L'Italia è quartultima in Europa per il livello di digitalizzazione del paese. A rivelarlo, i risultati DESI 2018 che riportano i progressi compiuti dai paesi europei in termini di digitalizzazione: di fronte a un panorama sempre più tecnologico, l'Italia resta immobile. Questa situazione rende urgente la necessità di migliorare le prestazioni del nostro paese, intervenendo su uno degli aspetti più cruciali: il divario digitale presente tra chi ha la possibilità concreta di accedere ad Internet e chi, a causa di fattori economici, geografici e culturali, non ce l'ha. Una disuguaglianza che, oltre ad essere un limite per lo sviluppo del nostro paese, rischia di generare nella popolazione una nuova forma di emarginazione sociale: quella digitale.
La classifica DESI 2018
Secondo l’International Digital Economy and Society Index (I-DESI), strumento che controlla il livello di digitalizzazione dei vari paesi, l’Europa è in crescita sui temi del digitale ma i progressi non sono sufficienti a ridurre il divario esistente tra gli stati membri: da una parte quelli che sembrano stare al passo con le nazioni mondiali leader dell’innovazione e dall’altra i paesi a medio e basso rendimento che rallentano il progresso digitale dell’UE. I primi posti della classifica sono occupati da Danimarca, Svezia, Finlandia e Paesi Bassi mentre gli ultimi, con tassi notevolmente inferiori, sono occupati da Slovacchia, Cipro, Croazia, Ungheria, Polonia, Italia, Bulgaria, Grecia e Romania.
L’Italia si posiziona al 25° posto fra i 28 stati membri dell’Unione Europea con un indice di digitalizzazione (strutturato in connettività, competenze digitali di base, utilizzo di Internet e digitalizzazione di imprese e pubblica amministrazione) del 44,3. Un incremento di quasi 3 punti rispetto al 2017 ma che comunque lascia distante l’Italia di quasi 30 punti rispetto al primo posto della classifica, occupato dalla Danimarca con il suo 73,7.
Come è emerso anche dal rapporto Istat “Cittadini, Imprese e ICT” del 2017, più della metà delle famiglie senza accesso a Internet da casa indica nella mancanza di competenze il principale motivo del non utilizzo della rete: il 25,3%non considera Internet uno strumento utile e interessante e il 16,2% fornisce motivazioni economiche legate all’alto costo di collegamenti o degli strumenti necessari. Molto poche sono invece le famiglie che indicano tra le motivazioni quelle legate alla tutela della privacy (2,4%) o la mancanza di disponibilità di una connessione a banda larga (2,9%).
Nello specifico, per quanto riguarda la connettività, l’Italia raggiunge un punteggio pari a 52,8 piazzandosi al 26° posto della classifica europea. La percentuale di copertura delle reti fisse nel nostro paese, che è rimasta invariata rispetto al 2017, è pari al 99%. Per quanto riguarda la copertura della banda larga veloce (NGA) si è assistito a un ulteriore incremento rispetto all’anno scorso, passando dal 72% all’87%. Stessa cosa per la copertura della banda larga mobile che passa dall’86% all’89%. I dati più preoccupanti sono quelli che riguardano la banda larga ultraveloce che evidenziano un ritardo del nostro paese rispetto agli altri paesi europei: la percentuale di copertura è del 22% rispetto a una media europea del 58%.
Nel corso dell’ultimo anno si è assistito a un leggero miglioramento che però non è bastato per far risalire la classifica DESI al nostro paese. Rispetto a questo incremento di digitalizzazione va riconosciuta l’importanza delle recenti iniziative che mirano a promuovere la connettività ultra veloce su tutto il territorio italiano: la Strategia per la crescita digitale 2014-2020 e la Strategia nazionale per la banda ultralarga. Fondi che hanno come scopo la graduale riduzione del digital divide, a sostegno dello sviluppo della banda larga ma che, per ora, sembrano ancora lontani dal raggiungimento di questo obiettivo.
Sul fronte del capitale umano, che comprende digital inclusion e skills, l’Italia è scivolata ulteriormente verso il fondo della classifica, passando dal 24esimo al 25esimo posto. Stabile il numero di utenti Internet, in lieve aumento il numero di specialisti TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e in flessione i laureati in materie scientifiche STEM.
Complessivamente il rapporto boccia l’Italia sulle competenze digitali: peso la mancanza di una strategia globale mirata al miglioramento delle abilità informatiche della popolazione. Nel sommario del report vengono citate diverse iniziative a favore della diffusione della cultura digitale nel nostro paese che, finora, non sono sembrate sufficienti a migliorare la situazione complessiva.
“ “L'Italia manca ancora di una strategia globale dedicata alle competenze digitali, lacuna che penalizza quei settori della popolazione, come gli anziani e le persone inattive, che non vengono fatti oggetto di altre iniziative in materia”. DESI, 2018
Non ci sono stati progressi per quanto riguarda l’uso dei servizi Internet: l’Italia conferma il suo penultimo posto in classifica. L’utilizzo dei servizi in rete come shopping online, servizi bancari e social network ha subito un lieve aumento ma la lettura delle notizie online si colloca al di sotto della media europea (56% contro il 60% del 2017). Questo fenomeno potrebbe essere dovuto all’aumento dei servizi a pagamento da parte dei media.
Sono stati evidenziati dei progressi delle imprese italiane sul fronte dell’integrazione delle tecnologie digitali che non sono bastati però a migliorare la posizione in classifica dell’Italia che è comunque retrocessa dal 19esimo al 20esimo posto, a causa di una più rapida evoluzione degli altri paesi europei. Le imprese italiane si collocano al di sopra della media per quanto riguarda l’utilizzo di soluzioni di e-Business come lo scambio di informazioni elettroniche e RFID. Il rapporto pone l’accento nella strategia denominata Piano Impresa 4.0 in cui le detrazioni fiscali sugli investimenti correlati a Industria 4.0 (beni strumentali, software, macchinari e attrezzature industriali) sono state prorogate fino alla fine del 2018.
Per quanto riguarda i servizi pubblici digitali, il rapporto rileva una disponibilità di servizi al di sopra della media con un numero di utenti molto basso che dovrebbe però utilizzarli. Dati che conferiscono al nostro paese l’ultimo posto della classifica UE e che potrebbero essere il sintomo di un’utilizzabilità dei servizi pubblici scarsa. Per quanto riguarda l’uso dei servizi di sanità digitale, l’Italia si posiziona bene collocandosi all’8° posto fra gli stati europei, con 16 regioni su 21 che hanno adottato la cartella sanitaria elettronica.
Il digital divide in Italia
Nell'insieme, i risultati dell'indagine rivelano un quadro non troppo felice: tra le possibili cause il digital divide, traducibile letteralmente in divario digitale, presente all’interno del nostro paese e determinato da una molteplicità di fattori: economici, geografici, sociali, culturali. Fattori che hanno un' importanza essenziale nella possibilità di accedere alle tecnologie informatiche sono sicuramente quelli di tipo geografico in cui si vede coinvolto in primis il rapporto tra Nord, Centro e Sud del Paese ma anche quello tra paesi minori e maggiori, tra città e campagna. Anche le condizioni economiche hanno un effetto sul livello di accesso alla società dell'informazione, così come i fattori legati al genere e all’età. Per ultimi un terzo tipo di problemi, forse quelli più difficili da individuare: le differenze culturali, che si traducono in conoscenza, propensione e capacità operativa di ogni singolo individuo a operare in un ambiente tecnologico. Tra le categorie più minacciate dall’esclusione digitale troviamo infatti i soggetti anziani, le donne non occupate, gli immigrati, i disabili, le persone detenute e in generale chi possiede bassi livelli di istruzione.
La locuzione “digital divide” viene usata per la prima volta agli inizi degli anni Novanta dal presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, e dal vice-presidente Al Gore in merito alla tesi secondo cui il mancato utilizzo di Internet può dare luogo ad una nuova forma di disuguaglianza sociale. Il tema del digital divide è correlato a quello dell’esercizio dei diritti di cittadinanza nel contesto dell’Information and Communication Society. Nell’art.1 “Carta della Cittadinanza digitale”, della Legge delega n.° 124/2015, si evidenzia che ogni cittadino debba accettare l’impegno di essere competente "digitalmente" per considerarsi incluso e attivo. Dunque, affinché il cittadino possa definirsi tale, è fondamentale che egli abbia innanzitutto la possibilità di utilizzare con piena consapevolezza gli strumenti tecnologici in suo possesso.
A partire dalla lettura dei dati riportati nell'indagine DESI bisogna chiedersi cosa si stia facendo oggi in Italia per marginare questo problema e, soprattutto, quali siano le azioni necessarie per cercare di avvicinare il nostro paese il più possibile alla media europea. Le azioni concrete per il superamento di questo divario digitale potrebbero partire dall’intervento sulle infrastrutture, per garantire una copertura di rete minima che garantisca l’accesso a Internet in tutte le zone abitative.
Intervenire sulla cultura
Accanto ai problemi infrastrutturali c’è da colmare però anche il divario di tipo culturale, presente tra chi avrebbe potenzialmente i mezzi necessari all’accesso dei servizi internet ma che, per scarso interesse o “ignoranza”, non li utilizza. Questo “problema culturale” potrebbe essere risolto a partire dal sistema scolastico, rafforzando gli investimenti destinati all’importante compito di “trasmettere conoscenza”, in questo caso digitale, allo scopo di formare dei cittadini competenti e al passo con l’evoluzione tecnologica a cui la nostra società sta assistendo.
In tale prospettiva, i temi dell’accesso e dell’uguaglianza digitale assumono una notevole rilevanza nella società attuale ed emerge da un lato la necessità di superare le difficoltà tecniche relative all’accesso alla Rete e, dall’altro, l’urgenza di migliorare le competenze di quella parte di popolazione che rischia di essere vittima di una nuova forma di emarginazione sociale, quella “digitale”.
“ “L’accesso ad Internet è uno degli strumenti più importanti di questo secolo per aumentare la trasparenza, per accedere alle informazioni e per facilitare la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione delle società democratiche” ONU, Rapporto sulla promozione e la protezione del diritto di opinione ed espressione, 2011