I dati sulla biodiversità e sulla perdita di varietà di specie stanno peggiorando, sempre più velocemente. Su Nature, alla fine di maggio, si fa il punto della situazione e si ricorda come sia urgente prendere delle decisioni con valore transazionale. La conferenza delle parti della convenzione dell’ONU sulla biodiversità biologica si è riunita, nel 2021 in Cina, ha indicato alcune politiche da introdurre per interrompere la strage della biodiversità. Ma i soldi investiti – si dice su Nature – sono troppo pochi: cifre esigue rispetto a quanto necessario per aumentare le aree protette, stroncare il commercio illegale di animali, concause dell’aumento di probabilità delle pandemie.
Poi c’è la guerra che allontana sempre di più la possibilità di avere tavoli internazionali sulla biodiversità. E c’è un ulteriore elemento di preoccupazione: il Paese che ospiterà il prossimo incontro è la Cina, la quale ha ritardato – a causa della pandemia – questi incontri per due anni. Non si comprende chi governi questo processo, da dove provengano i fondi per la biodiversità e da chi siano gestiti e distribuiti. Insomma, alla Cina si chiede maggior coinvolgimento, più trasparenza e meno green washing. E qui aggiungo io un argomento: possiamo davvero chiedere trasparenza a un Paese che non è democratico e non ha una gestione democratica delle informazioni, nemmeno di quelle delicate e sensibili di grande utilità. SI può fare davvero scienza a livello internazionale quando la metà delle nazioni al mondo non sono democratiche e non rispettano le regole fondamentali della libertà della ricerca scientifica?
Infine, si propone – se la Cina non decide di convocare gli incontri – di spostare il meeting in altri Paesi. Intanto, però, voglio ricordare che in Italia – in questi giorni – all’interno dei fondi del PNRR, un centro nazionale dedicato alla biodiversità. Finalmente, una grande opportunità con fondi certi per obiettivi precisi e promuovere e comunicare, studiare la biodiversità italiana.