SOCIETÀ

Malala si laurea ad Oxford, coronando la sua lotta pacifica per l'uguaglianza di genere

È di pochi giorni fa la notizia della laurea all’università di Oxford della pakistana Malala Yousafzai, attivista per i diritti dei minori e delle donne, la più giovane vincitrice di un premio Nobel per la pace (ricevuto nel 2014, a diciassette anni). Sarebbe stata una laurea come tante altre, se non fosse il coronamento del percorso agognato e sofferto di una donna che, da sempre, ha dovuto battersi contro l’ingiustizia di vedersi privata di un diritto fondamentale come l’istruzione.

È una storia che si svolge in Pakistan negli anni 2000, quando il nord del paese è sotto l’influenza dei talebani, gruppi paramilitari di orientamento fondamentalista, convinti assertori dell’inferiorità delle donne e fortemente contrari a garantire a tutti i bambini il diritto all’istruzione. Malala, però, desidera studiare: il suo obiettivo è quello di ricevere un’istruzione degna di questo nome, e non ha intenzione di sottostare ai continui soprusi. Così, a soli undici anni inizia a tenere un blog in urdu, la sua lingua madre, nella sezione locale del sito della BBC: qui racconta, sotto la copertura dell’anonimato, quanto accade nella valle dello Swat, dove vive con la famiglia. La storia della giovane diviene nota a livello internazionale quando, a 13 anni, viene premiata con l’International Children Peace Prize: Malala, a questo punto, esce allo scoperto, impegnandosi a testimoniare al mondo, attraverso dichiarazioni ed interviste, la difficoltà, per una ragazza come lei, di vivere all’ombra di un regime retrivo come quello che domina il nord del Pakistan in quegli anni.

Un documentario del New York Times sulla storia di Malala e della sua famiglia, prima dell'attentato del 2012

La giovane prosegue con convinzione la sua battaglia per l’istruzione e per l’uguaglianza femminile, e la sua sovraesposizione mediatica la rende, agli occhi dei talebani, un nemico da eliminare. Il 9 ottobre del 2012, infatti, Malala è vittima di un attentato: dopo le lezioni del mattino, mentre sale sullo scuolabus, viene colpita da alcuni spari che la feriscono gravemente alla testa. Trasportata d’urgenza all’ospedale di Peshawar, viene in seguito trasferita a Birmingham, nel Regno Unito, dove lentamente riesce a guarire e a riprendere la sua vita – e i suoi studi.

Dopo l’attentato, l’impegno politico di Malala si fa sempre maggiore, e la sua vicenda ha risonanza internazionale: nel 2014 viene insignita del premio Nobel per la pace “per la sua lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione”.

Il discorso di Malala alla consegna del premio Nobel per la pace, nel 2014

Nel 2015, durante i lavori per l’approvazione dell’Agenda 2030, Malala Yousafzai interviene per chiedere ai governi di affrontare con fermezza la crisi educativa mondiale, a causa della quale più di 264 milioni di bambini non possono frequentare la scuola e ricevere un’istruzione. Si tratta di una questione di primo piano, che la stessa Agenda 2030 ha inserito tra i suoi obiettivi, mirando al raggiungimento di un’educazione di qualità e libera dalle discriminazioni di genere, ancora troppo diffuse in molti Paesi (Goal 4 e Goal 5).

La recentissima laurea ad Oxford, conseguita in “Filosofia, politica ed economia”, è il più grande riconoscimento per Malala: ha dimostrato di aver vinto la sua battaglia, guadagnandosi quell’istruzione che una mentalità ottusa avrebbe voluto negarle. Ora, alla guida del Malala Fund da lei stessa creato e come Messaggera di Pace per le Nazioni Unite, può dedicarsi al suo obiettivo: aiutare quante più donne e ragazze possibile a coronare il proprio sogno, acquisendo, attraverso l’istruzione, libertà e indipendenza.

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