SOCIETÀ

Il nuovo antisemitismo: "Fenomeno preoccupante, spia di disagio sociale"

Nell’immaginario collettivo gli italiani sono accoglienti, amichevoli, ospitali. Ma ciò corrisponde davvero alla realtà? In effetti, negli ultimi anni, anche il nostro Paese – al pari di altre nazioni europee – è stato interessato dal preoccupante riproporsi di dinamiche di discriminazione, razzismo ed esclusione, rivolte soprattutto a fasce sociali deboli, come le minoranze etniche e religiose.

Tra i vari episodi discriminatori che si verificano in Italia è allarmante la frequenza di affermazioni ed atti antisemiti (monitorati dall’Osservatorio antisemitismo del CDEC, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), il cui intensificarsi potrebbe anche essere sintomo del ritorno di terribili spettri del passato.

Alcune recenti ricerche, come quella condotta dall’Euromedia Research di Alessandra Ghisleri, mostrano un preoccupante aumento del fenomeno del razzismo nelle sue molteplici forme, tra cui l’antisemitismo. Del campione di intervistati, più dell’1% ha dichiarato di non credere nella realtà storica dell’Olocausto: se estendessimo questo dato all’intera popolazione italiana, ciò significherebbe che circa 700.000 persone non ritengono la Shoah un fatto realmente accaduto. A dir poco, inquietante.

Non bisogna certo scadere nell’allarmismo, ma allo stesso tempo è necessario che dalla società provengano risposte decise: è questa la direzione in cui si è mosso, ad esempio, il Parlamento italiano, dapprima costituendo al Senato, nell’ottobre 2019, una “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all'odio e alla violenza”, e poi istituendo un Coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, ruolo assegnato nel gennaio 2020 alla prof.ssa Milena Santerini.

I rinnovati sforzi condotti negli ultimi anni per rinnovare e valorizzare la memoria storica dei tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale hanno un valore importantissimo, in quanto hanno dato nuova linfa agli studi su quel periodo storico, consentendone una conoscenza sempre più approfondita. La memoria è assolutamente fondamentale perché ciò che è accaduto possa non ripetersi, rimanendo un monito per le generazioni future. Tuttavia, come sottolinea il professor Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione CDEC, “ciò ha scatenato le reazioni di una parte di società che si pone in maniera più negativa nei confronti di quella memoria, e ha aperto la via all’espressione più libera di un pensiero che finora era rimasto silente in quelle persone”.

L’istituzione della Giornata della Memoria, prosegue, “ha avuto un ruolo estremamente positivo nella misura in cui ha attivato nella società una molteplicità di energie che contribuiscono a dare risalto al tema con eventi e ricerche. D’altra parte, non si può trascurare come questo nuovo interesse per un tema che era stato per molto tempo sottaciuto abbia permesso a quella parte di società che si identifica in sentimenti antiebraici di sfruttare questa attenzione per emergere”.

Rilevante, nelle nuove manifestazioni del sentimento antisemita e nell’aumento degli episodi discriminatori, è il ruolo dei social network: essi offrono, infatti, uno spazio di espressione pressoché privo di controlli, in cui ciò che si afferma spesso non genera conseguenze. “In effetti – asserisce Luzzatto Voghera – sono un luogo in cui, ancora, non vi è una netta distinzione tra le argomentazioni supportate da documenti e fonti storiche adeguate e le semplici opinioni, che passano per verità storiche. Chiunque si considera uno scrittore, e chiunque si sente in diritto di esprimere le proprie opinioni; ma la differenza, rispetto al passato, è che oggi qualsiasi contenuto della rete ha una risonanza enorme, potenzialmente globale. I social network si prestano, dunque, ad essere sfruttati come medium per la diffusione di ideologie discriminatorie, come l’antisemitismo, e in generale come veicolo del discorso di odio indirizzato verso le minoranze e le componenti più deboli della società”.

Bisogna anche tener conto del contesto sociale ed economico che caratterizza, da alcuni anni a questa parte, i Paesi occidentali: la rinnovata fortuna di questi sentimenti di odio può, dunque, essere interpretata anche come frutto di una congiuntura economica e sociale difficile?

“Certamente: ogni volta che si vive una crisi sociale ed economica, che avviene un disorientamento dell’opinione pubblica, che si diffonde la sfiducia per le istituzioni, il propagarsi dell’antisemitismo – così come di altri fenomeni razzisti – è una spia, un evidente segnale di disagio sociale. Ciò può essere messo in relazione anche con il successo di retoriche populistiche e di discorsi complottisti: cercare di dare la colpa del proprio disagio a qualche entità “altra”, che viene identificata come responsabile, è uno schema classico delle dinamiche politiche e sociali”.

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