CULTURA

Winston Churchill a 60 anni dalla sua morte

Il 24 gennaio 1965 si spegneva Winston Churchill, il leader britannico che più di ogni altro ha incarnato la resistenza al nazismo durante la Seconda Guerra mondiale. A sessant'anni dalla sua scomparsa, è quasi sempre celebrato come un eroe, e i suoi insuccessi, che non mancarono, passano spesso in secondo piano: può capitare quando di fatto salvi un paese dal baratro in cui stava per schiantarsi.

Il film L'ora più buia (Darkest Hour, di Joe Wright, uscito nel 2017) è uno degli omaggi più intensi al suo lascito politico, ed è anche molto più di questo: raccontando i giorni drammatici del maggio 1940, quando Churchill si trovò a fronteggiare la crisi più profonda del Regno Unito, ritrae all’inizio un personaggio a tutto tondo, un guerrafondaio, un primo ministro la cui miopia bellica sconvolgeva non solo i parlamentari del suo partito, ma persino il re e il suo omologo francese.
Nel corso del film, però, pur continuando a utilizzare i classici canoni del viaggio dell’eroe, emerge invece un personaggio sfaccettato, pieno di dubbi e a tratti spaventato. Il suo tratto più caratteristico, il coraggio, non era così cieco come lo descrivevano gli avversari politici.

Perché Winston Churchill fu scelto come primo ministro

Prima dell’insediamento di Winston Churchill come Primo Ministro, il Regno Unito si trovava in una situazione bellica precaria. La leadership di Neville Chamberlain, il suo predecessore, era stata segnata dalla politica di compromesso con Adolf Hitler, culminata negli Accordi di Monaco del 1938, che avevano concesso alla Germania nazista l'annessione dei Sudeti. Anche se inizialmente era stata vista come un tentativo di evitare una nuova guerra, questa politica si rivelò un fallimento quando Hitler continuò la sua espansione, invadendo la Polonia nel settembre 1939.

Ad averlo previsto, era stato proprio Churchill, uno dei pochi che da subito aveva compreso il carattere di Hitler: Churchill considerava gli Accordi un grave errore strategico e morale, e secondo lui cedere alle richieste di Hitler non avrebbe fermato le sue ambizioni espansionistiche, ma anzi avrebbe reso inevitabile un conflitto su scala più ampia. Lo dichiarò fin da subito, senza aspettare l’invasione della Polonia nel suo discorso alla Camera dei Comuni del 5 ottobre 1938, dopo il ritorno di Chamberlain dal vertice di Monaco.

Potevate scegliere tra il disonore e la guerra. Avete scelto il disonore, avrete la guerra citazione apocrifa ma efficace

Questa posizione, con il senno di poi, rafforzò la percezione di Churchill come un politico visionario, anche se allora lo rese impopolare tra molti colleghi che ancora speravano di evitare un'altra guerra mondiale. Un anno dopo il dibattito politico vide fronteggiarsi chi sosteneva la necessità di negoziare una pace con Hitler e chi voleva invece continuare la resistenza, nonostante la situazione disperata. Chamberlain perse il sostegno sia dei membri del suo partito conservatore che della Camera dei Comuni e l’opposizione di Churchill agli Accordi fece di lui la persona più adatta per sostituirlo, perché rappresentava un leader inflessibile nella lotta contro il nazismo. Proveniente da una famiglia aristocratica e figlio di un’americana, Churchill si era giostrato per anni oscillando tra liberali e conservatori: questo ne faceva l’unico nome che poteva essere accettato anche dall’opposizione. Da qui prende l’avvio L’ora più buia, che ha visto l’attore protagonista, Gary Oldman, vincere l’Oscar. Per approfondire il rapporto storia e narrazione cinematografica, abbiamo parlato con Marco Mondini, docente di storia contemporanea, che ci ha aiutato a fare luce sulla figura di Churchill e su come il film ha rappresentato la realtà storica.

Servizio e montaggio di Anna Cortelazzo

Secondo Mondini, il film cattura bene sia la personalità del primo ministro che i fatti storici raccontati. Churchill, presentato come testardo e intransigente, fu inizialmente scelto anche da chi riteneva che il suo radicalismo avrebbe portato al fallimento e aperto la strada ai negoziati di pace, che continuavano a auspicare anche se Hitler aveva gettato la maschera. “Questi – spiega Mondini – giocarono la carta di Churchill convinti che la sua testardaggine, la sua propensione al suicidio in termini militari e politici, la sua intransigenza avrebbero spinto quella che ritenevano la parte ragionevole della Gran Bretagna e soprattutto il re a considerare tollerabile un accordo con la Germania. Ebbene, fu un calcolo profondamente sbagliato. Non solo perché in realtà un accordo con la Germania nazionalsocialista non era possibile, quanto perché Churchill in quel frangente si dimostrò un abilissimo navigatore della politica”.

Le scene inventate ma efficaci nel film "L’ora più buia"

Uno dei momenti più memorabili del film è la scena in cui Churchill scende nella metropolitana di Londra per la seconda volta in tutta la sua vita per confrontarsi direttamente con il popolo britannico. Una scena molto forte ma, probabilmente, del tutto inventata: “Non abbiamo alcuna fonte – chiarisce Mondini – che ci racconta questa scena e quindi si può desumere che in realtà sia del tutto irrealistica, però è uno di quegli inserti di fantasia che aiuta molto bene a comprendere il rapporto tra Wiston Churchill e l'opinione pubblica britannica”.

Non è l’unico episodio del genere, ce ne sono altri e sono necessari per tradurre al cinema la complessità della politica e della psicologia del protagonista. “Il film – spiega Mondini – come tutti i film inserisce degli episodi di pura fantasia, perché in qualche modo sono funzionali per dipingere la cultura e la psicologia del protagonista in un momento in cui non si possono semplicemente rispolverare tutte le fonti storiche e letterarie e proporle allo spettatore. Churchill, per esempio, non ha mai improvvisato discorsi nei suoi uffici rivolgendosi ai deputati della Camera dei comuni prima di andare a tenere il suo discorso ufficiale di fronte ai rappresentanti di tutti i partiti, e probabilmente non si è mai trovato in maniche di camicia e in disordine di fronte a una visita a sorpresa del monarca. Questo però non ci deve far dimenticare che un film come The darkest hour rispetta molto filologicamente lo sviluppo di uno scontro politico all'interno della dirigenza britannica che tra la primavera e l'estate del 1940 si ritrovò fondamentalmente spaccata in due”.

Winston Churchill tra luci e ombre

Se c’è un elemento che emerge con forza nel film è l’abilità comunicativa di Churchill. Oratore instancabile, riusciva a ispirare il popolo britannico con discorsi memorabili. “Era un maestro nell’usare la parola come arma politica – sottolinea Mondini – e non sorprende che abbia ricevuto il Nobel per la letteratura, non solo per i suoi discorsi, ma anche per i suoi scritti storici”.
Mondini cita una frase erroneamente attribuita nel film al visconte di Halifax (in realtà lo ha detto Kennedy): “Churchill ha mobilitato la lingua inglese e l’ha spedita in battaglia”. La frase non è stata, per quello che sappiamo, usata per descrivere ciò che ha fatto Churchill, ma si sarebbe adattata bene; del resto, quando la Francia sta per capitolare e tu sei rimasto isolato, l’unica cosa che ti rimane sono le parole. E, anche se tendiamo a dimenticarlo, le parole hanno una loro potenza. Si può discutere sull’etica di un primo ministro che tiene nascosta la criticità della situazione in Francia ai suoi cittadini, ma non sul coraggio di chi sceglie di tentare il tutto per tutto perché vuole “che siano pervasi da uno spirito e da sentimenti che ancora non sanno di avere”. Mentire al proprio popolo significa giocarsi molto in termini di elezioni future, e Churchill lo sapeva. Del resto si trovava lì nonostante la fallimentare campagna di Gallipoli della Prima Guerra mondiale, un fallimento che i suoi avversari, e lui stesso, non avrebbero mai dimenticato. Era un politico incline a decisioni rischiose, e sapeva benissimo che poi le cose potevano andare bene o male.

Il successo non è mai definitivo, il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta Winston Churchill

E noi lo sappiamo? Tendiamo a ricordare Churchill come un eroe, cosa che in parte è stato, ma ci dimentichiamo le sue contraddizioni. Era un sostenitore dell’impero coloniale che avversava i diritti delle suffragette e per cui il maschilismo era naturale quanto bere alcol a colazione; in un periodo della sua vita era stato addirittura un sostenitore dell’eugenetica; la sua politica, spesso pragmatica, è stata costellata da passaggi da un partito all’altro che non esiteremmo a definire da voltagabbana se non rischiassimo di incorrere nel reato di lesa maestà (o ministritudine, visto che un re c’era già).
Ci piace pensare che questa ipocrisia non gli piacerebbe: tutto si può dire di Winston Churchill tranne che non si prendesse le sue responsabilità, senza fossilizzarsi troppo sul giudizio altrui, e forse non sarebbe stato felice di essere giudicato un eroe solo con il senno di poi. Cosa sarebbe successo se, nonostante il suo coraggio, i nazisti avessero vinto? Probabilmente avremmo un’idea ben diversa.

Hitler sta attaccando con tutte le forze al suo comando. È una scommessa disperata e la posta in gioco non è niente di meno che la dominazione sull'intera razza umana Winston Churchill

Forse invece un personaggio del genere meriterebbe di essere giudicato a prescindere dal senno di poi, come una persona che accettava il prezzo delle sue decisioni e dei suoi ideali. Non aveva rinunciato alla mediazione perché credeva di poter vincere, non solo, almeno. Lo aveva fatto perché ci sono delle condizioni in cui non si può trattare (“non si tratta con i terroristi”, diremmo oggi). E questo indipendentemente dal risultato di uno scontro, non si può e basta, almeno non se si vuole mantenere un’ombra di onore anche in un’eventuale sconfitta. Possiamo essere d’accordo o meno con il suo punto di vista, ma non si può fare a meno di apprezzarne la coerenza, che è il suo vero lascito come simbolo della resistenza contro il nazismo e il motivo per cui la sua figura continua a ispirare.

L'epoca della procrastinazione, delle mezze misure, del mitigare, degli espedienti inutili, del differire sta giungendo alla fine. Ora stiamo entrando nell'epoca dove ogni azione causa conseguenze Winston Churchill

A 60 anni dalla sua morte, Churchill rimane una figura complessa, capace di incarnare tanto i valori quanto le contraddizioni del suo tempo. Un mito che il cinema contribuisce a mantenere vivo, invitandoci a riflettere non solo sugli eventi storici, ma anche sul nostro atteggiamento nei conflitti, sulla necessità di prendere una posizione per perseguire quello in cui crediamo, sapendo che farlo potrebbe anche portarci al fallimento. Se vogliamo essere coraggiosi, è qualcosa di necessario, perché il coraggio non deve sottostare all’esito, ma al principio.

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