SOCIETÀ

Quanto reggerà Tsipras?

Il primo giorno di lavoro del governo greco non è stato un momento di riflessione: il viceministro degli Interni Yannis Panousis ha fatto rimuovere le barriere attorno al Parlamento, fatte installare dal governo precedente dopo le immense manifestazioni degli anni scorsi. Il viceministro degli affari sociali Dimitris Statoulis ha ripristinato la tredicesima per i pensionati che ricevono meno di 700 euro al mese. Il ministro del Lavoro Panos Skourletis ha annunciato che il salario minimo sarà portato a 751 euro lordi e sarà reintrodotto il diritto alla contrattazione collettiva.  Tutte azioni altamente simboliche, messaggi per indicare che Tsipras vuole mantenere le promesse che aveva fatto in campagna elettorale.

Tuttavia Syriza ha conquistato solo 149 seggi su 300 e quindi si è trovato nella situazione di dover stipulare un’alleanza di governo. L’incredibile rapidità con la quale si è trovato un accordo con Anel – il “partito dei Greci Indipendenti” - guidato da Panos Kammenos, 49 anni, di centro-destra, ha fatto pensare che esistesse già un patto occulto tra le due forze. La politica greca non è mai stata nota per la sua velocità, infatti, ed è sempre stata caratterizzata da ritmi cadenzati e da potenti famiglie che si alternano al potere (da inizio Novecento a oggi, esclusi i periodi di regimi autoritari, otto famiglie elleniche hanno espresso almeno due primi ministri ciascuna) e che in questo caso sono assenti. 

In qualsiasi agone politico, la possibilità di diventare ago della bilancia di una maggioranza di governo fornisce una straordinaria capacità di ricatto alla forza prescelta, indipendentemente dal peso elettorale. Sorprende che un politico astuto come Kammenos possa aver accettato in meno di 24 ore di andare al governo con Tsipras, e che questi abbia fatto la sua proposta proprio al leader di Anel, una forza da 13 parlamentari, a poche ore da un'affermazione elettorale sorprendente. È perciò intuibile che tra i due esistesse già un accordo pre-elettorale, anche in virtù del fatto che Kammenos, appena poche settimane fa, rifiutò di votare il candidato-presidente della Repubblica Stavros Dimas, proposto dal premier uscente Samaras, portando il paese a elezioni anticipate e spianando di fatto la strada alla vittoria di Syriza. 

Ora il problema è se questa strana coalizione possa reggere, e per quanto. La scelta di Anel ha sorpreso molti commentatori, viste le palesi differenze tra i due movimenti e i rispettivi leader. In comune vi è certamente l’opposizione a oltranza alle politiche di austerità e la critica feroce alle istituzioni europee, ma tutto il resto sembra un confronto tra opposti. Syriza nasce nel 2004 come coalizione di partiti di sinistra radicale e si autodefinisce antifascista, anticapitalista e antirazzista. Formata, tra le altre, da forze trotskiste, maoiste e ambientaliste, nel suo programma si fa esplicito riferimento alla legalizzazione del matrimonio omosessuale e a politiche a favore del diritto di asilo per gli immigrati. 

Anel nasce invece nel 2012 da una costola dei conservatori di Nea Demokratia. I Greci Indipendenti rivendicano una sovranità nazionale a oggi mortificata dalle ingerenze delle istituzioni europee, sono a favore di una forte presenza della Chiesa ortodossa nella vita pubblica e non ammettono le nozze gay. Dichiarano di difendere i “tradizionali valori greci”, vogliono i turchi fuori da Cipro e gli immigrati clandestini fuori dalla Grecia. Kammenos si è distinto per aver definito i tedeschi “un popolo di nazisti”, aver accusato gli ebrei residenti in Grecia di “pagare meno tasse” e aver attaccato l’ex ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle per la sua omosessualità. L’avversione al dominio economico tedesco è inoltre corroborata dalla richiesta di riparazioni economiche per l’occupazione della Grecia da parte delle truppe naziste durante il secondo conflitto mondiale. Nell’Europarlamento Anel fa parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, dove siede con gli euroscettici di Alternativa per la Germania, con il Partito Popolare danese, i polacchi di Legge e Giustizia e i tories britannici.

Scorrendo le possibili alternative di coalizione, appare chiara la ragione della scelta di Anel. Altre cinque forze politiche sono entrate in parlamento e tutte avrebbero portato in dote i due parlamentari necessari. Esclusi a priori i neonazisti di Alba Dorata, verso i quali esiste una condivisa conventio ad excludendum, sarebbe stata altrettanto inimmaginabile un’alleanza con Nea Demokratia, il partito di centrodestra del premier uscente Samaras, accusato di essersi piegato alla Troika. La stessa ragione avrebbe reso impossibile un’alleanza con i socialisti del Pasok, anch’essi accusati da Tsipras di aver portato il paese alla rovina. Una convergenza con i comunisti del Kke sarebbe apparsa naturale, considerando le radici comuni delle due liste ricordate prima. Ma i "veri" eredi dei comunisti greci sono fieri della loro “purezza” e già tre anni fa avevano rifiutato analoga proposta di governo proveniente dai compagni “più moderati” di Syriza.  

È, infine, la decisione di non offrire un patto di governo a To Potami che indica il vero punto chiave dell’accordo tra Syriza e Anel. To Potami è infatti un partito di ispirazione liberale, favorevole alle riforme economiche e, soprattutto, decisamente filoeuropeista. Nella negoziazione con la troika, da questo lato sarebbero potuti sorgere problemi. Ulteriore aspetto da non trascurare, gli eccellenti rapporti di Anel e del suo leader, Kammenos (che non ha mai fatto mistero di ambire al ministero della Difesa, ora raggiunto) con le forze armate. Un rapporto che invece per Syriza è tutto da costruire per una diffidenza reciproca che risale al sanguinoso golpe del 1974, al quale la sinistra e segnatamente i movimenti cui il partito di Tsipras si rifà si opposero in ogni modo. Alleandosi con Kammenos, dunque, Tsipras ha preferito allearsi con una forza quasi xenofoba da cui tutto lo divide, tranne la volontà di ribellarsi a questa Europa centrata sugli imperativi di bilancio, e che gli offre la possibilità di coprirsi rispetto a settori delle istituzioni con i quali il rapporto rischiava di essere difficile. Si tratta di un’alleanza bizzarra, tra due forze politiche unite soltanto da un imperativo: no al “memorandum”, cioè al patto con la troika composta da Fondo Monetario, BCE e UE. Patto che significa, in sostanza, tagli, sacrifici e austerità. 

A prima vista, questa bizzarra alleanza potrebbe in qualche modo ricordare la coalizione di maggioranza tutt’ora al governo in Gran Bretagna. L’alleanza tra conservatori e liberal-democratici, formatasi all’indomani delle elezioni del 2010, apparve subito come un “matrimonio” innaturale, stante la distanza tra le due forze su temi morali e politiche sociali ed economiche. Tuttavia, l’alleanza era ed è cementata dalla grande intesa personale che intercorre tra i due leader politici. David Cameron e Nick Clegg, poi divenuti premier e vicepremier, hanno la stessa età, hanno frequentato le migliori scuole del Regno e poi si sono laureati uno a Oxford, l’altro a Cambridge. Entrambi rampolli di famiglie aristocratiche, si vestono e si pettinano in modo simile e mostrano un’evidente intesa generazionale. Un’affinità che ha permesso all’inedita coalizione di governo di sopravvivere alle difficoltà e a superare anche una certa ostilità proveniente soprattutto dalla base lib-dem. 

Di Tsipras ormai sappiamo quasi tutto e sono unanimemente apprezzati la sua pacatezza, i comportamenti modesti, il bell’aspetto; e ha fatto scalpore il suo giuramento vistosamente informale e non religioso (il nuovo primo ministro è ateo dichiarato). Kammenos ha invece nove anni di più, ha cinque figli ed esibisce una forma fisica scadente. Tacciato più volte di evasione fiscale è l’erede di una ricca famiglia ateniese e ostenta uno stile di vita decisamente pacchiano. Spesso fotografato a bordo del suo lussuoso yacht, è un accanito cultore di Twitter e Facebook. All’indomani del voto ha dichiarato: “Se avremo ministri, giureranno sull’Antico Testamento”. È evidente che l’alleanza Tsipras-Kammenos segnali il superamento delle vecchie barriere ideologiche nell'ottica della lotta all'austerità. Tuttavia, quando emergeranno le prime divergenze rispetto al modo di gestire lo scontro con la Ue  sulla rinegoziazione del debito, o quando i due partiti di governo si troveranno in disaccordo, per le opposte visioni di provenienza, su qualsivoglia tematica etica o sociale, non ci sarà nemmeno una genuina affinità personale tra i due leader a moderare il conflitto tenendo unito il governo. 

Tsipras dovrà vedersela anche con la minoranza interna, guidata da Panagiotis Lafazanis, appena nominato ministro della Produzione, Ricostruzione dell'Ambiente e dell'Energia. Il neo-ministro rappresenta l’anima più radicale e antieuropeista di Syriza ed è più volte entrato in conflitto con Tsipras stesso negli anni passati. La scelta di chiamarlo al governo e di affidargli un dicastero di tale rilevanza risponde alla strategia di responsabilizzare il nemico interno per sterilizzarne le velleità bellicose. Tuttavia, è improbabile che Lafazanis e i suoi fedelissimi non prendano posizioni nette quando il primo ministro dovrà inevitabilmente cercare un compromesso con la Trojka. Per capire la radicalità del personaggio basta ricordare come sia a favore dell’uscita della Grecia dall’Euro e abbia definito l’Unione Europea “un regime totalitario”. 

Proprio su quest’ultimo punto si giocherà, probabilmente già a breve, il futuro del governo Tsipras e della Grecia. La maggioranza dei greci è contraria all’uscita dall’Euro e con loro il neo primo ministro, ma c’è da attendersi un atteggiamento durissimo della Trojka di fronte alle richieste di rinegoziazione del debito, già anticipato da un’intervista del presidente della Commissione Juncker in un’intervista a Le Figaro. Le politiche di austerità sono oggi in discussione ovunque e cedere alle richieste greche scatenerebbe un effetto a catena per cui sarebbe poi molto difficile per le istituzioni europee far rispettare agli altri paesi i diversi parametri economici e fiscali richiesti agli stati membri. 

È probabile perciò che la Trojka vada allo scontro con il governo greco, anche con l’intento di "colpirne uno per educarne cento". A quel punto, Tsipras si troverà a dovere decidere in poche settimane se uscire o no dall’Euro, avendo un partito diviso sulla questione, un paese contrario, un alleato di governo imprevedibile e un’enorme pressione internazionale.

Marco Morini

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