SOCIETÀ

San Valentino, le rose al posto della cocaina

Se volete comprare Rousseau vi costerà 712 euro. No, non si tratta delle opere complete del filosofo svizzero, quelle si trovano su Amazon per $ 2,19, meno di due euro. E neppure si tratta di una quota della piattaforma Rousseau usata dal Movimento 5 Stelle per le proprie votazioni interne, quella non è in vendita. No, con i vostri 712 euro potete comprare un mazzo di 100 rose rosse da regalare all’amata, ammesso che quest’ultima abbia il posto dove piazzarle (100 rose a stelo lungo, più le “foglie verdi decorative” sono piuttosto ingombranti per un appartamento di studenti).

Domani è San Valentino e il catalogo Interflora offre una varietà di prodotti ribattezzati con nomi celebri: oltre a Rousseau potete scegliere il poeta Prévert, lo scultore Bernini o il pittore Kandinskji. Sempre di rose rosse si tratta, cambia soltanto il numero di fiori e, ovviamente, il prezzo. Se vi accontentate di un bouquet poco fantasiosamente battezzato “Dolce amore” spenderete 112 euro e se invece volete “corteggiare in modo delicato” ve la caverete con soli 33 euro, in cambio di appena tre rose, però.

Chissà cosa avrebbe detto di tutto questo San Valentino da Terni, nato nel 176 e morto alla bella età di 97 anni nel 273, apparentemente decapitato a causa della sua fede. In realtà, nulla prova che Valentino si interessasse particolarmente agli innamorati, o facesse in modo che quelli immusoniti si riconciliassero: la festa del 14 febbraio nasce per cristianizzare l’antica festa dei Lupercalia, i riti dedicati al dio della fertilità Luperco. E la commercializzazione della festa, con scambio di biglietti d’auguri, cuoricini e fiori avviene molto più tardi, essenzialmente nel XIX secolo.

Quello che ci interessa oggi, però, è il fatto che l’industria di San Valentino, e in particolare il mercato delle rose rosse rivela molte cose sulla globalizzazione, quel processo per cui l’integrazione dei mercati nazionali trasforma incessantemente i luoghi di produzione e le condizioni di vita a migliaia di chilometri di distanza. Per esempio, domani negli Stati Uniti verranno offerte 200 milioni di rose, la stragrande maggioranza delle quali viene dalla Colombia, coltivate in serre a quasi 3.000 metri di altezza. Nell’arco dell’anno, la Colombia esporta circa 4 miliardi di fiori negli Stati Uniti, grazie a una flotta di aerei che ne trasportano 1,1 milioni ad ogni viaggio.

La concorrenza colombiana ha fatto crollare la produzione di rose negli Stati Uniti da 545 milioni di pezzi l’anno a 30 milioni: un calo del 94,5%. Ovviamente, non c’è nulla di “naturale” nel coltivare rose sulle Ande per metterle in vendita in un supermercato Walmart: è il frutto di una combinazione di guerre, politiche antidroga, politiche commerciali e, soprattutto, forza lavoro a basso costo. Globalizzazione, insomma.

Il boom dell’industria colombiana delle rose risale al 1991, quando il Congresso americano eliminò la maggior parte dei dazi doganali sui prodotti di Colombia, Ecuador, Bolivia e Perù per incentivare i contadini dei quattro paesi a coltivare qualcosa che non fosse la coca, destinata a essere trasformata in cocaina e a invadere gli Stati Uniti. In parte il piano funzionò: oggi ci sono 130.000 lavoratori colombiani che lavorano nella floricoltura (per la maggior parte con salari che si aggirano sui 250 euro al mese) e il paese esporta 6 miliardi di pezzi l’anno, in 90 paesi, tra cui l’Italia. La cocaina continua a essere prodotta e distribuita dalle grandi organizzazioni criminali latinoamericane: ha semplicemente cambiato le sue reti di produzione e trasporto.

Il vantaggio delle rose colombiane (peraltro quasi senza profumo) sta nel fatto che sono resistenti (i fiori devono essere refrigerati, trasportati in aereo e poi in camion prima di arrivare sui banchi di vendita parecchi giorni dopo) e soprattutto costano poco: i grossisti americani le pagano circa 40 centesimi di dollaro l’una, poco più di 30 centesimi di euro. In Italia, secondo il centro di ricerca Ismea, i prezzi all’ingrosso delle rose rosse oscillano fra i 38 centesimi di euro in agosto (la stagione morta per offrire fiori all’amata) e i 77 di dicembre-gennaio, quando Natale e San Valentino fanno aumentare la domanda (le rose bianche, gialle o di altri colori costano meno perché il loro significato simbolico è incerto). La distanza e il fatto che in Europa ci siano forti produttori, come l’Olanda e la stessa Italia, fanno sì che la concorrenza colombiana non abbia ancora del tutto conquistato il mercato.

Comunque, anche a 77 centesimi l’una, e calcolando il lavoro per confezionarle e distribuirle, i margini di profitto rimangono piuttosto interessanti: come dicevamo, sul catalogo Interflora una singola rosa costa fra i 7 e gli 11 euro, ovvero tra 10 e quindici volte il prezzo pagato dal grossista. Ah, l’amore…

Fabrizio Tonello

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