SOCIETÀ

La memoria è importante, attenti a non banalizzarla

Si celebra il 6 marzo la Giornata Europea in memoria dei Giusti dell’umanità, istituita nel 2012 dal Parlamento europeo per ricordare coloro che, in ogni parte del mondo, hanno detto il loro no alle persecuzioni scegliendo di rischiare la loro stessa esistenza per salvare vite umane. Un’occasione per ricordare, ma anche per riflettere sul significato della memoria e sulle sue implicazioni per la comunità civile. Per questo ci siamo rivolti allo storico padovano Gadi Luzzatto Voghera, membro del comitato scientifico del Giardino dei Giusti del mondo e direttore del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec) di Milano, l’ente italiano che si occupa di certificare le domande per l’assegnazione del titolo di Giusto tra le nazioni, che vengono poi vagliate dalla commissione dello Yad Vashem di Gerusalemme.

 A lui chiediamo il senso di questa giornata, e perché è importante celebrarla: “La figura del giusto è di estremo interesse dal punto di vista didattico e pedagogico – risponde lo studioso –. Sono ad esempio molto efficaci i viaggi della memoria organizzati dal Comune di Padova ad Auschwitz e Budapest, incentrati sulla figura di Giorgio Perlasca, e devo dire che dal punto di vista del ragionamento storico la chiave del giusto può essere molto interessante. Però…”.  C’è un però? “Il difetto teorico – che riguarda la figura del giusto in sé, al di là delle singole figure – è che spesso c’è la naturale tendenza a costruire dei santini piuttosto che a guardare alle storie e alle persone concrete, e questo alla fine può portare a una banalizzazione”.

Non solo: il rischio è anche quello di una specie di un’autoassoluzione collettiva, che porti a identificarsi automaticamente con le vittime e i salvatori, invece di riflettere sui meccanismi profondi che ci hanno portato agli orrori della nostra storia. “La dinamica può essere effettivamente quella, per questo bisognerebbe usare molta cautela, sapendo guardare alla specificità di ciascuna storia – continua Luzzatyo Voghera –. Temo inoltre che si arrivi a una sorta di ipertrofia della memoria, con effetti contrari a quelli desiderati”.

Oggi si parla molto di memoria e spazio pubblico, come ad esempio a proposito della recente legge che stabilisce fino a tre anni di prigione per coloro che attribuiscono la corresponsabilità della Shoah alla nazione polacca. Ma è davvero possibile regolare la memoria per legge? “Non solo è possibile, ma ormai è normale: dappertutto ormai la memoria è in qualche modo imposta o suggerita per legge – spiega lo storico –. La questione piuttosto è il come. Forse ad esempio un mese di commemorazioni per la Shoah è veramente troppo, nonostante le iniziative siano quasi sempre interessanti e spesso anche coraggiose”.

Cos’è però un giusto, e perché è comunque importante ricordarlo? “Si tratta di una persona che in un dato momento storico ha saputo dire un no a un’ingiustizia, magari avendo detto sì appena prima ad altre situazioni. Faccio un esempio: in Austria c’è stato il caso di una donna filonazista e antisemita, che però a un certo punto durante la guerra ha salvato dalla deportazione alcune persone di religione ebraica. In seguito, finito il conflitto, è tornata serenamente a professarsi antisemita. Una visione manichea in realtà svilisce dinamiche storiche che invece sono di estremo interesse”.

Scendendo nel concreto, cosa ci dice in particolare la storia di Perlasca, che proprio a Padova è particolarmente conosciuta e amata? “Si tratta di una figura emblematica: convinto fascista e volontario nella guerra di Spagna, si è trovato poi a Budapest durante la guerra in una situazione che ha deciso di non accettare, salvando coraggiosamente circa 5.000 ebrei. Un esempio importantissimo perché ha fatto tutto senza aspettarsi nulla in cambio”. Solo dopo tanti anni l’apporto di Perlasca è stato riscoperto grazie ad alcune persone che aveva salvato, tra cui lo scrittore e regista Giorgio Pressburger, spentosi proprio qualche mese fa. È stato allora che Perlasca si è deciso a tornare con la memoria agli anni della guerra, e la sua storia è divenuta nota anche al grande pubblico con il libro-intervista La banalità del bene di Enrico Deaglio (1991) e con il film tv con Luca Zingaretti. “Su questa vicenda è stato costruito un percorso storico e didattico molto serio che ha coinvolto anche le scuole, in seguito è stata costituita anche una fondazione. Il tutto però funziona perché è stato fatto in maniera corretta, dando un quadro completo di quest’uomo e della sua vicenda”.

In questo forse sta il fatto per noi più interessante della figura dei Giusti: quello di portare a un confronto e alla messa in discussione della nostra visione: “Ci costringono a pensare a come ci comporteremmo di fronte a certe situazioni, come accenna Tzvetan Todorov nel libro Di fronte all'estremo. In realtà non lo sapremo finché non ci passiamo, e forse neppure allora: è questo il motivo per cui vale continuare a parlarne anche alle giovani generazioni”.

Daniele Mont D’Arpizio

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