UNIVERSITÀ E SCUOLA

Corsi universitari in inglese: sì ma con alcuni distinguo

Lingua straniera o esclusività dell'italiano per gli insegnamenti all'università? L'ultima parola attesa era quella della Corte Costituzionale che proprio nei giorni scorsi si è pronunciata in merito. Con sentenza emessa il 26 febbraio scorso, la Consulta ha confermato, seppur con riserva, la spinta verso l'internazionalizzazione dell'università italiana ribadendo, da una parte la necessaria centralità della lingua italiana nell'offerta didattica degli atenei, dall'altra, la legittimità delle facoltà di programmare singoli corsi integralmente in lingua straniera, seppur nel rispetto di limiti ben precisi.

La questione nasce nel "lontano" 2012 quando il Politecnico di Milano deliberò l’attivazione, a partire dall’anno 2014, di corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca esclusivamente in lingua inglese. Contro il progetto fecero ricorso alcuni professori dello stesso ateneo che sostenevano come l'iniziativa fosse in contrasto con il principio costituzionale dell’ufficialità della lingua italiana, ma anche con i principi di ragionevolezza, non discriminazione e proporzionalità sanciti dall’articolo 3 della Costituzione. Secondo i docenti, infatti, la scelta di una lingua diversa da quella ufficiale poteva essere discriminatoria non solo nei confronti degli studenti che potevano vedersi costretti, di fronte a questa barriera d'accesso, a scegliere sedi o facoltà diverse, ma anche nei confronti di quei professori che non conoscendo la lingua inglese, o non volendo utilizzarla all'interno delle lezioni, sarebbero stati condizionati all'esclusivo insegnamento nei soli corsi di laurea triennale. Il provvedimento ottenne un primo annullamento dal Tar e successivamente fu impugnato di fronte al Consiglio di Stato che si rivolse a sua volta alla Corte Costituzionale. Con la nuova sentenza la Consulta ha dichiarato infondati i rilievi di costituzionalità mossi contro la norma contenuta nella legge 240/2010 (cosiddetta Legge Gelimini) in materia di organizzazione dell'Università. Norma utilizzata poi dall'ateneo milanese per l'attivazione dei suoi nuovi corsi.

Nelle motivazioni della Corte, la lingua italiana resta centrale nel sistema dell’istruzione universitaria del nostro Paese in quanto "unica lingua ufficiale" del sistema costituzionale (sentenza n. 28 del 1982). Tuttavia la Consulta riconosce anche che alcuni fenomeni che caratterizzano la nostra società quali la globalizzazione, il plurilinguismo, la diffusione a livello globale di una o più lingue, accompagnano costantentemente  l'uso della nostra lingua  nei settori più disparati. E, in questo contesto, il ruolo di scuola e università, come luoghi istituzionalmente deputati alla trasmissione della conoscenza "nei vari rami del sapere" (sentenza n. 7 del 1967) e alla formazione della persona e del cittadino, si fa ancora più forte anche attraverso l'uso di lungue diverse da quella nazionale. Secondo il parere della Corte, inoltre, l'autonomia universitaria, garantita  dall’articolo 33 della Costituzione, proprio erogando parte degli insegnamenti in lingua straniera, contirbuisce a  rafforzare l'internazionalizzazione degli stessi atenei.

La questione, tuttavia, non si chiude qui, tornerà ora al Consiglio di Stato a cui spetta il compito di applicare la decisione al caso specifico del Politecnico di Milano.

Francesca Forzan

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