SOCIETÀ

Chi sono e cosa stanno facendo i giovani delegati alla Youth4Climate

La Youth4Climate di Milano è un mandato consegnato nelle mani delle nuove generazioni per partecipare alla partita democratica globale. È un invito, ma è anche un’investitura. O quanto meno lo deve diventare per gli anni a venire. La Cop26 non dovrà limitarsi solo ad ascoltare le proposte dei giovani delegati, ma anche impegnarsi per renderle operative affinché tale investitura sia compiuta.

C’è entusiasmo ma anche la consapevolezza di un’enorme responsabilità: è una chance che va giocata bene. I 400 giovani rappresentati di 189 Paesi del mondo si sono divisi in 4 gruppi di lavoro nelle stanze del centro Milano Congressi. A ciascun gruppo sono stati assegnati 2 coordinatori con il compito di moderare i dibattiti, le proposte e guidare la scrittura dei documenti che uscendo da ciascun gruppo andranno a confluire in un’unica dichiarazione che verrà portata all’attenzione prima della PreCop il 30 settembre e poi alla Cop26 di Glasgow a inizio novembre.

Ernest Gibson, 23 anni, studente di scienze politiche e delegato delle isole Fiji, ha coordinato un gruppo di lavoro dedicato alla ripresa sostenibile. Il tema principale è stato affrontato in 5 declinazioni seguite da altrettanti sotto-gruppi: turismo, transizione energetica e lavori green, adattamento e resilienza, flussi finanziari, nature-based solutions.


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Un altro gruppo di lavoro ha discusso del coinvolgimento dei soggetti non statali ed è stato coordinato da Nathan Méténier, laureato in politiche e regolamentazione ambientale. Il delegato francese è fondatore di Generation Climate Europe, la più grande coalizione di reti guidate dai giovani a livello europeo. Nel luglio 2020 Nathan è stato nominato membro del nuovo Youth Advisory Group on Climate Change, un gruppo di sette giovani con il compito di consigliare il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres sui temi climatici. Anche in questo caso il tema principale è stato suddiviso in diversi sotto gruppi: imprenditorialità, moda, arte, cibo, sport, turismo e industria dei combustibili fossili.

L’approccio metodologico seguito dal gruppo di Ernest Gibson è stato quello di trasformare la bozza zero (fornita dal ministero della transizione ecologica) in bozza uno, per arrivare infine alla versione definitiva da presentare alla dichiarazione finale. Ciascun delegato componente del gruppo quando prendeva il microfono avanzava una proposta che poteva venire messa ai voti ed eventualmente inclusa nel documento in lavorazione. “Un esercizio di governo in mano ai giovani”, aveva detto il primo giorno il ministro Cingolani. “È così che funzionano le negoziazioni tra governi” le aveva fatto eco Patricia Espinosa dell’Unfccc.

“In Africa la transizione è una questione di sopravvivenza” ha sottolineato un delegato africano durante i lavori del suo sotto-gruppo. “Tuttavia in Africa la transizione non deve necessariamente avvenire nello stesso modo in cui avviene nei Paesi più sviluppati. I pannelli solari sono ancora molto costosi per la maggior parte dei Paesi africani. Quando nel documento si menziona l’abbandono del gas vorrei assicurarmi che si facesse riferimento al fatto che il contesto africano è diverso, perché non ha la stessa base economica su cui poggiano altri Paesi”.

Prima dell’inizio dei lavori, nel corso della sessione plenaria, l’inattesa assenza del ministro degli esteri Luigi Di Maio (impegnato in un consiglio dei ministri convocato all’ultimo), ha dato luogo a un fuori programma in cui i giovani delegati si sono potuti confrontare tra loro e direttamente con il ministro per la transizione ecologica Roberto Cingolani.

Dal ministro sono arrivati alcuni suggerimenti su come impostare i documenti di lavoro: “Non vi voglio dire di adottare tutti un unico format, ma oggi dovete produrre un documento da far legger agli “adulti”. Rendete il messaggio molto chiaro e diretto nella sintesi, poi aggiungete il materiale che ritenete necessario. Di solito si fa una roadmap. Si dice vogliamo raggiungere questo e questa è la roadmap per raggiungerlo. La roadmap è parte della proposta, deve essere realistica, tenere conto dei soldi e delle circostanze. È un suggerimento che spero possa aiutare. Potete davvero avere un impatto”.

Redigere un documento ufficiale in tre giorni non sarebbe un compito banale neanche per i diplomatici più navigati. “Vorrei che tutti avessimo accesso alle bozze dei documenti degli altri, così da standardizzare la proposta” ha commentato Hoang Ngoc Xuan Mai, delegata diciannovenne del Vietnam, parte del sotto-gruppo dedicato al cibo.

Alcuni hanno posto l’accento sull’importanza dell’appuntamento: “dobbiamo andare fuori da questa stanza non solo con suggerimenti ma con un senso di responsabilità!”. Altri erano preoccupati di come e quanto sarebbe stata discussa la loro proposta dai leader riuniti alla Cop26, come Anisa Bek Derna, 24 anni, delegata della Libia, che lavora nel sotto-gruppo dedicato al settore della moda: “in che modo questa COP26 sarà diversa rispetto alle altre COP dopo quella di Parigi? Se c’è un consiglio che mi sento di dare ai miei colleghi: rendete i vostri documenti il più vincolanti possibile! Che senso avrebbe altrimenti produrre un documento che magari aggiunge solo un altro pilastro a quelli già esistenti dell’Onu”. Il concetto è stato ribadito e rafforzato anche da Reem Alsaffar, 21 anni, delegata dell’Iraq: “non dobbiamo dare suggerimenti, dobbiamo fare proposte concrete e dobbiamo renderle vincolanti nel tempo”.

“Siamo tutti attori di cambiamento e non dovremmo attendere solo le azioni dei governi” ha detto Maria-Alexandra Constantinescu, ventiseienne laureata in legge, delegata della Romania.

Maria-Alexandra Constantinescu’s speech, Romanian delegate, at the Youth4Climate morning plenary session, Day 2

La disuguaglianza e la corretta rappresentatività persino all’interno dei sotto-gruppi della Youth4Climate ha continuato ad essere uno dei temi più sentiti: “Il documento a cui stiamo lavorando nella sua forma attuale rappresenta troppo i Paesi sviluppati, i rappresentanti africani non si sentono adeguatamente rappresentati”, ha commentato Rose Kobusinge, ventisettenne delegata dell’Uganda, parte del gruppo di lavoro sul settore del turismo.

Quella di Cipro è una società profondamente divisa, tra ciprioti greci e ciprioti turchi. “Il governo non ha un controllo effettivo su metà del Paese. Ma l’aria che respiriamo è la stessa, i pesci che nuotano nel mare gli stessi” ha detto Evgenia Chamilou, delegata cipriota. “Quando a Cipro miriamo a ridurre le emissioni di anidride carbonica non prendiamo in considerazione metà dell’isola. Come possono i governi di Paesi divisi dal conflitto compiere azioni concrete per il clima?”

“Vediamo il lato positivo della cosa” ha risposto il ministro Cingolani. “La Turchia ha recentemente dichiarato che si allineerà agli accordi di Parigi, vediamolo come un punto di inizio”.

Evgenia Chamiolou’s speech, Cyprus delegate, at the Youth4Climate morning plenary session, Day 2

“Spero che ora vi siate fatti un’idea di come funzioni il mio lavoro. Tenere insieme 198 parti diverse” ha detto Archie Young, capo negoziatore per il clima del Regno Unito, Unfccc. “Grazie per battervi in quello che credete e per fare la differenza. Spesso noi parti governative siamo percepiti come distanti, ma in realtà siamo esattamente come voi. Abbiamo bisogno di maggiore azioni urgenti. Vorrei che i miei figli fossero qui, 5 e 7 anni, lo adorerebbero. Mia figlia è diventata enormemente interessata al mondo che la circonda e impara moltissimo dalle persone più giovani. Quando avevo la sua età volevo fare il tassista o l’astronauta, lei sa già che vuole fare la scienziata per progettare bioplastiche che non inquinino il mare. Lei ascolta voi, vorrei ascoltasse me ma non lo fa, ascolta voi. E questo mi dà speranza, la sento, sento l’energia che proviene da questa stanza e questo mi dà speranza. Voi avete la forza. Ci son persone che hanno lavorato all’Onu per molti anni e abbiamo bisogno di questa nuova forza. Ora due terzi dei leader mondiali ha preso impegni per zero emissioni, solo pochi anni fa erano un terzo, questo è progresso”.

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