SOCIETÀ

Il libro bianco cinese sulla difesa “nella nuova era”

Lo scorso 24 luglio il governo cinese ha rilasciato in cinese e in inglese il documento “la difesa nazionale cinese nella nuova era” (DNC), un libro bianco che “espone la difensiva politica della difesa cinese e spiega la pratica, gli obiettivi e il significato degli sforzi della Cina per costruire una difesa nazionale rafforzata e una potente forza militare”. Il documento di una sessantina di pagine tocca tutti gli aspetti della politica militare cinese e si articola in 6 temi: la situazione di sicurezza internazionale, la “difensiva” politica della difesa cinese nella nuova era, realizzare le missioni e i compiti delle forze armate cinesi nella nuova era, la riforma della difesa nazionale cinese e delle forze armate, una ragionevole e appropriata spesa per la difesa, contributi attivi per costruire una comunità per un comune futuro per l’umanità, e si completa con un’appendice di tabelle con informazioni dettagliate sui vari punti.

Va tenuto presente che le forze armate cinesi (l’esercito di liberazione popolare PLA e le forze paramilitari di sicurezza interna PAP) non dipendono dal governo, ma afferiscono al Partito comunista; dal XIX Congresso del Partito il supremo organo decisionale unificato e centralizzato delle forze armate, la Commissione militare centrale (CMC), è tecnicamente un dipartimento del Comitato centrale del partito (PCC). La CMC è presieduta da un civile, il segretario generale del PCC Xi Jinping (al contempo presidente della Cina) e completata da due vice presidenti, dai capi dello stato maggiore congiunto, del dipartimento del lavoro politico e della commissione ispettiva di disciplina, oltre al ministro della difesa nazionale, che è solo il terzo nella linea di comando e gestisce i rapporti delle forze armate con le burocrazie statali e i militari stranieri.

Le forze armate cinesi non dipendono dal governo, ma afferiscono al Partito comunista

La Cina sta diventando il co-protagonista della politica mondiale e pertanto il documento merita un’attenta lettura; in questo contributo desidero segnalare alcune informazioni e alcuni punti che mi sembrano particolarmente significativi.

La situazione della sicurezza internazionale

Il documento osserva che nel mondo si sta compiendo una transizione epocale in un sistema multi-polare a seguito de ”la globalizzazione economica, la società dell’informazione e la diversificazione culturale”, in cui rimangono dei “fattori destabilizzanti e incertezze per la sicurezza internazionale, a causa del crescente egemonismo, le politiche di forza , l’unilateralismo e i conflitti regionali.”

Responsabili sono in primo luogo gli USA con la loro politica competitiva, destabilizzante e mirante all’egemonismo, con interventi armati in vari scacchieri e sostenuta da crescenti spese militari; la NATO con il suo allargamento e potenziamento militare e la Russia con il rafforzamento delle sue forze nucleari e “non-nucleari”; le politiche di queste grandi potenze hanno portato al deterioramento del controllo degli armamenti e ad alimentare conflitti locali e terrorismo internazionale.

Comunque, la situazione della sicurezza nel contesto Asia-Pacifico viene considerata globalmente stabile, grazie alla politica di collaborazione e di sicurezza comune, in particolare promossa dalla Organizzazione di Shanghai per la cooperazione (SCO), che comprende tutto il continente, fino alla Turchia. Segnali negativi rimangono alcune dispute territoriali, i conflitti “occasionali” fra India e Pakistan e l’intrusione degli USA con il potenziamento militare dei lori alleati e l’irrisolta questione del programma nucleare della Corea del Nord.

Le principali minacce alla sicurezza cinese hanno due aspetti, uno locale e uno globale: da una parte si stanno rafforzando le forze separatiste di Taiwan, del “Turkistan orientale” e del Tibet, e si aggravano dispute sulla sovranità territoriale su alcune isole e acque marine. Il secondo aspetto, ancora più importante, è legato alla militarizzazione delle nuove tecnologie informatiche e cibernetiche, al controllo dello spazio e allo sviluppo di armi di grande gittata e precisione, intelligenti, non individuabili e autonome, settori in cui il PLA si sente ancora molto arretrato e quindi particolarmente esposto.

La politica militare cinese

A fronte delle minacce alla sua sicurezza e seguendo la politica generale socialista cinese per “la pace e l’armonia”, la strategia della Cina viene definita di natura difensiva, priva di mire egemoniche, con gli obiettivi di: scoraggiare e resistere ad aggressioni, garantire la sicurezza politica e sociale, opporsi all’“indipendentismo di Taiwan” e dei movimenti separatisti, assicurare l’integrità e sovranità nazionali nonché i diritti e gli interessi marittimi e oltremare, difendere gli interessi “nello spazio esterno, elettromagnetico e cibernetico” e sostenere lo sviluppo del paese.

Anche in risposta alla National Defense Strategy americana del 2018, che considera la Cina una minaccia globale all’ordine mondiale, il documento insiste nella natura puramente difensiva delle forze militari, il rifiuto della creazione di sfere d’influenza e di politiche aggressive. Viene ribadita la volontà di collaborare alla creazione di un regime mondiale cooperativo e un sistema di sicurezza globale basato su “uguaglianza, mutua fiducia, correttezza, giustizia, contributi congiunti e benefici comuni”, nel rispetto e rafforzamento dei trattati internazionali per il controllo degli armamenti.

Si ribadisce che la Cina mira a una rapida riunificazione pacifica di Taiwan, ammettendo una prassi di “un paese, due sistemi” economici, ma non si impegna alla rinuncia dell’uso della forza, se necessario, e osteggerà ogni tentativo di intervento esterno. A tal fine sono state create unità speciali dell’esercito e particolare enfasi viene data alle operazioni marittime, con manovre aereonavali attorno a Taiwan per mandare un “duro avvertimento alle forze separatiste”. Secondo la RAND, la Cina ha già oggi la capacità militare di sopraffare le forze di Taiwan, ma non è ancora in grado di mantenere il controllo dell’isola a fronte di un massiccio intervento militare degli USA in aiuto del governo taiwanese.

la Cina ha già oggi la capacità militare di sopraffare le forze di Taiwan, ma non è ancora in grado di mantenere il controllo dell’isola a fronte di un massiccio intervento militare degli USA in aiuto del governo taiwanese

Al riguardo alle contese territoriali, ci si riferisce in particolare alle isole Paracelso e alle Spratly, un centinaio di isolotti, atolli, scogliere semi-affioranti nel mar Cinese meridionale, la cui sovranità è reclamata in varie forme da Cina, Taiwan, Brunei, Filippine, Vietnam e Malesia. Sono disabitate, a parte la base taiwanese creata sull’isola Itu Aba, la maggiore (40 ettari) e postazioni militari temporanee dei vari paesi; la loro importanza è dovuta alla pescosità delle acque, la presunta presenza di giacimenti di idrocarburi, ma soprattutto al controllo di importanti linee marittime commerciali, cruciali per l’approvvigionamento petrolifero di Giappone, Corea del Sud e Taiwan. La Cina sta trasformando alcune scogliere in isole artificiali, creando avamposti con piste aeroportuali, approdi e varie strutture militari.

Importante anche il riferimento alla protezione dei diritti e interessi marittimi oltremare con la garanzia delle linee commerciali. A tal fine la Cina sta sviluppando forze navali per operare su grandi distanze, costruendo basi di supporto logistico in punti critici, e preparandosi a svolgere le necessarie diversificate operazioni militari. Nell’agosto 2017 è divenuta operativa la base di Gibuti a supporto delle operazioni di scorta delle navi commerciali e di prevenzione della pirateria. Il documento non fa riferimento diretto alla nuova “via della seta”, ma ci sono informazioni sull’interesse della Cina a rafforzare le strutture create con accordi informali in vari porti mondiali per creare basi di supporto a garantire la protezione militare della nuova “via” in fase di sviluppo.

Le linee guida strategiche

La strategia cinese si basa sul principio dell’auto-difesa attiva e la reazione post-attacco, miranti al contenimento dell’avversario e alla vittoria finale.

Un punto cruciale del documento riguarda la strategia per lo sviluppo qualitativo delle forze armate, da realizzarsi secondo le indicazioni di Xi Jinping: “rafforzamento della lealtà politica, modernizzazione mediante la riforma e la tecnologia, rispetto della legge e focalizzazione sulla capacità di combattere e vincere”, con gli obiettivi di “raggiungere la piena meccanizzazione entro il 2020 con aumento dell’informatizzazione e delle capacità strategiche; avanzare globalmente la modernizzazione della teoria militare, delle strutture organizzative, del personale, degli armamenti e materiali entro il 2035; trasformare pienamente le forze armate popolari in un esercito di ‘classe-mondiale’ per la metà del XXI secolo”.

Il termine ‘classe-mondiale’ non può che significare una qualità pari a quella che l’esercito americano sta attualmente perseguendo per riguadagnare la piena superiorità delle forze convenzionali in ogni contesto militare, superiorità minacciata dai confronti asimmetrici e dallo sviluppo di capacità degli avversari di sviluppare mezzi per compensare a proprio vantaggio la potenza avversaria.

Ciò richiede la padronanza di una varietà di tecnologie avanzate. Ci sono molti esempi di tecnologie militari dirompenti, che la Cina sta sviluppando alla ricerca di capacità di compensazione in ambito aerospaziale, cibernetico, dei sistemi senza pilota, e per la guerra subacquea. Pechino cerca di sfruttare la sua crescente esperienza nella robotica, armi autonome, nanotecnologia, stampa tridimensionale, analisi e gestione di big data, intelligenza artificiale, informatica quantistica, biotecnologia, cooperazione uomo-macchina, cloud computing e volo ipersonico per sviluppare sistemi d’arma di prossima generazione che metteranno alla prova le capacità militari degli Stati Uniti entro il 2050 .

La priorità data alla modernizzazione dei sistemi d’arma del PLA da realizzare entro il 2035 mira a creare la capacità di identificare e attaccare bersagli a crescenti distanze dalle coste cinesi, per sviluppare forze di contro-intervento, anti-accesso e controllo d’area (A2/ AD) a prevenire operazioni di avversari in una zona esclusiva che dovrebbe già includere il Mar Giallo, il Mar Cinese orientale e quello meridionale (“prima catena di isole”), nella prospettiva di estendersi negli anni successivi più addentro al Pacifico a includere il Mare delle Filippine fino alla “seconda catena di isole” (dalle isole giapponesi Ogasawara alle Marianne).

La riforma delle forze armate

Una parte fondamentale del DNC è dedicato a fare il punto sulla realizzazione della riforma globale delle forze armate perseguita dal PCC, mettendo in evidenza i risultati raggiunti e le presenti carenze. Xi Jinping ha perseguito una profonda ristrutturazione delle forze armate del paese per trasformare il PLA da un modello di quantità a uno di qualità ed efficienza. Ciò implica uno spostamento dell’attenzione dalle forze umane alla potenza di fuoco e da strutture ad alta intensità di personale a quelle basate su scienza e tecnologia.

Negli ultimi anni c’è stato un calo del personale, in particolare della componente terrestre, a non più di 2 milioni di militari (gli USA hanno 1.338.000 mila uomini e i paesi europei della NATO 1.849.000). Sono state fortemente contratte tutte le attività non-militari e linearizzate le linee di comando, riducendo fortemente le strutture burocratiche e le sovrastrutture non operative. La chiusura della presenza del PLA nel mondo produttivo cinese ha permesso anche la riduzione della diffusa corruzione, che resta un impegno importante della riforma: va notato che il documento fa esplicito riferimento alla punizione di quattro alte personalità, citandone i nomi.

L’impatto di questo cambiamento globale ha comportato una ristrutturazione organizzativa, con spostamenti nell’equilibrio delle diverse forze, suddivise in 7 armi. Le forze di terra sono confluite nella PLAA e organizzate in 5 comandi territoriali (TC). Grandi investimenti sono dedicati alla marina (PLAN) e all’aeronautica (PLAAF), il Secondo artiglieria, in carico di tutte le forze missilistiche, è stato rinominato PLARF; sono state concentrate le forze di supporto logistico integrato nella PLAJLSF, che comprende magazzini, trasporti, servizi medici, oleodotti, riserve e lavori di genio.

Xi Jinping ha perseguito una profonda ristrutturazione delle forze armate del paese per trasformare il PLA da un modello di quantità a uno di qualità ed efficienza

Viene creata la forza di supporto strategico PLASSF, un nuovo tipo di forza per lo sviluppo di capacità per i nuovi campi di guerra, informatici, cibernetici, spaziali, della sicurezza informatica e per l’integrazione delle nuove tecnologie per obiettivi strategici. Il PLA mira a divenire in grado di controllare l’ambiente informatico attraverso la connessione alla rete di informazioni per poter "vincere guerre informatiche locali”.

La politica di sviluppo delle attrezzature e la preparazione al combattimento stanno evolvendo dalla fase di meccanizzazione alla "guerra intelligente" e a quella "informatizzata". Ciò ha portato a rivedere i metodi di addestramento per garantire una maggiore interoperabilità tra le forze e la preparazione a effettive condizioni belliche; va ricordato che la Cina non ha recente esperienza di guerra, l’ultimo conflitto risalendo alla breve guerra contro il Vietnam (febbraio-marzo 1979), condotta con tecnologie e strategie lontane dalla situazione attuale.

Xi Jinping ha sottolineato l’importanza dello sviluppo delle capacità del PLA di condurre operazioni congiunte, in effettive condizioni belliche, migliorando la proiezione di potenza della Cina da livello regionale a livello globale.

Coerentemente con la priorità data allo sviluppo delle capacità convenzionali, scarsa attenzione viene dedicata nel DNC agli armamenti nucleari: si riconfermano la dottrina di non-uso per primi e di non-uso contro paesi privi di armi nucleari e la limitazione a una forza di minimo deterrente finalizzato a garantire una sicura capacità di reazione a un attacco nucleare; coerentemente, le armi sono mantenute a un basso livello di allerta con le testate separate dai vettori (non è chiaro se i sommergibili nucleari abbiano comunque testate a bordo). Si stima che attualmente la Cina possieda 290 testate nucleari (in leggera crescita) per 180-190 missili con base a terra di varia gittata, per lo più di portata media e intermedia, fra 660 e 5500 km, e qualche decina di ICBM, oltre a 48 missili lanciabili da sommergibili.

La spesa cinese per la difesa risulta seconda solo agli USA

Tutte le forze missilistiche (sia nucleari che convenzionali), con i relativi sistemi di controllo, afferiscono alla PLARF, impegnata nello sviluppo qualitativo degli apparati e la sostituzione dei missili a combustibile liquido e testate di potenza di qualche megaton con missili mobili a combustibile solido e testate fra 200 e 300 kton; in reazione allo sviluppo dei sistemi anti-missile americani alcuni vettori vengono dotati di sistemi a testate multiple indipendenti (MIRV). La ventina di bombardieri H-6K, con raggio d’azione di oltre 3000 km, sono predisposti per operazioni nucleari, ma il DNC non attribuisce alle forze aeree compiti di deterrenza nucleare.

Le spese per la difesa

Il documento illustra le spese cinesi per la difesa e la loro continua crescita negli ultimi anni per passare da un “livello di sussistenza a una crescita moderata”: dal 2012 al 2017 sono passate da 669,192 miliardi di RMB a 1043,237 miliardi di RMB (da circa 103 a circa 151 miliardi di dollari), con un aumento medio annuo del 9,42%. Il grande aumento del prodotto interno lordo (PIL) e del bilancio statale della Cina in questi anni ha permesso di ridurre il peso delle spese per la difesa sul PIL attorno al 1,28% e al 5,26% delle spese statali (era il 17,37% nel 1979).

La spesa cinese risulta seconda solo agli USA; nel 2019 con 177,6 miliardi di dollari raggiunge il 26% di quella americana e il 60% di quella globale degli altri paesi della NATO (va comunque notato che gli istituti di ricerca indipendenti SIPRI e IISS stimano che le spese effettive cinesi vadano moltiplicate per un fattore 1,4 - 1,5 per renderle confrontabili con quelle dei paesi occidentali). Va inoltre osservato che mentre la Cina investe in nuovi materiali il 41% della spesa totale, gli USA si fermano al 27,5% e pochi paesi europei della NATO raggiungono il 20% previsto dalla stessa NATO

Il DNC motiva l’aumento delle spese cinesi con: lo sviluppo economico e sociale del personale, il miglioramento degli armamenti e delle attrezzature con la sostituzione dei materiali obsoleti e l’acquisizione di nuovi sistemi, il sostegno delle riforme strutturali, il potenziamento della formazione in situazioni di effettivo combattimento e il contributo ai vari compiti militari, incluse le missioni ONU, l’assistenza umanitaria e gli impegni di soccorso nei disastri naturali.

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