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Il Consiglio dei ministri nella serata del 30 settembre scorso ha approvato la nota di aggiornamento al Def. Abbiamo contattato il prof. Lorenzo Forni, economista e professore di advanced macroeconomics all’università di Padova per capire quali sono gli interventi previsti in questa nuova nota.
Prof. Forni, partiamo dal principio: che cos’è il Def e perché si fa questo aggiornamento a fine settembre?
Il Def è il documento di economia e finanza ed è il documento economico del programma del governo per quanto riguarda i conti pubblici per il biennio successivo. Viene fatto a fine settembre perché il primo passo, che porterà poi all'approvazione della legge di bilancio a dicembre, è quello di stabilire gli obiettivi, in particolare per quanto riguarda il disavanzo sul quale poi si costruirà il bilancio della manovra.
Quali sono le modifiche sostanziali presenti in questa nota di aggiornamento?
Le modifiche sostanziali è che i conti stanno andando meglio del previsto, quindi ci sono un po' di risorse in più che non ci si aspettava ad aprile quando è stato fatto il Def. Questo miglior andamento è stato incorporato nella nota d'aggiornamento. C'è stato questo miglioramento ma l’obiettivo di disavanzo che era a 2,1 ad Aprile per il deficit/pil 2020 è stato marginalmente cambiato e portato al 2,2.
Professor Forni, uno dei motivi per cui si è fatto questo governo con l'accordo tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle era scongiurare l'aumento dell'Iva. In questa nota di aggiornamento sembra sia stato scongiurato. Ci può spiegare cosa sono le "clausole di salvaguardia", quanti sono i soldi che servivano per scongiurarle e dove li hanno presi?
Non entrerei nella questione da dove provengano e chi le ha prodotte le clausole di salvaguardia. Sappiamo che per il 2020 era prevista una copertura dei famosi 23 miliardi di euro, circa 1,3% del PIL che sarebbero venuti da aumenti delle aliquote Iva. Il governo ha voluto evitare questo tipo di intervento e ha potuto evitarlo, almeno in base a questa nota di aggiornamento che probabilmente non cambierà nell'iter parlamentare, per due ragioni: un po' perché i conti pubblici vanno meglio e un po' perché hanno trovato nuove entrate.
Il disavanzo atteso in aprile con il Def, in assenza dell'aumento dell'Iva, per il 2020 era previsto essere al 3,4%. Oggi, visto che i conti vanno meglio, senza l'aumento dell'Iva è previsto essere al 2,7%. Il governo si è posto come obiettivo non arrivare al 2,7%, ma arrivare al 2,2%, quindi sostanzialmente ha bisogno di circa 10 miliardi da trovare in maggiori entrate e minori spese. La manovra va pensata in questi termini: bisogna trovare 10 miliardi.
La nota di aggiornamento al Def non entra molto nel dettaglio di dove trovare questi soldi. Apparentemente, circa 7 miliardi dovrebbero venire dalla lotta all'evasione fiscale ma, sinceramente, è un numero molto ottimistico. Il dettaglio delle misure quindi per ora è solo abbozzato e poi verrà chiarito quando a metà ottobre verrà presentato in parlamento.
Uno dei punti di questo aggiornamento sono proprio questi 7 miliardi che dovrebbero provenire dalla lotta all'evasione fiscale. Secondo lei è una stima realistica?
Per dare un termine di paragone, la fatturazione elettronica per le Partite Iva che è stata introdotta ad inizio 2019 sta fruttando un paio di miliardi in più delle attese. La fatturazione elettronica per la lotta all'evasione viene indicata come una delle misure più efficaci. Arrivare a 7 miliardi aggiuntivi a quelli già previsti però è molto difficile.
Il governo ha messo in campo alcune misure, a gennaio 2020 entrerà in vigore lo scontrino elettronico, e per incentivare questa cosa ci sarà una lotteria degli scontrini, azione già introdotta in altri paesi come il Portogallo. Sostanzialmente uno farà l'acquisto dal commerciante, darà un identificativo, probabilmente il codice fiscale, e una volta ottenuto lo scontrino periodicamente ci sarà un'estrazione con delle vincite. Poi si è parlato anche di altre cose ma per ora sono solo delle ipotesi, come una sorta di cashback, ma per ora non sappiamo i dettagli. Anche in questo campo però non esistono miracoli e le azioni devono essere studiate attentamente per evitare effetti collaterali.
Prof. Forni, si è parlato spesso di "cuneo fiscale". Nell'aggiornamento al Def sono stati stanziati circa 2,5 miliardi dedicati alla sua riduzione: che cos'è il cuneo fiscale e a che cosa serve ridurlo?
Il cuneo fiscale è molto semplicemente la differenza tra il prezzo del lavoro pagato dal datore del lavoro ed il netto in busta paga che arriva al lavoratore. In pratica rientrano i contributi a carico del datore di lavoro, i contributi sociali a carico del lavoratore e l'irpef a carico del lavoratore: questi sono gli elementi che formano il cuneo.
L'idea di ridurre le differenze tra il costo del lavoro e il netto in busta paga è quindi duplice, da un lato di aumentare il netto in busta paga al lavoratore, quindi probabilmente aumentare i consumi, dall'altro facilitare in un certo senso un aumento minore del costo del lavoro, quindi favorire l'occupazione. Questo è un intervento che, per quello che so, nell'analisi di interventi similari fatti in passato, è risultato abbastanza efficace. Ora, i 2 miliardi e mezzo di cui si parla sono lo 0,3% del PIL quindi diciamo è solo un primo passo, d'altronde non ci sono ulteriori fondi per fare di più.