SCIENZA E RICERCA

Georgina Mace, la scienziata che difendeva la biodiversità

Georgina Mace, zoologa, una delle scienziate più brillanti e rigorose dei nostri tempi, si è spenta lo scorso mese di settembre, per un cancro, all'età di 67 anni. Georgina era nata a Lewisham, alle porte di Londra, e aveva studiato zoologia all'Università di Liverpool, prima di fare un dottorato di ricerca negli anni Settanta all'Università del Sussex, a Brighton, attratta dagli studi di John Maynard Smith, pioniere degli approcci matematici all'ecologia evolutiva dei mammiferi. Dopo aver ricoperto varie posizioni post-dottorato - tra cui una con il celebre mammologo John Eisenberg allo Smithsonian Institution di Washington, dove aveva indagato gli impatti della consanguineità sugli animali in cattività - nel 1983 Georgina fece ritorno nella capitale britannica come ricercatrice dell'Istituto di Zoologia, il braccio di ricerca della Società Zoologica di Londra. Lì rimase 23 anni, anche come direttrice, dal 2000 al 2006. Le sue prime ricerche all’Istituto di Zoologia si concentrarono sui processi genetici ed ecologici che possono portare all'estinzione d’una specie di popolazione esigua. I risultati delle sue ricerche hanno posto le basi per valutare lo stato di conservazione di diverse specie, tra cui il gorilla di pianura (Gorilla gorilla gorilla) e hanno evidenziato il valore della tecnologia della riproduzione nella gestione delle popolazioni in cattività di specie in via di estinzione. I suoi studi su specie come l'orice arabo (Oryx leucoryx) e il cavallo di Przewalski (Equus przewalskii) furono fondamentali per orientare gli sforzi di conservazione delle due specie e, successivamente, per estensione, di tutte le specie a rischio di estinzione. Nel corso degli anni gli interessi scientifici di Georgina si orientarono sempre più verso la vitalità di una popolazione, il rischio di estinzione di una specie e la definizione delle priorità di conservazione della natura. 

Agli inizi degli anni Novanta Georgina dimostrò, per la prima volta, che il rischio di estinzione di una specie poteva essere previsto in base ad alcune caratteristiche ecologiche chiave, alla sua storia evolutiva e alla velocità con cui le sue popolazioni possono crescere, anche quando il loro stato effettivo in natura è sconosciuto. Già alla fine degli anni Ottanta i risultati della ricerca di Georgina sulla comprensione dei fattori che determinano la vitalità di piccole popolazioni avevano attirato l'attenzione dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), che da qualche anno aveva prodotto la Lista Rossa IUCN, l’inventario delle specie a rischio di estinzione a livello globale. Georgina aveva espresso molti dubbi sulle categorie di minacce dell'IUCN allora vigenti e il relativo processo di valutazione, ritenuto ampiamente soggettivo, effettuato sulla base del giudizio di esperti, invece che su dati e misure, sulla forza della personalità invece che sul peso dell’evidenza.

Avviando una feconda collaborazione con l’IUCN, insieme al biologo della popolazione Russell Lande, statunitense, nel 1994 sviluppò un sistema di valutazione basato su una serie di criteri, standardizzati, fondati sulla teoria della biologia della popolazione, che potevano essere applicati in modo trasparente e ripetibile a qualsiasi specie per valutarne il rischio di estinzione. Questi criteri includevano l’effettiva dimensione della popolazione, la tendenza della popolazione negli ultimi cinque anni e la perdita di habitat osservata o prevista. L’approccio di Mace e Lande ha consentito valutazioni complete di tutte le specie nei principali gruppi tassonomici e ha portato all'analisi di quali caratteristiche dell'ecologia, e della storia della vita delle specie, le rendessero più suscettibili agli impatti umani, e quali minacce rappresentassero il rischio maggiore. Mace e Lande proposero, inizialmente, tre categorie di minaccia: critica, in pericolo e vulnerabile. Queste categorie definivano, in termini di probabilità, il rischio che una specie si estinguesse entro un periodo specifico, per esempio in cinque anni, o due generazioni. Successivamente Mace ha allargato le tre categorie di minaccia, critica, in pericolo e vulnerabile, con altre categorie per le specie che non sono minacciate. Il sistema di valutazione sviluppato dai due scienziati è diventato lo standard mondiale per la valutazione del rischio di estinzione delle specie dell’IUCN, tutt’ora in uso.

Le prime valutazioni complete della Lista Rossa rilevarono che il 12% degli uccelli e il 24% dei mammiferi erano minacciati di estinzione. La scoperta spinse i governi dei Paesi firmatari della Convenzione ONU sulla diversità biologica (CBD), nel 2002, a impegnarsi a ridurre il tasso di perdita di biodiversità entro il 2010. Per determinare quale fosse il tasso di perdita di biodiversità, Georgina ha coordinato la redazione del capitolo Biodiversità del rapporto Millennium Ecosystem Assessment delle Nazioni Unite, pubblicato nel 2005. Il documento ha analizzato tutte le evidenze scientifiche disponibili per mostrare il tasso e la gravità del degrado degli ecosistemi e della natura, e ha dimostrato che la rapida crescita della domanda di cibo, acqua, legname, fibre e bioenergia ha provocato un’ampia perdita di biodiversità, in gran parte irreversibile. 

Nel 2000, in qualità di direttore dell'Istituto di Zoologia, Georgina ideò e sviluppò molti degli indicatori scientifici dello stato globale delle specie, e delle tendenze, negli ecosistemi utilizzati per misurare i progressi verso il raggiungimento degli obiettivi internazionali di biodiversità. Questi indicatori includevano il Red List Index, che quantifica i cambiamenti nel livello di rischio di estinzione delle specie e il Living Planet Index (sviluppato con il WWF), sulla base dei trend di abbondanza delle popolazioni di oltre 4.000 specie di vertebrati.

Biodiversity contributes a lot to us directly and indirectly. We depend on it for the food and water that nourishes us, to regulate the climate and protect us from all kinds of risks. Georgina Mace

Nel 2006, Mace divenne direttrice del Centro di Ricerca per la biologia delle popolazioni presso l'Imperial College di Londra. Lì, lavorò alla definizione degli obiettivi della conservazione della biodiversità e alla valutazione della vulnerabilità delle specie ai cambiamenti climatici. Lì studiò anche il legame tra biodiversità e servizi ecosistemici, i benefici - tangibili e non - che gli esseri umani traggono dalla natura, come il sequestro del carbonio, i medicinali o la decomposizione dei rifiuti.

Dal 2012 inziò a coltivare i suoi interessi per la contabilità del capitale naturale, il processo di calcolo degli stock e dei flussi totali di risorse naturali e servizi, in un ecosistema o in una regione, inaugurando un filone di ricerca e studi che hanno trovato applicazione nelle pratiche della conservazione della natura e nelle politiche ambientali di quel decennio. Il suo tentativo di integrare l'economia e la teoria ecologica, per definire un registro dei rischi per il capitale naturale, ha contribuito a costruire un focus efficace per il monitoraggio e la raccolta di dati. Eppure, consapevole dei limiti di questo dibattito teorico sulla conservazione e dei rischi, tra cui «mercificazione della natura», «esiti non intenzionali e potenzialmente deleteri per la conservazione», Georgina dal 2014 in poi ha lavorato per spostare l'attenzione da un prospettiva potenzialmente troppo utilitaristica del framing teoretico "Nature for People" (gestire la natura per massimizzare il valore complessivo della condizione umana) a una prospettiva più sfumata che riconoscesse le relazioni biunivoche e dinamiche tra persone e natura. Questo pensiero, che lei aveva chiamato “People and Nature”, sottolinea l'importanza delle strutture e delle istituzioni culturali per lo sviluppo di interazioni sostenibili e resilienti tra le società umane e l'ambiente naturale. Il framing “People and Nature” - che investe sia la scala locale sia quella globale e trae le sue origini intellettuali nell'economia delle risorse, nelle scienze sociali e nell'ecologia teorica - rifiuta la relazione lineare caratteristica del framing “Nature for People ”, prevedendo invece una relazione molto più stratificata e multidimensionale che è difficile da concettualizzare. Lei stessa ironizzava: "È già difficile da concettualizzare, figuriamoci da misurare e da spiegare".

Mace è stata la prima presidente non americana della International Society for Conservation Biology, e la prima donna presidente della British Ecological Society

I suoi collaboratori la descrivono come una persona rigorosa e ferma, ma leale, collaborativa, affidabile, senza pretese, disponibile. Pochi giorni prima di morire ha visto la pubblicazione di articolo a cui aveva collaborato, sulla conversione dell'habitat e la perdita di biodiversità.

Georgina Mace verrà ricordata per tutto questo. Le sue ricerche sui metodi per valutare lo stato della natura, poi su come e in che misura le attività umane fossero il motore del suo declino e, infine, su come le società possono cambiare per fornire un futuro sostenibile - hanno posto le basi alla scienza della biodiversità e alle politiche per contrastarne il declino. Le sue intuizioni sono alla base delle leggi e delle politiche di conservazione in tutto il mondo.

In più, Georgina ha sostenuto con forza l'idea che il benessere umano dipenda dalla protezione della biodiversità e che non possiamo continuare ad accettare la sua perdita come ineluttabile, in nome del progresso. La sua influenza è stata forte e può essere trovata in ogni angolo della biologia della conservazione, e nelle connessioni tra natura e giustizia sociale che ha contribuito a cementare nella politica. La sua influenza continuerà a crescere grazie a generazioni di scienziati e colleghi incontrati nel corso della sua illustre carriera.

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