SOCIETÀ

Il futuro di Internet nelle mani di una direttiva Ue

Il Parlamento europeo sta discutendo in questi giorni (4 e 5 luglio) la proposta di riforma della direttiva sul copyright in seduta plenaria. Dopo il passaggio al Consiglio Ue, l'approvazione definitiva del Parlamento è attesa entro gennaio 2019. Da lunedì 2 luglio Wikipedia ha oscurato le sue pagine, rilasciando un comunicato, in attesa dell'esito dell'iter del Parlamento europeo: “Anziché aggiornare le leggi sul diritto d'autore in Europa per promuovere la partecipazione di tutti alla società dell'informazione, essa minaccia la libertà online e crea ostacoli all'accesso alla Rete imponendo nuove barriere, filtri e restrizioni. Se la proposta fosse approvata, potrebbe essere impossibile condividere un articolo di giornale sui social network o trovarlo su un motore di ricerca. Wikipedia stessa rischierebbe di chiudere”.

Sono due in particolare gli articoli che stanno facendo molto discutere per le misure controverse che farebbero passare. L'articolo 11 introdurrebbe la cosiddetta link tax, ovvero una tassa sulla condivisione dei link. Questo articolo è volto a tutelare il diritto d'autore degli editori a fronte dell'alto e incontrollato numero di condivisioni di informazioni e notizie delle varie piattaforme online. In altri termini, quando viene condiviso un articolo, una notizia o una qualsivoglia informazione su una piattaforma digitale, compaiono il titolo e poche righe di sintesi del contenuto condiviso; queste poche righe (in gergo snippet) andrebbero a violare il diritto d'autore e quindi andrebbero tassate, o meglio andrebbe pagato un compenso all'editore o al titolare del diritto d'autore. La logica di questo provvedimento vorrebbe essere quella del miglioramento della qualità dell'informazione e della lotta alle fake news, ma è stato fatto notare da più voci che una simile misura, oltre a stravolgere la natura stessa di internet, strutturato proprio attorno all'idea del link ipertestuale, potrebbe risultare controproducente per gli editori stessi, che potrebbero vedere crollare la diffusione dei propri contenuti. Le piattaforme più grandi potrebbero risultare “mal disposte” a pagare questa tassa, mentre le piattaforme più piccole potrebbero essere addirittura impossibilitate. Nel secondo caso i contenuti verrebbero diffusi da pochi facoltosi colossi, riducendo drasticamente il pluralismo e andando probabilmente a detrimento di quella stessa qualità dell'informazione che la riforma vorrebbe tutelare.

Il problema dell'accentramento è reso infatti ancora più esplicito dalle critiche mosse all'articolo 13 della riforma, che affiderebbe alle piattaforme digitali stesse un sistema di filtraggio dell'upload dei contenuti: le grandi società digitali che hanno accesso a grandi quantità di dati otterrebbero la possibilità di adottare misure per controllare ex ante, prima della loro pubblicazione, tutti i contenuti caricati dagli utenti, compresa una qualsiasi immagine: qualunque cosa caricata che abbia una parvenza di ledere il diritto d'autore potrebbe essere bloccata da una piattaforma privata. Di nuovo il problema qui è che colossi come Google o Facebook hanno la possibilità di intervenire con filtri automatici, controllati da algoritmi alimentati dai big data di cui i giganti dell'IT (information technology) dispongono, mentre tutte le realtà più piccole non disponendo di una simile potenza di fuoco (e economica) verrebbero ulteriormente penalizzate. Problematica annessa è poi quella etica: secondo quali criteri o principi può un algoritmo essere responsabile della cernita dei contenuti da pubblicare o meno? Pare inoltre che i big della rete non siano particolarmente propensi a sobbarcarsi il compito di rispondere per i contenuti immessi liberamente dagli utenti.

Il giornalismo e il mondo dell'informazione stanno soffrendo una grave crisi di sistema. La logica dell'azione legislativa in discussione al Parlamento europeo sarebbe dunque quella di tutelare i titolari dei diritti d'autore (editori, giornali, ecc.) che non riescono a monetizzare adeguatamente i loro prodotti poiché nell'ecosistema digitale vi sarebbe una ingiusta distribuzione dei profitti per quanto riguarda la catena di diffusione dei contenuti online. La link tax e i sistemi di filtraggio andrebbero proprio contro la violazione di tali diritti.

Secondo Bruno Saetta però, dalle pagine di Valigia Blu, non vengono considerate le peculiarità dell'ambiente in cui queste norme sul copyright vengono introdotte: in rete, il “consumatore finale” è scomparso del tutto, sostituito dalla figura ibrida consumatore-produttore. In un simile contesto la concezione stessa di copyright va ripensata e non va considerata come un semplice mezzo per garantire ai titolari dei diritti (i distributori e i produttori) il controllo esclusivo dei loro lavori; il copyright sarebbe invece “un insieme di diritti complessi volti a promuovere la creatività nell'interesse pubblico”. Potrebbe risultare scivoloso tuttavia arrivare a definire con sicurezza che cosa sia, sia online sia offline, l'interesse pubblico. Occorre poi aggiungere che gli obblighi di monitoraggio dei contenuti degli utenti sono in contrasto con la direttiva sull'e-commerce, che vieta un controllo generalizzato dei contenuti immessi dagli utenti. È per questo che la direttiva sul copyright “suggerisce” alle piattaforme online di rispondere dei contenuti immessi dagli utenti o di introdurre “volontariamente” un forma di monitoraggio.

Lettera al presidente del Parlamento europeo firmata da personalità di spicco della rete, tra cui Tim Berners-Lee

La direttiva sul copyright ha già mobilitato alcune personalità di spicco della rete, come il creatore del Web Tim Berners-Lee, che assieme a circa 70 studiosi informatici, 169 accademici e 145 organizzazioni attive nei campi dei diritti umani, della libertà di stampa, della ricerca scientifica e dell'industria informatica, già il 12 giugno scorso ha firmato una lettera indirizzata al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani in cui viene espressa la forte preoccupazione che l'articolo 13 minacci internet così come lo conosciamo.

La questione è dunque molto delicata, ha a che fare con la libertà di espressione per quanto riguarda tutti, mentre è un discorso principalmente monetario per alcuni attori economici. Entrambe le questioni costituiscono però i due lati di una stessa medaglia: il futuro della rete. Sono in molti a sostenere che probabilmente di una regolamentazione, anche legislativa, di queste complesse problematiche del panorama digitale ci sia fortemente bisogno. Ciò tuttavia non significa che qualunque legge sia una buona legge.

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