UNIVERSITÀ E SCUOLA

Tullio Levi-Civita: un matematico padovano e la Relatività Generale

Tullio Levi-Civita è stato uno dei più grandi matematici europei della prima metà del ‘900: non solo per i suoi studi, ma anche per le qualità di civiltà alta e di umanità forte che ha manifestato nel corso della sua vita; per questo il 25 novembre la sua figura viene celebrata in Aula magna e il dipartimento di Matematica intitolato al suo nome.

Oggi del matematico padovano è giustamente ricordato l’ormai epico scambio epistolare con Albert Einstein, durato tutta la prima metà del 1915, e la sua inoppugnabile profonda correzione alla prima versione della Relatività generale. Pochi giorni prima dell’entrata in guerra dell’Italia, e del conseguente forzato troncamento della corrispondenza tra Padova e Berlino, Einstein accettò infatti la folgorante bontà delle osservazioni di Levi-Civita, episodio che Albert sempre ammise con grande riconoscenza.

La lettera di licenziamento dell’università di Roma a Tullio Levi-Civita 

Molto meno conosciute sono però le circostanze da cui nacque quel carteggio. Ma facciamo un salto temporale all’indietro, di vent’anni rispetto al 1915. Tullio, nato a Padova nel 1873, nel 1895 ha già pubblicato la sua tesi di laurea, il cui relatore è il suo grande maestro Gregorio Ricci-Curbastro. Con lui collabora instancabilmente alla costruzione di una nuova grande visione globale della geometria: il calcolo differenziale assoluto. Gregorio è la scintilla propulsiva, il grande disegnatore di quella teoria, ma sarà Tullio a darle la forza definitiva: le loro idee comuni, pubblicate in vari articoli, vengono sintetizzate e organizzate in maniera definitiva in una lunga memoria di circa 80 pagine pubblicata sui Mathematische Annalen nel 1899 su personale sollecitazione da Felix Klein, un riformatore della moderna geometria noto per il cosiddetto “Programma di Erlangen”. Doveva essere un trionfo, un punto di arrivo, culturale e storico, un vero e proprio giro di boa per tutta la geometria. Per di più totalmente concepito a Padova, che in quel periodo viveva un periodo d’oro per la matematica, con figure come Giuseppe Veronese, Ernesto Padova e poco più tardi (dal 1905) anche Francesco Severi, uno dei padri della geometria algebrica italiana (oggi ricordato nella nostra città dall’istituto tecnico a lui dedicato). 

Doveva essere un trionfo, appunto, ma non fu così. La comunità matematica restò fredda e le consuetudini, le pratiche scientifiche cementate da decenni non furono molto scalfite dalla rivoluzionaria proposta di Ricci-Curbastro e Levi-Civita. Gregorio subì il colpo e la sua produzione successiva andò verso l’estinzione. Tullio era giovane, ma nei successivi 15 anni smise di occuparsi di geometria differenziale, scrivendo comunque pagine memorabili di meccanica analitica e di meccanica celeste: elaborò una “regolarizzazione del problema dei tre corpi” che risulta ancora oggi la più valida ed efficace presente in letteratura. Poi una vicenda umana, bellissima: durante la stesura di una tesi di laurea da lui proposta proprio su quest’ultimo argomento, conobbe una sua allieva, Libera Trevisani, che poi sposò.

Ma il destino del calcolo differenziale assoluto doveva ancora ribussare. E ritornò, con uno sfondo di eventi che si potrebbero dire shakespeariani: ombre e malumori umani che si riconvertono infine in soluzioni inaspettate e virtuose. Provo a spiegarmi. Intorno ai primi anni ’10 del Novecento, tra Zurigo e poi Berlino, Albert Einstein si sta affannando alla costruzione di una nuova teoria della gravitazione; il suo obiettivo è andare oltre Newton, gettando le fondamenta di un nuovo concetto di spazio-tempo, percepito come deformato dinamicamente dalla materia, che generalizzava quelle idee che egli stesso aveva introdotto nel 1905 con la Relatività Ristretta. Gli serve però anche una nuova geometria; lui un po’ qualcosa conosce, ma non bene. Niente paura però: ci pensa il suo amico e collaboratore Marcel Grossmann, che invece è uno dei pochi a conoscere l’architettura di Ricci-Curbastro e Levi-Civita. La illustra con cura ad Einstein, e ne scaturisce una prima versione di quella che alla fine sarà la Relatività Generale. Questa prima formulazione del 1913, nota come Entwurf, viene letta e sofferta da un “fisico classico”, un grande personaggio del Politecnico di Milano, Max Abraham. Ma non è ben capita perché vi si usa una “strana” matematica: Max sa bene che solo il suo amico Tullio Levi-Civita può capirla. Lo raggiunge, gli consegna l’articolo e lo invita a cogliere rigorosamente la follia di quella nuova strana fisica, che solo lui avrebbe potuto smontare, pezzo per pezzo.

Siamo dunque ritornati nel 1915. Tullio comincia a leggere, un po’ a malincuore per l’oscuro mandato che ha avuto dall’amico di Milano: dopo poco però ne resta folgorato. Dopo 15 anni di silenzio emerge in quelle pagine una totale reinterpretazione fisica (si potrebbe oggi dire, semantica) della teoria geometrica che lui stesso aveva elaborato assieme con Ricci-Curbastro. C’è solo un problema: trova un vistoso subdolo errore d’impostazione, quindi scrive immediatamente ad Einstein. Il resto della storia è noto. L’anno successivo – nel dicembre del 1916, dunque esattamente 100 anni fa – Tullio torna con entusiasmo a pubblicare in geometria: arriva così la teoria del “trasporto parallelo su varietà Riemanniane”. E lo fa, lo dice espressamente nell’articolo, sperando che questa nuova teoria sia utile alla Relatività Generale del signor Einstein. Oggi gli specialisti sanno che la teoria del “trasporto parallelo” ha aperto le porte alla teoria delle Connessioni, parte importante e fondante della moderna geometria differenziale. 

Poche volte si ricorda che i nostri due personaggi, Levi-Civita ed Einstein, furono nei loro ambienti accademici e civili dei veri pacifisti e che entrambi si schierarono apertamente contro l’incombente guerra del 1914-18. Tullio fu anche antifascista, e per questo fu perseguitato e boicottato più volte durante la sua carriera. Tutto questo mentre a livello internazionale la sua fama dilagava: fu il divulgatore matematico mondiale della Relatività Generale; all’università di Roma dal 1919, coltivò in maniera egregia ulteriori campi della fisica matematica, avendo come allievo nella meccanica dei Continui quell’Antonio Signorini che fu poi maestro di nostri maestri a Padova, come Giuseppe Grioli.

Fu stroncato nel 1938 dalle leggi razziali, professionalmente e umanamente, e ne morì di crepacuore nel 1941. Non volle abbandonare l’Italia per restare, così affermò, vicino ai suoi allievi. Prima forse ho usato con leggerezza l’aggettivo “shakesperiano”. Ora, chiudendo questo intervento, sono spinto ad usarlo ancora una volta, ricordando l’intreccio umano tra Tullio Levi-Civita e Francesco Severi. Stavolta però l’esito è tragico. I due matematici stabilirono a Padova un rapporto d’amicizia molto stretto dal 1905 al 1918, tanto che con le famiglie trascorrevano perfino le vacanze estive assieme; poi si spostarono entrambi a Roma. Il fascismo però affascinò Severi, fino a farlo diventare uno degli scienziati di punta del regime. E il giorno dopo il licenziamento a causa delle leggi razziali di Levi-Civita, Castelnuovo, Enriques ed altri, si prodigò affinché fosse anche loro negato l’accesso alla biblioteca dell’istituto di matematica. Una pagina disonorevole, orribile della storia accademica e scientifica italiana, una ferita che oggi speriamo di contribuire, almeno in piccolissima parte, a sanare. 

Franco Cardin

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