CULTURA

Un giallista grande scrittore, qualche capolavoro noir: Izzo e Marsiglia

Non è mai troppo tardi per cominciare a leggere un grande scrittore. È sempre il tempo di rileggere capolavori. Anche se quell’autore e quel romanzo vengono incasellati all’interno di un genere letterario specifico, anche se quel capolavoro tratta di crime&detection. Contano lo stile, la qualità della scrittura, le poetiche messe in campo, i registri emotivi che si attivano, la capacità di narrare sapiens ed ecosistemi, come e perché si mettono insieme parole e frasi che altri potranno forse leggere.

Jean-Claude Izzo è stato uno straordinario indimenticabile scrittore francese, autore di vari capolavori, poeta giornalista sceneggiatore drammaturgo romanziere, operatore culturale e viaggiatore con il corpo e con la mente, nato a Marsiglia il 20 giugno 1945, figlio di Gennaro, immigrato lì dall’Italia, Castel San Giorgio (vicino Salerno), e di Isabelle Navarro, detta Babette (casalinga francese, figlia di immigrati lì dalla Spagna). La sua adolescenza ha avuto molto a che fare con i libri e con la politica (a lungo l’impegnato movimento di Pax Christi), alimentando le origini italiane. Nel 1962, appena diplomato, diventa commesso di una libreria ma poi il servizio militare lo spedisce a Gibuti, nel Corno d'Africa, 5° Reggimento d'Oltremare. L'esperienza lo segna, si radicalizza nel pacifismo, protagonista di episodi di insubordinazione. Torna a Marsiglia con 15 chili di meno. Prima di partire aveva conosciuto una giovane engagée come lui, Marie-Hélène Bastianelli, detta Milène, che ritrova al suo ritorno e sarà la madre dell’unico figlio, Sebastien. L’apprendistato lavorativo avviene con il giornalismo-comunismo (PCF) nella Marseillaise (non senza galera e altri lavoretti), finché non abbandona compagna e figlio, verso Parigi e altrove, tanti amori.

Fa vari lavori, sempre scrivendo e, successivamente a vari libri di poesie e articoli di giornale, è del 1993 il primo romanzo con protagonista tal Fabio Montale (anche lui con padre italiano, di poetico cognome), pubblicato due anni dopoda Gallimard nella Série Noire, Total Kheops (1995), appunto Casino totale, in Italia grazie a Massimo Carlotto (Edizioni e/o, 1998, traduzione di Barbara Ferri). Ebbe subito grande successo di critica e di pubblico, poi trasposizioni televisive e cinematografiche. Se cominciate, dal principio o meno, non smetterete più di leggerli, la serie e il resto, tutto su Marsiglia, immersa nel noir mediterraneo. Purtroppo, Izzo è morto nella sua città il 26 gennaio 2000 per un tumore ai polmoni, entrando però prima e per sempre nel pantheon e nel mito. Si moltiplicano giustamente i militanti omaggi postumi. Proviamo a ripercorrere rapidamente tratti della sua significativa bio-bibliografia.

La trilogia marsigliese ha al centro un poliziotto, Fabio Montale si diceva. Nato nel quartiere denominato Le Panier e vissuto nel quartiere italiano marsigliese, dopo aver fatto il flic a Belleville si trova ora ancora nella sua città in un ruolo marginale: contribuire a ristabilire e, possibilmente, a mantenere l'ipotetica quiete nel quartiere in cui era cresciuto e nel quale aveva passato le proprie infanzia e adolescenza con due carissimi amici Manu e Ugo (Pierre Ugolini), svezzati fra i poveri del porto di Marsiglia. Dopo una rapina con sparo, la vita prese strade diverse per loro, criminali avventurose poliziesche, fino a che fra un marzo e un giugno Manu e Ugo vengono uccisi con cinque e tre pallottole nella schiena. Di mezzo ci sono clan, mafie e Front National, trafficanti, spacciatori e fascisti. Fabio si troverà a soffrire e dover pure indagare.

Montale non era del tutto convinto (sotto vari fronti) delle scelte compiute fino a quel momento e la vita gli riserverà, comunque, altri drammi e morti da affrontare. Il primo romanzo inizia con l’amico Ugo, anche lui di origini italiane, che torna a casa dopo una lunga assenza dovuta ai viaggi in varie parti del mondo. Il rientro è dovuto alla morte di Manu, l’altro fraterno amico, per cause ancora sconosciute. Il primo posto da raggiungere è Rue de Refuge, la prima persona da vedere è la bellissima Lole, vecchia amica di tutti e tre (quasi tutto era in comune fra loro) rimasta ancora in città. Grazie a Batisti, vecchia conoscenza dei due, Ugo riesce a focalizzare la persona alla quale attribuire l'omicidio, il mafioso Charles Zucca. Ne organizza pertanto l'omicidio nei minimi dettagli e riesce nella vendetta. Durante la fuga, tuttavia, viene intercettato dalla polizia che lo uccide; poi sul posto arriva Fabio, scosso.

Montale successivamente viene chiamato dal padre di Leila, intelligente universitaria conosciuta e amata poco tempo prima a causa di un disguido, che lo informa che la ragazza è scomparsa. Comincia così a indagare sui due casi in maniera simultanea. Qualche sera dopo, Fabio è testimone dell'uccisione del capo del clan arabo Al Dakhil, mentre stava entrando nel locale marsigliese Le Commandarie. Ecco che collega l'omicidio con quello avvenuto pochi giorni prima di Zucca e riesce successivamente, con la “trombamica” giornalista Babette Bellini, ad avere informazioni sui traffici illegali marsigliesi e sulla situazione mafiosa coeva. Qualche giorno dopo il corpo di Leila viene trovato senza vita, nudo, in una via di campagna non lontana dal ristorante.

Grazie a qualche informazione estorta e, nuovamente, all'aiuto di Babette, Montale riesce a individuare i soggetti che sembrerebbero coinvolti sia nella morte di Manu che in quella di Leila. Quest'ultima è stata uccisa da un membro della mafia marsigliese, Toni, per gelosia. I proiettili utilizzati sono gli stessi utilizzati per Al Dakhil. Capi della banda (di cui fa parte lo stesso Toni) sono i fratelli Poli, Joseph ed Emile, proprietari del ristorante Le Commandarie (ovviamente). Emile inoltre è sposato con Simone, la figlia di Batisti, procuratore di lavori per Manu nonché colui che aveva dato in precedenza, consapevolmente, l'informazione errata a Ugo riguardo all'uomo da uccidere. Dopo una breve storia con Simone, Manu aveva deciso di tornare da Lole. Non vedendoci più dalla rabbia e dal dolore era stata Simone a ucciderlo. Venuto a capo dei due omicidi, Montale torna a casa dove trova Lole ad aspettarlo, intenzionata a rimanere…

Ci siamo capiti. Un guazzabuglio concentrato di eventi, matasse emotive e criminali da sbrogliare in una persistente dimensione tragica, che addirittura si accentuerà nelle storie successive, qui fra omaggi a poeti e ritmi musicali. Il titolo francese arriva da un brano del gruppo rap IAM (ma si ascoltano pure Paolo Conte, Ferré, Clapton) e indica la Marsiglia di allora, con tanti “qualcuno” che si trovano in situazioni particolarmente complesse, nelle quali non riescono a trovare un’uscita risolutiva. Il protagonista è uno strano misero “marginale” poliziotto-educatore di periferia (nei quartieri nord), verso la 45ina di anni e la 70ina di chili, capelli neri e pelle olivastra, padre originario proprio di Castel San Giorgio (sotto Napoli e Sarno), emigrato per sfuggire alla dittatura fascista, lui pescatore solitario, perdente con pochi soldi consumati in fumo, alcol e donne, “disgustato” solo dalle armi, assomiglia abbastanza all’autore. Non mancano tante ricette meticce. Dopo il prologo, Fabio Montale racconta in prima persona in tempo reale (pazientemente chandleriano), con desolata tensione sociale, ritmo denso e sincopato, frasi scolpite ed efficaci.

La struggente trilogia di Izzo si completa con Chourmo. Il cuore di Marsiglia (originale 1996, ancora e/o e Ferri 1999) e con Solea. Il terzo atto (orig. 1998, sempre e/o e Ferri, 2000), incipit e percorsi di liriche tragedie. Nel meraviglioso secondo romanzo, il mese è settembre, siamo in una casa ristrutturata del Panier (sempre vicino a Place de la Lorette) dove vengono uccisi al piano di sopra Hocine e Draoul (algerino, storico dell’archeologia) e sull’uscio del monolocale al pianterreno l’alto e magro 16enne Guitou. La madre del ragazzo è la bella 48enne Gèlou, cugina di Montale (qui circa 45enne), che adesso si è dimesso dalla polizia, pesca con la barca da dis-occupato in una casetta a Les Goudes; Lole è la sua compagna (ora dalla famiglia in Spagna). Lui si butta a capofitto nell’indagine, preso dal valore primario del chourmo, l’incontrarsi e l’immischiarsi, contro ogni razzismo.

Nell’ultimo romanzo, Montale riceve finalmente notizie di Babette nel modo peggiore: i cattivi cominciano a uccidergli persone care, minacciando di continuare finché non la consegnerà loro. Babette ha concluso l’inchiesta sulla mafia, trovando le insospettabili diramazioni francesi e tirandosi dietro una terribile scia di sangue; è fuggita, riempendo i dischetti di dati e nomi; si è rifugiata in un villaggio delle Cévennes e li ha spediti a Fabio che non ha mai ucciso nessuno e continua a essere quasi disoccupato (fuma, beve, pesca), vive ancora a Les Goudes, in R5, pastis e Lagavullin, da un anno barista pomeridiano per pagarsi benzina, sigarette e giri notturni in città, dove c’è pure una nuova commissaria, l’alta bella Hélène Pessayre. Ma, come sempre, non si sa di chi fidarsi per non essere colpiti alle spalle, nonostante Miles Davis e la colonna vertebrale del canto flamenco.

I successivi romanzi di Izzo extra-trilogia sono altrettanto e forse ancor più belli. Ruotano su Marsiglia e non vanno citati a caso i “luoghi” di Montale. Esiste quella città che si raggiunge facilmente per mare, per terra e per cielo. Prenotando un traghetto dalla Corsica o dalla Sardegna, oppure dall’Algeria o dalla Tunisia. Oppure decidendo di fare sette ore di treno da Milano (meno da Parigi) o guidare in auto dall’Italia (dipende da dove partite) in una combinazione di autostrade dal pedaggio salato con una sfilza (utile) di autovelox. Oppure ancora atterrando a Marseille-Provence, l’aeroporto a Marignane, circa ventidue chilometri a nord. Inutile parlarne, però, perché: “Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere. La sua bellezza non si fotografa. Si condivide. Qui, bisogna schierarsi. Appassionarsi. Essere per, essere contro. Essere, violentemente. Solo allora, ciò che c’è da vedere si lascia vedere” (Jean-Claude Izzo, Casino totale, pag. 33).

Attraverso le parole di Izzo, Marsiglia diventa una città talmente reale che si riesce ad annusarla, ad assaggiarla, a “camminarla”, persino a toccarla. Non c’è bisogno che ci siate già stati o che progettiate di andarci, i suoi romanzi già consentono di “leggerla”, appagandosi del testo e del contesto, immersi nel noir mediterraneo. Ecco così che l’ottimo scrittore, libraio e traduttore Vins Gallico (Melito Porto Salvo, Reggio Calabria, 1976) ha appena realizzato un’intelligente scelta letteraria: presentare la città di Marsiglia per il tramite delle parole scritte dall’eccelsa personalità marsigliese in opere di fiction: Vins Gallico, A Marsiglia con Jean-Claude Izzo, Giulio Perrone Roma, 2022, pag. 251 euro 16.

Gallico organizza il suo viaggio letterario in ventinove capitoli, intitolati ad argomenti (pied-à-terre e pieds-noirs, la vergogna e così via), posti (la banchina, il Panier, la Joliette e così via), collettivi (le canaglie, il PC, i marsigliesi in quattro scene e così via) e altri temi “izziani”. Dopo le brevi conclusioni colloca un lungo trentesimo autobiografico capitolo in cui spiega come e perché è voluto comunque tornare di recente a Marsiglia, capitale del mondo meticcio, pur avendo scelto di raccontarla solo con lo sguardo (sempre “occhi nuovi”) e le frasi di Izzo (tratte da sette volumi, tutti Edizioni e/o). Nel primo capitolo aveva spiegato di essersi appassionato a Izzo quando si trovava a studiare a Göttingen da emigrante politicizzato (per sette anni). Il testo ha al centro lo scrittore scomparso nel 2000: “dopo di lui, Marsiglia da scena si è trasformata in un anfiteatro greco, sfruttando la sua costituzione a scaloni. Uno si siede là e può scrutare il mondo. O sé stesso. O il vuoto. O il mare”. Utili e appassionanti le dettagliate argomentate appendici sui film e sui libri relativi alla città, “sempre sotto la lente di Jean-Claude Izzo”.

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