlo).

Eccone alcuni passaggi:

“Non si può ridurre il ruolo della donna nella Chiesa a mera funzionalità, cioè a burocrazia e compiti da svolgere o caselle da occupare, perché questo atteggiamento riduce la natura e la chiamata della donna stessa e ci lascia a metà strada. La donna nella Chiesa va oltre questa visione e il suo essere Madre trasforma anche tutta la Chiesa che diventa appunto “Santa Madre Chiesa”. Maria è meticcia, come il volto della Guadalupana. Ha voluto essere meticcia, si è mescolata ma non solo con Juan Diego, è diventata meticcia per essere madre di tutti, si è meticciata con l'umanità. Perché lo ha fatto? Perché lei ha meticciato Dio e questo è il grande mistero: Maria madre meticcia, che ha fatto Dio, vero Dio e vero uomo, in suo Figlio Gesù”.

Il 16 gennaio 2020 il quotidiano “La Repubblica” ha poi pubblicato una lunga articolata intervista di Eugenio Scalfari a papa Francesco. Fra le domande una era così formulata: “Posso porle Santo Padre il tema del meticciato da lei affrontato più volte?” Prima di leggere per esteso la risposta di qualche giorno fa, sottolineo che non ho riportato tutte le altre precedenti citazioni in materia; tuttavia non bisogna andare troppo indietro nel tempo, scandagliando l’Enciclica Laudato sì (sulla cura della casa comune) il termine non c’è. Sono le vicende xenofobe accentuatesi nel mondo negli ultimi tempi ad aver suggerito una riflessione tenace e approfondita del papa sul meticciato:

“È un tema assai importante ai tempi d’oggi ma in qualche modo il meticciato c’è sempre stato. Si tratta di popoli che cercano in giro nel mondo luoghi e società in grado di ospitarli e addirittura di trasformarli in cittadini del paese nel quale sono arrivati. Probabilmente ad avere figli e moglie in quel paese. In questo modo i popoli della nostra specie tendono a creare un popolo nuovo dove le qualità e i difetti dei popoli originari concorrono a produrne uno che si spera sia migliore. È il tema delle emigrazioni e delle immigrazioni, sempre stato attuale e non ora soltanto; la popolazione del nostro pianeta è cambiata continuamente nelle sue caratteristiche fisiche, mentali, di personalità. La stessa cosa si può dire del mondo in cui abitiamo. Adesso per esempio c’è il problema del clima… È uno dei temi di maggiore interesse del quale tutti dobbiamo farci carico”.

Non sono in grado di pronunciarmi sui possibili significati teologici del meticciato, tanto più che si chiama in causa l’eutichianesimo, ovvero l’eresia di Eutiche (378-454), archimandrita di un convento di Costantinopoli. Resta il fatto che l’uso dei termini è appropriato e le considerazioni di papa Francesco sono scientificamente inappuntabili. Come già per l’enciclica del maggio 2015 c’è una cura aggiornata del linguaggio che mostra rispetto e comprensione per quanto maturato dalla ricerca in svariate discipline. Proficua e costante appare la contestazione di un consumismo sfrenato e di un atteggiamento predatorio nei confronti della nostra casa comune. Come in tutti gli anni del suo Magistero, la ripetizione di alcuni elementi chiave di convivenza pacifica e dialogante garantisce coerenza nell’apprendimento: chiunque ha insegnato sa che le nozioni si acquisiscono meglio solo nella mescolanza antropologica, anagrafica, linguistica, caratteriale, fisica, di genere e di passioni di chi ascolta e si confronta. Appunto il meticciato dei geni e delle culture come dato oggettivo e innegabile (dovuto anzi spesso purtroppo a violenze e sopraffazioni), dal quale cercare di trarre appena possibile insegnamenti e vantaggi.

Come ben noto a tutti, il termine “meticciato” deriva dalla conquista spagnola (e portoghese) dell’America meridionale e in quell’area dunque è stato inventato, sperimentato e nominato, entrando poi in tutte le lingue del mondo, pur descrivendo una mescolanza di geni e culture non limitata a dopo il 1492 e solo a quell’area; era già esistito da prima e altrove. Quel che è in italiano e in spagnolo il meticciato si capisce anche in molte altre lingue (talora nemmeno tradotto), per l’inglese si può fare riferimento anche a mixture, come qui ampiamente spiegato.

Il meticciato è connesso a emigrazioni e immigrazioni del passato remoto, divenendo permanente in tutti gli ecosistemi umani; chi negli ultimi dieci anni ha esaminato il DNA antico lo conferma, qualunque sia la nazionalità avuta e la religione professata. Ogni popolo (e ogni individuo) ha pregi e difetti e porta con sé (ovunque vada) caratteristiche fisiche, mentali, di personalità che si mescolano, sicché nessuno è propriamente un autoctono. Il meticciato dà vita ai popoli del passato e del presente. A essere meticci sono i popoli, noi tutti e non i singoli individui. Siamo tutti un mosaico originale di incroci e mutazioni. L’uso metaforico del termine è diffusissimo (anche per caratterizzare ormai tutte le religioni), fin qui però lo abbiamo richiamato come dato di fatto eminentemente biologico e genetico. La morfologia e i genomi, la tecnica e le scienze, la musica e le arti, l’alimentazione e le cucine degli umani sono meticci.

Siamo “La specie meticcia”, leggere per credere.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012