CULTURA
90 anni dalla morte di Edison: l'idea è nulla senza spirito imprenditoriale
Una volta il nostro mondo era molto più buio, sia in senso letterale che metaforico: un tempo i lampioni nelle strade erano alimentati a gas e venivano accesi ogni sera e spenti la mattina dopo. Poi tutto cambiò con l'invenzione della lampadina a incandescenza: a chi dobbiamo dare il merito? Non c'è una risposta sola: molti direbbero a Thomas Edison, ma in realtà a un'invenzione efficace si arriva tramite un processo che mette all'opera le migliori menti di una data epoca e poi il nome ce lo mette non chi ci ha pensato per primo, ma chi possiede il brevetto per il risultato più efficace partito dall'idea originaria.
In questo Thomas Edison era un maestro: non era un inventore più geniale di altri, anzi alcuni dicono che non era neppure un inventore, ma era sicuramente quello che aveva più fiuto e che sapeva, nel contempo, rendere sostenibile e remunerativa la produzione industriale di qualcosa che altri avevano "solo" inventato prima di lui, e non a caso diceva spesso che il genio è per l'1% ispirazione e per il 99% traspirazione: uno sforzo continuo per rendere non solo reale, ma anche conveniente ciò che alcuni cervelli riescono solo a immaginare. In questo senso lui è un po' l'antesignano di quel settore che oggi chiamiamo "ricerca e sviluppo": l'una non può sopravvivere senza l'altro e viceversa, ma all'epoca pochi erano riusciti a capirlo.
Anche per questo, veniva chiamato "il mago di Menlo Park": caro Mark Zuckerberg, ci dispiace ma il titolo è già stato preso (anche se parliamo del New Jersey e non della California).
Il 18 ottobre 2021 ricorre l'anniversario dei 90 anni dalla morte di Thomas Edison e noi abbiamo voluto ricordarlo insieme a Vittorio Marchis, storico dell'Ingegneria e professore di Storia della Scienza e delle Tecniche al Politecnico di Torino.
Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello
Come dicevamo, Thomas Edison era un inventore sui generis: aveva terminato gli studi a 10 anni, e a livello prettamente tecnico era meno preparato di Nikola Tesla, suo avversario nella cosiddetta Guerra delle correnti. All'inizio non era neppure particolarmente ricco, ma era riuscito a capitalizzare con prontezza ogni occasione di guadagno, e così nel tempo aveva potuto circondarsi dei migliori collaboratori. Lui ci metteva le idee e i soldi, mentre loro mettevano in pratica quello che, solo poco prima, era considerato folle.
Marchi spiega che "dobbiamo collocare la figura di Edison in quel felice momento, tra la seconda metà dell'Ottocento i primissimi anni del Novecento, in cui l'imprenditore era anche un appassionato inventore e riuniva in sé tutte le potenzialità per poter avere successo, soprattutto in un paese [gli Stati Uniti d'America] che del successo aveva fatto una delle sue più importanti bandiere. Chi come Edison aveva delle idee buone e la manualità per costruire i propri prototipi poi doveva unire queste due caratteristiche alle capacità di innovazione. L'invenzione e l'innovazione sono due momenti diversi, pensiamo anche al personaggio dei fumetti Archimede Pitagorico: lui è l'inventore, ma se non ci fosse Paperon de' Paperoni che gli prende le invenzioni e poi non gliele paga non riuscirebbe a farle conoscere e accettare dal grande pubblico. L'imprenditore è quindi un mediatore, uno che ha i soldi per potere prendere un'invenzione e metterla in produzione, ma soprattutto è in grado di convincere la società che questa invenzione può diventare un bene di consumo. Questo è quello che faceva Edison".
Marchis procede spiegando la questione un po' spinosa dell'invenzione della lampadina e raccontandoci la Guerra delle correnti e di come Edison fosse troppo in anticipo sui tempi: la sua corrente continua, che all'epoca in America dovette cedere il passo a quella alternata di Tesla, nel Ventunesimo secolo ha trovato una sua dimensione (è quella della batterie del computer e dei cellulari, ma anche delle auto elettriche e dei monopattini).
C'è da chiedersi se, al giorno d'oggi, esistano ancora figure del genere o se le abbiamo perse nei meandri del progresso.
Secondo Marchis no: "La nostra società ha cambiato paradigma, ha cambiato le regole del gioco: ai tempi di Edison c'era il paradigma della macchina, che metteva a confronto l'individuo con l'oggetto, con la macchina, con l'invenzione. Ultimamente la globalizzazione, ma soprattutto la rivoluzione digitale, hanno spostato il paradigma della macchina alla rete, non solo nel senso di internet, ma rete di cervelli, rete di persone che pensano e che inventano, tant'è vero che nessuna invenzione ora nasce nel laboratorio di Archimede Pitagorico, ma nasce all'interno di un'impresa che ha molti servizi e rapporti con l'esterno. È anche vero che la realtà industriale, e soprattutto universitaria, attuale sta cercando sempre più, con le cosiddette startup, di trovare il modo di realizzare le idee partendo dai giovani, passando dal concetto che si ha sulla carta, o nella mente dell'inventore, a un prototipo. Però una volta che si ha il prototipo è necessario non soltanto brevettarlo, ma anche trovare sia l'impresa in grado di produrlo sia soprattutto il sistema in grado di diffonderlo come innovazione, perché l'innovazione ha bisogno sì dell'imprenditore ma anche del network generale".
Edison sarebbe stato in grado di fare tutte queste cose? A noi viene da dire di sì, ma purtroppo non si è ancora trovato il modo per brevettare figure come la sua e produrle su larga scala.