UNIVERSITÀ E SCUOLA

Censis e gli altri: è tutta questione di ranking

Quinta. Anzi no: seconda. Oppure? Verrebbe da dire: ognuno prenda il suo biglietto e si metta in fila – o meglio – in classifica. Parliamo dei ranking, strumenti quanto amati (quando si sale in classifica), quanto odiati (quando ci si posiziona male) dalle università italiane e non solo.

Ne va del prestigio dell’istituzione, del lavoro svolto in un anno e – di conseguenza – anche del numero di immatricolati che possono giungere alle porte del nuovo anno accademico.

Ultima a uscire, il 3 luglio 2018, la classifica del Censis. Si tratta del ranking ovviamente più autorevole in Italia, che ormai da decenni influenza il prestigio degli atenei della Penisola, divisi tra mega atenei (oltre 40.000 iscritti), grandi atenei (da 20.000 fino a 40.000 iscritti), medi atenei (da 10.000 a 20.000 iscritti), piccoli atenei (fino a 10.000 iscritti) e Politecnici.

Sgomberiamo ogni dubbio: l’università di Padova, con il Censis, migliora la sua posizione rispetto al 2017, riagguantando il secondo posto in classifica tra i mega atenei a pari merito con l’università di Firenze e dietro all’eterna rivale di sempre: Bologna, prima in Italia: “Rimaniamo sempre ai vertici – dice il rettore Rosario Rizzuto – siamo tornati al secondo posto generale con un primato nella comunicazione e nei servizi digitali su cui vogliamo continuare a insistere”.

L’ateneo padovano eccelle in settori quali la comunicazione e i servizi digitali (primo assieme all’università di Torino), è secondo per l’internazionalizzazione, settimo per le borse di studio, terzo per i servizi, sesto per le strutture. Penalizzato sulle borse di studio per dei ritardi non dipendenti dall’ateneo sull’erogazione dei finanziamenti e probabilmente su una raccolta dati a livello nazionale non del tutto precisa per quanto riguarda le strutture (dove comunque la realizzazione del campus all’interno dell’ex caserma Piave avrà un peso notevole).

Tutto ciò ci interessa molto, per scontati motivi, ma non ci dice (non può dirci) tutto. Quali sono i parametri con cui sono redatte queste classifiche? Come è possibile che Padova sia seconda per il Censis, ma quinta – a titolo di esempio – per il ranking internazionale di QS, uscito poco più di un mese fa? E soprattutto: come mai cambiano i diretti contendenti? Per il Censis Bologna è la corazzata da sconfiggere e Firenze lo sparring partner da contrastare. Per QS, invece, Padova si trova al quinto posto nella classifica nazionale italiana, ma sopra di lei non c’è Bologna, bensì l’università “Sapienza” di Roma, la Scuola Normale di Pisa, la Sant’Anna di Pisa e (primo in classifica) il Politecnico di Milano.

L’elenco sarebbe lungo e le squadre in campo continuerebbero a cambiare. Così come gli arbitri: i veri artefici poi delle classifiche tra regolamenti, parametri e criteri di assegnazione dei punteggi.

Attenzione, con questo non si vuole demonizzare uno strumento che ha sicuramente il pregio di dare delle indicazioni preziose per gli atenei che poi potranno esercitare – volendolo – i necessari correttivi per migliorarsi. Ma non si può nemmeno prendere per oro colato tutto quello che i ranking dicono. “È necessario utilizzare i ranking lungo più direttive – spiega Giulio Vidotto, responsabile della commissione ranking dell’università di Padova – sono importanti perché guidano la scelta degli studenti per l’iscrizione, a volte anche per le attribuzioni finanziarie, però costituiscono un elemento importante per comprendere in termini comparitivi dove la nostra università è forte o dove ci siano delle debolezze”. D’altra parte, bisogna essere molto attenti nella lettura delle classifiche, perché, lo ripetiamo, parametri diversi possono influenzare molto le classifiche.

Anche a un profano possono risultare chiare alcune differenze, però fondamentali. Il Censis, per esempio, divide gli atenei italiani per grandezza del numero di iscritti ed “esclude” tra i mega atenei i Politecnici, appunto perché “tecnici” e difficilmente assimilabili – per corsi di laurea, didattica e ricerca – ad atenei omnibus, generalisti per antonomasia (come Padova). QS non fa alcuna distinzione tra università più o meno grandi (come se Harvard fosse considerata sullo stesso piano di Bologna per numero di iscritti e via dicendo) e utilizza altri parametri di verifica inesistenti, ancora, nel Censis. Ad esempio? Lo si è detto prima: Censis analizza servizi (alloggi, pasti ecc…), borse di studio, internazionalizzazione, comunicazione e servizi digitali e strutture. Cosa manca (che invece rientra in QS)? Didattica e ricerca – osiamo dire – caratteristiche fondamentali per valutare l’operato di un’università. “Occorre sempre avere presente l’insieme di riferimento – spiega ancora Vidotto – e verificare quali sono gli indicatori. Quelli di QS e Censis sono diversi e verificano caratteristiche diverse. Dal momento in cui prendiamo il ranking QS e lo si divide come fa il Censis, le classifiche poi diventerebbero molto simili”. Fermo restando, appunto, che è difficile, se non impossibile, fare paragoni senza fare le opportune differenze in termini di grandezza, finanziamenti e forma di organizzazione tra atenei diversi: “Un mega ateneo, generalista, ha problemi diversi rispetto a un piccolo ateneo o con uno tecnico. Così come è ovvio che i ranking internazionali hanno indicatori costruiti sull’idea delle università americane e nord europee, che non hanno vincoli su assunzioni, rette degli studenti e così via. È un mondo diverso ed è molto difficile competere, perché non abbiamo gli stessi strumenti a disposizione”. Padova sta lavorando con l’università di Bologna e con la Crui per realizzare una commissione che cerca di individuare una metodica comune per rilevare i dati poi da fornire alle diverse agenzie internazionali.

In definitiva bisogna stare attenti: le classifiche rimangono intanto sempre un punto di partenza e di arrivo per migliorarsi, d’altra parte gli atenei (ma soprattutto i comunicatori delle classifiche stesse) devono stare molto attenti. Il rischio è quello di non interpretare bene i dati e di conseguenza di commettere errori grossolani. È sempre una questione di indicatori: se consideriamo, come fa la classifica di Shangai, i premi Nobel usciti dagli atenei è scontato che Padova non possa competere. Al contrario, se guardiamo al numero e alla qualità delle pubblicazioni scientifiche, Padova ha molto da dire a livello nazionale e soprattutto internazionale.

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