Sacrario italiano ad El Alamein
El Alamein: punto di svolta della seconda guerra mondiale ma anche crocevia di storie e narrazioni destinate ad influire a lungo – e ancora oggi – sull’identità e la memoria collettive italiane. Se è vero che la sconfitta militare segna il destino delle forze dell’Asse e della stessa presenza italiana in Africa, il mito della sconfitta onorevole servirà in parte a riscattare l’immagine del Regio Esercito agli occhi degli stessi italiani. La vicenda sarà oggetto della puntata che andrà in onda venerdì 22 settembre di Storie Contemporanee, il programma di Rai Storia dedicato alle ricerche più innovative degli storici italiani.
“La seconda battaglia di El Alamein segna la fine dell'estremo tentativo da parte delle forze italo-tedesche, sotto la guida operativa di Erwin Rommel, di sfondare il fronte britannico e puntare sull'Egitto, il vero obiettivo strategico della loro campagna nordafricana – spiega a Il Bo Live Marco Mondini, storico della guerra presso l’università di Padova nonché autore e conduttore del programma –. Arrivare al Nilo significherebbe sovvertire l'equilibrio dei poteri in Medio Oriente colpendo al cuore l'impero britannico e realizzando almeno parzialmente il sogno, coltivato in maniera un po' fantasiosa dai comandi tedesco e italiano, di strangolarlo in una grande tenaglia, dall'Africa settentrionale appunto e in parte scendendo da Unione Sovietica dopo aver espugnato Stalingrado”. Un obiettivo destinato al fallimento. Con il proseguire degli scontri infatti il contingente dell’Asse si indebolisce sempre più dal punto di vista degli effettivi e dei mezzi, finendo per essere soverchiato dalle truppe comandate da Bernard ‘Monty’ Montgomery.
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“La verità è che nel 1942 l’armata italo-tedesca in Nord Africa non ha più alcuna speranza di riuscire a sfondare – continua Mondini –. Quella che infatti ricordiamo come la seconda battaglia di El Alamein, combattuta tra ottobre e novembre, è in realtà una battaglia difensiva in i resti delle forze dell’Asse sono attestati in posizioni molto lontane rispetto alle loro basi di rifornimento in Libia. Quando i britannici attaccano i tedeschi e soprattutto gli italiani, che hanno meno dotazioni di mezzi, non potranno far altro che tentare una disperata ritirata nel deserto oppure sacrificarsi sul posto, come accade alle divisioni corazzate e ai paracadutisti della Folgore”.
La battaglia decreta il definitivo tramonto dell’impero proclamato nel 1936 da Mussolini sul balcone di Piazza Venezia, ma il suo significato va ben oltre la dimensione squisitamente militare o politica: “almeno per gli italiani, El Alamein è soprattutto un luogo della memoria, assieme alla ritirata dalla Russia. Mentre però in quest’ultima, i nostri soldati sono raccontati come vittime e martiri che si sacrificano per espiare le colpe di tutta la nazione, dimenticando che si tratta comunque di un esercito aggressore, El Alamein incarna una narrazione eroica e gloriosa, un grande racconto collettivo che prende il via già nel 1943-44 con l’uscita delle prime memorie dei veterani. Ci sono anche rappresentazioni cinematografiche e canzoni, alcune delle quali pubblicate ancora prima della sconfitta, proprio perché la guerra nel deserto è vista come una pagina epica anche dal regime fascista: pensiamo a La sagra di Giarabub. In tutte queste narrazioni il focus è soprattutto sulla grande capacità di resistenza eroica dei soldati gli italiani, dipinti come un manipolo di disperati combattenti asserragliati nelle buche del deserto pronti a sfidare praticamente a mani nude i carri armati e i cannoni nemici. Una rappresentazione in fondo molto canonica del last stand eroico, il grande topos che risale ai 300 alle Termopili, ovvero i pochi che si difendono con grande valore contro i molti”.
Una sconfitta dunque, non umiliante ma anzi nobile e gloriosa, che può essere raccontata usando i canoni della retorica e della tradizionale liturgia patriottica nazionale e che produce una vasta memorialistica che dura fino all’inizio degli anni ’60, per poi entrare in crisi con l’affacciarsi sulla scena pubblica di una nuova generazione cresciuta dopa la Seconda Guerra Mondiale. Da quel momento, secondo Mondini, “la memoria di El Alamein diventa problematica e lo rimane per almeno quattro decenni, fino a quando tra la fine del ventesimo e l’inizio del ventunesimo secolo una serie di protagonisti della vita pubblica italiana, in particolar modo i Presidenti della Repubblica Ciampi e Napolitano, cercheranno in qualche modo di inserirla nel perimetro di un'identità repubblicana unitaria e condivisa finalizzata a ricomporre una comunità nazionale in apparenza sempre più divisa e conflittuale. Ricordiamoci che gli anni ’90 rappresentano un momento di profonda crisi, da un lato per il paradigma antifascista della Repubblica, con i primi governi di centrodestra che vedono al potere esponenti del vecchio MSI (un partito che si richiama esplicitamente all’eredità ideologica fascista) e dall’altro per la stessa identità nazionale, contestata dalle spinte secessioniste della Lega Nord.
El Alamein quindi come terreno di incontro, di scontro e poi di nuovo della ricerca di un incontro, evento che a distanza di oltre 80 anni chiede di essere ancora continuamente ricostruito rianalizzato. Obiettivo affrontato, nella puntata del 22 settembre di Storie contemporanee, da tre punti di vista differenti. Il primo è offerto dalle ricerche condotte direttamente sul campo di battaglia nell’ambito del Progetto El Alamein della Società Italiana di Geografia e Geologia Militare (S.I.G.G.Mi.) coordinato da Aldino Bondesan, geologo e docente di geoscienze militari presso l’università di Padova. Il secondo è la vicenda storica e umana di Paolo Caccia Dominioni, ufficiale pluridecorato al valore in Africa e in seguito comandante partigiano, che dedicò la vita alla salvaguardia della memoria dei compagni caduti a El Alamein e il cui ricordo è evocato dalla figlia Anna. Infine Filippo Focardi, docente di storia contemporanea a Padova e direttore del Centro di Ateneo per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea, farà il punto sulla questione della politiche della memoria basandosi sugli studi condotti sull'archivio del Quirinale, proprio perché dalle carte dei Presidenti della Repubblica si può ricostruire la strategia di comunicazione deliberatamente voluta da Ciampi e Napolitano per la rivalorizzazione e la risemantizzazione di alcuni simboli ed eventi della storia nazionale, inclusa appunto la guerra in Nord Africa.
Storie contemporanee 2023