SOCIETÀ

Cibo, si spreca ancora troppo

A quasi un anno dall’approvazione della norma contro lo spreco del cibo, l’Italia inizia a raccogliere i primi timidi risultati. Se prima, sul tema, imperavano confusione e incertezze, la legge Gadda lo scorso agosto ha fissato i punti principali che disciplinano il sistema di riduzione degli sprechi alimentari favorendo il recupero e la donazione delle eccedenze ai fini di solidarietà sociale. In Italia, come riferisce l’Osservatorio nazionale Waste Watcher di Last Minute Market, si spreca ogni anno cibo per un valore di circa 16 miliardi di euro, pari all’1% del PIL. Secondo i dati, gli sprechi nella ristorazione sono il 21%, nella distribuzione commerciale il 15%, nell’agricoltura l’8%, nella trasformazione il 2%; ma il cibo si butta soprattutto in casa (il 54%). Ogni famiglia getta nella spazzatura circa 145 kg di alimenti ogni anno, il 75% dello spreco complessivo di tutto il Paese. Si buttano per lo più frutta, verdura, pane e salumi perché se ne acquistano in eccesso o non li si conserva bene. Tuttavia, nel comportamento degli italiani sembra che qualcosa stia cambiando e da 650 grammi quotidiani di cibo sprecato nel 2016, quest'anno ogni famiglia è arrivata a 600 grammi. “La vera leva della lotta allo spreco in famiglia – afferma Andrea Giussani presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus – è l'educazione alla spesa e alla cucina, il recupero di alimenti non completamente consumati, il controllo intelligente delle date di scadenza e anche la capacità di condividere quanto abbiamo con altri, vicini, amici ma anche associazioni di quartiere, famiglie in difficoltà, sperimentando in modo semplice come ciò che eccede sulla nostra tavola può essere un bene per gli altri”.

La Fondazione Banco Alimentare fa proprio questo, in tutta Italia. Si occupa della raccolta di generi alimentari e del recupero delle eccedenze alimentari della produzione agricola e industriale e della loro ridistribuzione a circa 8000 associazioni. “Per sottrarre cibo allo spreco – continua Giussani - puntiamo a sviluppare idee sempre nuove, proponendo iniziative là dove sappiamo che il cibo può essere recuperato. Oltre a grandi progetti che stiamo portando avanti in tutto il Paese con piattaforme di prodotti freschi di frutta e verdura, sono recenti iniziative come il recupero del pesce sequestrato dalle Capitanerie di porto o l'accordo con Costa Crociere per il recupero, per ora solo a Savona, del cibo non servito nell'ultimo giorno di navigazione e subito consegnato ad associazioni caritative del territorio. Sono tutte ‘prime’ ma sono iniziative che dimostrano quanta creatività si possa sviluppare nell’ambito del recupero alimentare”.

Prima della legge Gadda i ristoranti o i supermercati che intendevano donare il proprio cibo in eccesso avevano l’obbligo di stilare una dichiarazione preventiva, da presentare cinque giorni prima della donazione. Un sistema macchinoso che per anni ha scoraggiato i più. La nuova normativa, invece, che è rivolta anche ad altri settori come i farmaci e l’abbigliamento, rafforza il lavoro di contrasto allo spreco facendo crescere la consapevolezza dei consumatori rispetto alle abitudini alimentari; e lo fa permettendo a tutte le realtà che intendono distribuire cibo in eccedenza, di godere di una burocrazia semplificata, di agevolazioni e sgravi fiscali. “Questa norma – continua Giussani - sistematizza l’intero assetto normativo esistente e chiarisce ulteriormente alcuni aspetti. Ma, se plaudiamo a questo reale passo avanti, non dobbiamo dimenticare che non basta una legge a risolvere la lotta allo spreco anche se questa apre lo spazio all’iniziativa privata, imprenditoriale e della pubblica amministrazione ad attuare azioni e coraggiose iniziative di recupero”.

Di spreco alimentare si è parlato anche al G7 dell’Ambiente che si è tenuto a Bologna a giugno, perché questo problema non è solo italiano ma è tema di grandissima rilevanza ambientale, oltre che economica e sociale che coinvolge il mondo intero. Il valore dello spreco alimentare sul pianeta, secondo i dati forniti dal progetto europeo Fusions, è pari a 1000 milioni di dollari. Nella sola UE si buttano più o meno 90 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, circa 173 chilogrammi a persona.

In tutta Europa, le iniziative per ridurre l’accumulo di scarto alimentare (oltre un centinaio) prevedono l’aumento di consapevolezza attraverso campagne, informazioni, istruzione, misurazione dello spreco e miglioramento della logistica. In alcuni paesi che hanno adottato misure di intervento, la riduzione dello spreco è già visibile: in Gran Bretagna dal 2007 al 2012 gli scarti sono diminuiti del 21%, e in Danimarca il 19 % degli intervistati riferisce di sprecare molto meno cibo rispetto a prima dell’intervento correttivo. Previsti anche dal Ministero della salute, in Italia si stanno lentamente diffondendo nelle scuole, nelle mense aziendali, nei supermercati e in diverse attività commerciali, progetti di recupero e distribuzione ma la strada perché quest’attività diventi prassi, è ancora in salita. “È tuttora forte per molte realtà, l’abitudine a ‘nascondere’ che tanto cibo ancora commestibile viene comunque distrutto. Lo spreco, giustamente, è considerato una vergogna e quindi si evita ‘di parlarne’ e purtroppo ancora oggi molte realtà non sono pronte a fare investimenti, anche piccoli, che potrebbero portare d’abitudine a un recupero quotidiano di cibo”.

Francesca Forzan

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