CULTURA

Da Giorgio Vasari a oggi: com'è cambiata la visione di Leonardo Da Vinci

Quanto possono influenzare le parole, scritte o dette, sulla percezione di una persona, in questo caso di un genio? E soprattutto, come cambia questa percezione nel corso dei secoli? Continuano le celebrazioni per esaltare la figura di Leonardo Da Vinci: quest'anno, infatti, ricorrono i cinquecento anni dalla sua morte. Nel corso dei secoli, numerosi studiosi hanno descritto nero su bianco il talento di Leonardo, a partire dal più grande storico dell'arte: Giorgio Vasari.

E veramente il cielo ci manda talora alcuni che non rappresentano la umanità sola, ma la divinità istessa Giorgio Vasari, "Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori", 1550

Con queste parole, Vasari dipinge il genio di Leonardo nella sua opera del 1550 Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, portando sotto gli occhi dei contemporanei e dei futuri lettori il profilo di un uomo straordinario, un talento divino.

Vario et instabile. Vasari tratteggia un animo consacrato a “imparare molte cose e, cominciate, poi l’abbandonava”: come è noto, la natura poliedrica di Leonardo lo portò ad appassionarsi a diverse discipline. Nella biografia si accenna per esempio al suo interesse per la musica, imparando in fretta a suonare la lira e riuscendo a improvvisare e cantare all'unisono, oppure per l'abaco: nell'opera si racconta di come arrivò a mettere in seria difficoltà con domande e dubbi anche il proprio insegnante.

L'interesse di Leonardo però, come specifica Vasari stesso, rimase sempre il disegno, il mezzo ideale per sviluppare la propria fantasia. Questo “intelletto tanto divino e maraviglioso” gli permise di entrare nella bottega poliedrica di Andrea Verrocchio in cui si dedicò non solo alla pittura ma anche alla scultura e all'architettura.

Era tanto piacevole nella conversazione che tirava a sé gl’animi delle genti Giorgio Vasari, "Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori", 1550

Queste sono le caratteristiche che Vasari attribuisce al genio rinascimentale: la biografia prosegue poi con la descrizione dei viaggi e delle opere di Leonardo.

Ciò che si nota maggiormente leggendo l'opera è la descrizione del carattere di Leonardo: un uomo versatile, del Rinascimento, di bel aspetto e con una passione incondizionata per la natura e per gli animali. Vasari riporta un episodio successo a Firenze in cui Leonardo, passando davanti a una gabbia con degli uccellini messi in vendita, decide di acquistarli per liberarli dalla loro prigionia. Un elogio alla genialità e alla personalità di Leonardo è ciò che si presenta davanti ai lettori de Le vite: sarà ancora così?

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Dopo Giorgio Vasari, gli studi su Leonardo Da Vinci trovano nuovamente spazio nel dibattito scientifico verso la fine del Settecento quando Napoleone portò in Francia i codici leonardeschi conservati nella Biblioteca Ambrosiana. Questi manoscritti furono analizzati e studiati dal fisico italiano Giovanni Battista Venturi, in visita a Parigi per conto del duca di Modena. Nel 1797 viene pubblicata Essai sur les ouvrages phsyco-mathématiques de Léonard de Vinci, avec des fragmens tirés de ses manuscrits apportés de l’Italie, un saggio dello studioso italiano dedicato ai codici di Leonardo, comprendendo citazioni relative a diversi ambiti come la fisica, la matematica e la geologia.

L'opera di Venturi rappresenta un'ulteriore visione del talento di Leonardo, in questo caso scientifico: il saggio, infatti, doveva essere il preludio di tre volumi in cui si esaltava l'ingegno leonardesco nell'ambito meccanico, idraulico e ottico (l'opera intera non fu mai pubblicata). Dopo la caduta di Napoleone, i codici leonardeschi tornarono a far parte della Biblioteca Ambrosiana, attirando l'attenzione degli studiosi italiani.

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Il mito di Leonardo come “genio universale”, tuttavia, si sviluppa in un'epoca più recente, durante il regime fascista. Nel 1939 a Milano si organizzò la Mostra Leonardesca, in parallelo all'Esposizione delle Invenzioni italiane: l'obiettivo, infatti, fu quello di celebrare l'autosostentamento dell'Italia anche dal punto di vista industriale-scientifico. La figura di Leonardo diventa uno strumento di propaganda fascista: il simbolo del talento italiano puro sangue, capace di eccellere in più settori.

A riportare la figura di Da Vinci al di fuori della concezione fascista fu lo storico dell'arte Giorgio Castelfranco, vittima delle Leggi razziali e monument man durante gli anni della Seconda guerra mondiale. Nella mostra da lui organizzata nel 1952, Leonardo Da Vinci riconquista il suo valore universale, al di là delle ideologie: per celebrare i cinquecento anni dalla nascita, Castelfranco propone un allestimento essenziale per raccontare il mondo di Leonardo, attraverso testi, citazioni, opere e disegni.

Arriviamo ai giorni nostri. Tornato al centro del discorso culturale, scientifico e artistico, il genio fiorentino deve fare i conti con il ventunesimo secolo e il mondo dell'informazione, non più basato solo su una singola voce ma su diversi punti di vista. Tra i vari articoli pubblicati in cui il mito di Leonardo viene messo in discussione c'è anche quello pubblicato su «The Economist» Was Leonardo the supreme genius, or just our kind of guy?.

Troppa curiosità e poca autodisciplina: sono questi i due punti fondamentali delle varie tesi proposte. Nell'articolo non si dubita sul talento di Leonardo ma sulla sua capacità di finire ciò che ha iniziato. La sua produzione artistica si limita a circa 20 opere ma sono molte di più quelle che non è riuscito a completare, come l'Adorazione dei Magi conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Il vero talento di Leonardo, secondo il «The Economist», è stato quello di applicare le conoscenze acquisite nei campi della medicina, fisica, botanica e geologia alle sue opere: senza uno studio approfondito sull'anatomia umana, forse Leonardo non sarebbe riuscito a creare il sorriso enigmatico della Gioconda o la precisione dei dettagli dell'Uomo Vitruviano.

Leonardo Da Vinci, conclude l'articolo, appartiene forse più all'epoca contemporanea che a quella moderna, proprio per il suo spirito curioso e la sua vena eccentrica. A differenza dei suoi contemporanei più illustri, Michelangelo e Raffaello, Leonardo mise al centro della sua produzione artistica, culturale e scientifica l'uomo, in un'eterna ricerca della perfezione e della vita. Si innesca quindi una visione diversa: Leonardo non più genio assoluto ma uomo reale che amava sperimentare, immaginare e imparare, anche i giochi di carte.

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