CULTURA

Ma la matematica non è un’opinione

Ci sono cascati un po’ tutti, compresi mostri sacri del giornalismo anglosassone come la BBC e la CNN. Quando il presunto professore nigeriano Opeyemi Enoch ha annunciato di aver dimostrato l’Ipotesi di Riemann, uno dei problemi matematici più complessi, sembravano esserci gli elementi per la storia da copertina: la genialità celata e le origini oscure, l’outsider che dalle periferie del mondo conquista uno dei traguardi scientifici più ambiti. Salvo doversi poi correggere, dato che alla fine la notizia si è dimostrata la più classica delle bufale.

Insomma anche per la matematica, come per le altre scienze, a volte il mondo dell’informazione non riesce a uscire da uno schema ai limiti del gossip, propagando notizie inesatte quando non addirittura palesemente false, come appunto in quest’ultimo caso. Uno stato delle cose che non può far piacere a chi nel campo ci lavora, come Alessandro Languasco, docente di analisi matematica presso l’università di Padova, specializzato in teoria analitica dei numeri. “In questo caso non c’è stata verifica, quindi la dichiarazione non andava pubblicata né ripresa – spiega il professore –. Questa persona aveva semplicemente pubblicato sul suo blog uno scritto di altro autore risalente a qualche anno fa, affermando di aver dimostrato l’Ipotesi di Riemann. In realtà questo studio non aveva mai superato il vaglio della comunità scientifica”. E allora cosa non ha funzionato? “La totale mancanza di controllo. Un esperto avrebbe detto che quella in questione semplicemente non era una pubblicazione che aveva passato una peer review, quindi non valeva la pena di esaltarsi”. 

Del resto ci sono stati esempi di outsider che nel campo della matematica hanno ottenuto risultati importanti, che poi sono stati accettati dalla comunità scientifica: “Dimostrazione del fatto che i matematici sono in grado di riconoscere la validità dei contributi anche quando provengono dal di fuori del sistema. È il caso per esempio dell’algoritmo AKS, scoperto da tre informatici indiani, Agrawal, Kayal e Saxena, che dimostra che provare la primalità di un numero ha un basso costo computazionale; in altre parole il tempo che è necessario attendere perché l’esecuzione di tale algoritmo termini, distinguendo correttamente tra numeri primi e numeri composti, è relativamente breve. Oppure del sino-americano Yitang Zhang, che ha dimostrato, quando non aveva ancora alcun incarico accademico, che esistono infiniti numeri primi consecutivi aventi tra loro distanza finita (per la precisione, ha dimostrato che tale distanza è minore di settanta milioni; risultato recentemente migliorato da James Maynard). Questi studi, dopo aver superato una peer review anonima che ne certificava la correttezza, sono poi stati pubblicati sui prestigiosi Annals of Mathematics, quindi hanno potuto essere ulteriormente esaminati e validati da altri matematici esperti di tali argomenti”. 

L’ipotesi di Riemann è uno dei sette cosiddetti Millennium problems, per la soluzione di ciascuno dei quali il Clay Mathematics Institute ha promesso una ricompensa di un milione di dollari. Perché questi problemi sono così importanti? “Sono sul campo da molto tempo – l’ipotesi di Riemann ad esempio è del 1859 –  e sono centrali perché potenziali portatori di grandi connessioni e conseguenze tecniche per tutto il mondo della matematica. A proposito dell’ipotesi di Riemann, ad esempio, la cosa più semplice da dire è che è equivalente alla distribuzione asintotica ottimale (che tende cioè ad avvicinarsi sempre più a un valore senza mai raggiungerlo, ndr) dei numeri primi”. 

Ma è così importante studiare le proprietà dei numeri? “Gauss diceva che la matematica è la regina delle scienze, aggiungendo che la teoria dei numeri è la regina della matematica. Perché è alla base di tutte le varie branche, dall’aritmetica, all’algebra, all’analisi, e perché le proprietà intime dei numeri non sono state ancora del tutto dimostrate. In particolare nel campo dei numeri primi”. Quindi oggi utilizziamo strumenti che non abbiamo ancora del tutto compreso? “Sì, ad esempio, pensiamo ad alcune proprietà additive dei numeri primi, di cui l’esempio più famoso è la congettura di Goldbach. In certi ambiti possiamo immaginare che le cose vadano in un certo modo, ma non ne abbiamo ancora le prove”.

Come si svolge la ricerca nella teoria dei numeri? “Come per ogni altro settore scientifico, c’è sicuramente una parte di intuizione, ma è fondamentale lo studio e il confronto con altri esperti mondiali del campo. È estremamente difficile poter dare contributi originali senza conoscere il lavoro fatto prima di noi e senza un’adeguata preparazione tecnica, che spesso richiede anni di lavoro. Poi, quando si conosce lo stato dell’arte, è più facile che l’idea arrivi”. E i computer che ruolo hanno? “Importante innanzitutto per il lavoro di documentazione e per la circolazione delle informazioni, ma la loro capacità di calcolo non può, fino ad oggi, in alcun modo sostituire la deduzione logica. Può dare un aiuto nella verifica di alcune ipotesi, in particolare nella confutazione di qualche asserzione, ma non ne fornisce mai una dimostrazione”. Il discorso è in parte diverso per la matematica applicata: “Lì il ruolo dei calcolatori è molto più importante, ad esempio quando si cercano soluzioni a problemi caotici. È il caso della meteorologia: un sistema talmente complesso da far corrispondere a minime variazioni delle condizioni iniziali, enormi conseguenze nello stato finale del sistema stesso. In questi casi un certo grado di approssimazione, valida per brevi periodi di tempo, è tollerabile”.

E dire che qualcuno obietta persino sul fatto che la matematica sia una vera scienza. “È vero che non ci sono esperimenti come quelli fisici o chimici, ma il linguaggio matematico consente comunque la verifica dei risultati. E nel metodo scientifico la cosa importante è la riproducibilità da parte di terzi”. Studiare le proprietà dei numeri insomma è fondamentale per tutte le altre scienze, e ci dice anche molto del nostro modo di pensare: “Della matematica affascina da una parte la disciplina, dall’altra la sua “irragionevole efficacia” – conclude Languasco prendendo spunto dal titolo del famoso saggio di Eugene Wigner –. Sebbene si occupi solo di cose teoriche, secondo rigorose regole deduttive, in realtà il suo linguaggio permea le scienze sperimentali ed il mondo fisico”. 

Daniele Mont D’Arpizio

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