SOCIETÀ

Coltivare il pianeta per coltivare se stessi

Esperimenti di vita comunitaria, percorsi di ricomposizione esistenziale sostenibile a livello ambientale, economico e sociale. Veri e propri tentativi di rinascita nel contesto contemporaneo che si sviluppano a partire dai principi di co-creazione e interconnessione reciproca, azioni concrete per rinnovare il rapporto uomo-natura. Per definire e comprendere i principi alla base del movimento degli ecovillaggi è necessario partire dalla “ridefinizione delle tendenze di globalizzazione in una direzione di decrescita, riduzione dell’impronta ecologica e miglioramento della qualità della vita a partire dalla rivalutazione del lavoro, in particolare quello agricolo, riscoprendo il senso del paesaggio – che è tanto un luogo esterno quanto uno spazio interno del sé – e promuovendo economie alternative di sussistenza basate su reti di scambio e cooperazione”. Nel libro Coltivare il pianeta per coltivare se stessi. Viaggio tra gli ecovillaggi italiani (Franco Angeli), Alice Brombin, antropologa impegnata con i suoi studi etnografici tra l’Europa e l’America Latina e dottore di ricerca in Scienze sociali all’università di Padova, esplora un fenomeno che in Italia è ancora poco conosciuto ma in crescente espansione, una forma di resistenza e critica al sistema socio-economico mainstream, al capitalismo globale e alla cultura dell’individualismo, dedicando un focus a tre casi studio: la Comune di Bagnaia in Toscana, il Giardino della Gioia, nel Gargano, e la Comune di Urupia, vicino a Brindisi. “Si tratta di comunità intenzionali ispirate a valori di tipo ecologico che si caratterizzano per la natura spontaneistica e per la volontà di diffondere e sostenere uno stile di vita ecocompatibile, avendo come obiettivo la costruzione di insediamenti umani sostenibili e il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare ed energetica”.

In Italia, un gran numero di queste comunità di medie-piccole dimensioni, prevalentemente agricole, hanno scelto di fare sistema, aderendo alla Rive, Rete italiana villaggi ecologici, nata nel 1996 su iniziativa della Comune di Bagnaia, dell’ecovillaggio Torri Superiore, del Popolo degli Elfi, della Federazione di Comunità di Damanhur e della rivista Terra Nuova. Per inquadrare il fenomeno, Brombin riprende, tra gli altri, la studiosa americana Karen Litfin che, in un ampio quadro di attente riflessioni, individua i principali elementi che caratterizzano l’approccio olistico abbracciato dagli ecovillaggi: la permacultura, pratica agricola ma anche sistema filosofico per costruire insediamenti umani a basso impatto, e la Teoria Gaia, ovvero una visione del pianeta come sistema biochimico che si autoregola. In questo senso, il movimento degli ecovillaggi viene definito “comunità di conoscenza planetaria”, da inserire in un mondo inteso come “organismo vivente nel quale il sistema umano e quello naturale si accrescono e potenziano mutualmente […], un fenomeno di contrasto alla modernità sia in termini materiali sia in relazione alle idee e ai sistemi valoriali tesi al potenziamento dell’individuo, al coinvolgimento globale su tematiche di rilevanza transnazionale, alla creazione di relazioni di cooperazione e mutuo sostegno, al rafforzamento di circuiti socio-economici sostenibili”. Siamo di fronte a una sorta di “postmodernismo costruttivo”, teso a superare le dicotomie moderne che oppongono la città alla campagna, la sfera pubblica a quella privata, il locale al globale, in “una prospettiva che cerca di fornire una alternativa percorribile, piuttosto che una mera decostruzione della modernità”.

Obiettivi di autosufficienza e radicati valori ecologici si traducono in “pratiche concrete che giocano un ruolo decisivo nell’articolazione di una nuova dimensione politico-estetica in cui la realizzazione di aspirazioni individuali e la condivisione di sogni e progetti danno forma a realtà sociali definibili come comunità estetiche in cui si perviene a una ridefinizione del vivere collettivo a partire dal processo di rinaturalizzazione dell’individuo e dell’ambiente […] Ciò consente di entrare in una dimensione di divenire, becoming, in cui l’uomo si percepisce come un agente creativo che ha la possibilità di costruire se stesso e il mondo circostante”. La dimensione estetica presuppone un rapporto tra uguali e favorisce un continuo e stimolante confronto con l’esperienza dell’altro. Centrali risultano il tema del paesaggio, o meglio dell’estetica ambientale, in un’ottica di continuità tra esseri umani e ambiente, da intendersi come “condizione in cui le persone si uniscono, ugualmente partecipi, in una situazione integrata”, e quel prezioso concetto chiave di “lussuosa semplicità”, ovvero l’esperienza di vita semplice e al tempo stesso fondata sul benessere e la soddisfazione personale, su emozioni autentiche e relazioni affettive, su principi di sobrietà che permettono il distacco dalla vita materiale e conducono alla riconnessione con la natura, definibile in termini di estetica politica. Interessanti le considerazioni dell’autrice in relazione alla convergenza tra ecovillaggi ed ecofemminismo, quest’ultimo “fertile terreno su cui collocare e meglio comprendere le visioni, l’etica, i principi e i risvolti materiali su cui si fonda lo stile di vita delle comunità ecologiche”. Il corpo e le esperienze corporee si mettono al centro, ridisegnando le relazioni e le dinamiche di scoperta e comprensione. Brombin cita Ecofemminismo e spiritualità. Il Colectivo Con-spirando, a cura di Covelli e Finch: “Il corpo è il territorio della nostra storia, delle nostre memorie, è il testo sacro su cui è possibile leggere la vita, non solo nostra, ma anche degli altri”, e di seguito aggiunge: “L’etica femminista aspira a superare la logica dicotomica che oppone natura e cultura, spirito e corpo, valorizzando le differenze e le interconnessioni di tutte le forme di vita, rilevando come al cuore della crisi ambientale ed ecologica globale risieda la negazione della dipendenza della sfera della natura dal corpo, elemento di congiunzione tra lo sfruttamento delle donne e quello degli esseri non umani, che sono spesso assimilati proprio nella loro natura corporale. Per questo motivo il corpo e la corporeità sono oggi temi di rivendicazione comuni a molti movimenti sociali radicali, tra cui gli ecovillaggi”.

Infine, l’autrice pone una domanda e, rispondendo, regala la sintesi della sua lunga e articolata indagine: “Come è possibile, oggi, riconferire umanità all’umano? Come lo si reintegra nel suo contesto storico, politico e sociale? Superando un paradigma antropocentrico e ribaltando le sue categorie, questa è la risposta che viene dagli ecovillaggi: alla donna e all’uomo razionale che ragiona, oggettifica, cosifica e separa il reale si sostituisce ‘la donna e l’uomo sensibile’, cioè un soggetto capace di sentire e percepire, di recuperare le sue esperienze sensoriali, di mescolarsi e unirsi alle cose secondo una logica vitalista. In questo modo il continuum natura-cultura si palesa”.

Francesca Boccaletto

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