SCIENZA E RICERCA

Astronomi italiani scartano teorie alternative alla materia oscura

La materia oscura è uno dei grandi misteri della cosmologia. Anche se non siamo in grado di vederla direttamente, la sua esistenza è indirettamente confermata dagli effetti gravitazionali che essa ha sulla materia comune, evidenziati da osservazioni che si estendono dalla scala galattica alle scale cosmologiche. Su scala galattica essa è necessaria, ad esempio, per spiegare correttamente il movimento delle stelle e del gas nelle galassie. Le materia visibile contenuta nelle galassie non è in grado di generare un'attrazione gravitazionale sufficiente a spiegare il movimento stellare e del gas. La soluzione solitamente proposta è l'esistenza di una materia invisibile, costituita da particelle: la fantomatica materia oscura, per la prima volta discussa in uno studio di Ernst Öpik nel 1915. La materia oscura è necessaria anche per spiegare la crescita delle strutture cosmiche, in particolare le piccole "anisotropie" in temperatura (ovvero differenze nella temperatura misurata nelle diverse direzioni) della radiazione cosmica di fondo alle microonde dalle quali si deduce che, in media, la materia oscura è circa 5 volte più abbondante della materia ordinaria.

Un gruppo di ricercatori, Davi C. Rodrigues (brasiliano, Ufes, Brasile), Valerio Marra (italiano, Ufes Brasile), Antonino del Popolo (italiano, università di Catania) e Zahra Davari (iraniana, Bu Ali Sina University, Iran) hanno dimostrato che le ipotesi alternative alla misteriosa materia oscura - in particolare la Modified Newtonian dynamics (Mond), proposta da Mordehai Milgrom all'inizio degli anni '80 del secolo scorso -  non sono compatibili con le osservazioni, rafforzando la necessità dell'esistenza di questa sostanza al fine di comprendere il funzionamento dell'universo. Per raggiungere tale conclusione, hanno usato dati di ultima generazione ottenuti con una combinazione di telescopi spaziali e terrestri, come il Spitzer Space Telescope e il Very Large Array. Analizzando attentamente l'azione della forza gravitazionale nelle galassie i ricercatori hanno mostrato che solo la presenza di materia oscura potrebbe spiegare il loro comportamento. I risultati del lavoro sono stati pubblicati lunedì 18, nella prestigiosa rivista Nature Astronomy.

L'ipotesi principale utilizzata dagli scienziati come alternativa alla materia oscura si basa sull’idea che la legge di gravità, proposta da Isaac Newton più di 300 anni fa e affinata da Albert Einstein con la relatività generale, necessiti una revisione e modifica. Le cosiddette teorie di Gravità modificata sono decine.

Nel caso particolare della Mond, la forza di gravità funziona in modo diverso in diverse parti della galassia, essendo più intensa di quanto previsto da Newton e Einstein nelle regioni dove la gravità sarebbe, in linea di principio, molto debole.

Il team ha studiato attentamente la distribuzione delle stelle e il movimento del gas in quasi 200 galassie vicino alla Via Lattea. Lo studio ha dimostrato che la teoria alternativa richiede regolazioni individuali di uno dei parametri fondamentali da galassia a galassia, il che è in contrasto con l’idea stessa di modifica universale della gravità. "Questa è forse la prova più forte contro teorie alternative alla materia oscura, quali Mond, che assumono l’esistenza di una scala universale di accelerazione", dice Davi Rodrigues, leader dello studio e professore presso l'università federale dello Espírito Santo. Secondo lui, solo poche galassie sarebbero sufficienti per scartare il modello, ma la combinazione di tutte le 200 galassie fa sì che la probabilità che questa teoria sia corretta è inferiore al 0,000000000000000000001%.

“Questo studio conferma l’esistenza della materia oscura” dice Valerio Marra, scienziato che si è formato all'università di Padova e professore all'università federale dello Espírito Santo, “ma c'è ancora molto da dire: “Probabilmente la materia oscura è molto diversa da ciò che immaginiamo oggi, ma sicuramente Mond non è la soluzione al problema della cosiddetta “massa mancante”.

Valerio Marra, ricercatore alla Ufes, Vitória, Brasile, coautore dello studio. Intervista di Francesco Suman.

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