SOCIETÀ
Digitale a scuola: pochi tablet, molta buona volontà
Cliccando play si possono ascoltare, in podcast, i segreti della filanda raccontati da nonna Franca. A porre le domande sono gli alunni di una scuola primaria della provincia di Vicenza. Passato, presente e futuro s’incontrano all’Istituto comprensivo 2 di Arzignano, dove sei anni fa è nato il progetto 3T: Tessere tanti testi: un percorso formativo che, sfruttando i vantaggi della tecnologia, punta a trasformare l’apprendimento e la comunicazione degli studenti in “un’impresa sociale” (knowledge-building community) orientata alla cittadinanza attiva, responsabile e consapevole.
Il progetto 3T ha introdotto il digital storytelling, esperienza che dal 2012 coinvolge anche alunni e nonni con l’obiettivo di sfruttare il digitale per recuperare la memoria di storie antiche. “Perché le tecnologie – spiega Barbara Bevilacqua, insegnante e coordinatrice del progetto – possono creare ponti tra le generazioni. Per gli studenti possono diventare strumenti che aiutano a pensare, promuovendo quella competenza digitale che dovrebbe caratterizzare il futuro cittadino europeo. Le difficoltà maggiori le riscontriamo nella strumentazione obsoleta: abbiamo alcuni vecchi pc e Lim (lavagna interattiva multimediale, ndr) donati dalle famiglie degli studenti e dal Comune, in risposta ai premi nazionali ricevuti negli ultimi anni come esempio di innovazione a scuola. Non abbiamo, però, i tablet e spesso io e le colleghe mettiamo a disposizione i nostri pc per favorire la partecipazione di più alunni”.
Le nove classi primarie dell’istituto di Arzignano coinvolte nel progetto 3T sono un esempio di buone pratiche digitali che funzionano anche senza contare sul sostegno del ministero. “Non siamo finanziati dal Miur, in realtà non abbiamo mai partecipato al bando – precisa Bevilacqua – perché la nostra scuola ha preferito candidare una secondaria di primo grado”. Avviato nell’anno scolastico 2009-2010 il progetto Cl@ssi 2.0, inserito nel piano nazionale Scuola Digitale del Miur, ha inizialmente coinvolto 156 classi di scuola secondaria di primo grado, selezionate tramite bando tra 2.361 candidature; dal 2010-2011 si è esteso alle primarie e secondarie di secondo grado. Rimanendo un fenomeno di nicchia se si pensa che le scuole statali nel solo Veneto sono 612 e le classi ben 28.274.
“Oggi la nostra regione conta 32 classi 2.0 finanziate dal ministero (di cui 10 scuole primarie, 12 istituti secondari di I grado e 10 di II grado, ndr), a cui se ne aggiungono alcune che portano avanti progetti partiti con finanziamenti reperiti dalla scuola stessa – spiega Franca Da Re, dirigente scolastico e referente regionale per le nuove tecnologie – L’azione Cl@ssi 2.0 prevede Lim e netbook, notebook o tablet per tutti gli alunni. I finanziamenti ministeriali sono ingenti in termini assoluti, ma le classi sono moltissime quindi i numeri della diffusione non sono ancora elevati”.
“Il digitale è uno strumento che può attraversare tutte le materie scolastiche perché è un modo diverso di presentare la didattica e può essere sfruttato in più situazioni – continua Da Re – Non deve essere confuso con la disciplina ‘Tecnologia’ che prende in esame tutta la strumentazione prodotta dall’uomo nel tempo”. Una doverosa puntualizzazione che invita a distinguere lo strumento trasversale, quale può essere appunto il digitale, dalle materie vere e proprie. “Guai se abituassimo i ragazzi al solo uso di tablet – aggiunge Da Re – il pensiero si deve strutturare con l’approccio diretto alle cose. L’apprendimento avviene a prescindere dai mezzi tecnologici”.
Digitale, dunque, da intendersi come opportunità “sotto osservazione”, che porta con sé anche un’imprescindibile valutazione dei rischi, da parte di educatori e famiglie. “I cosiddetti nativi digitali sono costantemente a contatto con le nuove tecnologie, ma questo non significa che siano in grado di relazionarsi correttamente e in maniera critica con queste – commenta Chiara Crivelli, presidente regionale dell’Age, associazione italiana genitori – A scuola e a casa, insegnanti e genitori sono chiamati a un’attenta e costante riflessione sulle responsabilità”. E Crivelli conclude: “A oggi la diffusione del digitale nelle scuole si presenta a macchia di leopardo. Con ottimi esempi tra gli insegnanti di sostegno che sfruttano, spesso e volentieri, le nuove tecnologie per lavorare con i loro ragazzi”. Considerazioni, queste, che affiancano le indicazioni riportate dall’Age in una nota del 2013 sulla necessità di un “forte processo di formazione dei docenti, e degli adulti in genere, il più delle volte in difficoltà di fronte alle competenze dei più giovani”.
Francesca Boccaletto