CULTURA

L'idea, il mistero, la lezione: Picasso in tre atti

Cinquant'anni dalla scomparsa di Pablo Picasso (che nasce il 25 ottobre 1881 e muore l’8 aprile 1973). Per celebrarne l'arte nel senso più ampio, scegliamo di esplorarne l'intuizione rivoluzionaria, di approfondire il suo contributo al film d'artista partendo dall'opera diretta da Henri-Georges Clouzot che lo vede protagonista ne Il mistero Picasso (premio speciale della giuria al nono Festival di Cannes, nel 1956), infine di rintracciarne l'eredità artistica. La riflessione in tre atti è affidata a Guido Bartorelli, docente di Storia dell'arte contemporanea all'Università di Padova.

Un’idea rivoluzionaria

"Picasso è uno dei pittori più mirabili del mondo occidentale ed è sua l'idea che segna uno spartiacque nell'arte del Novecento: Les Demoiselles d'Avignon del 1907. L'importanza del dipinto coincide con la sua stranezza: vi è un uso della geometria libera da doveri di somiglianza con il mondo che sta fuori. Le cinque donne ritratte presentano strutture formali che non derivano dall'osservazione della natura, e non sono neanche una deformazione o una stilizzazione di quel che si osserva in natura: si tratta di una costruzione ex novo. In quest'opera c'è un uso della geometria come atto mentale. Ebbene, la domanda è: si può dipingere non guardando più al di là della tela ma ragionando sulle strutture pittoriche che, nel corso del fare, si vengono a delineare? Picasso ci mostra questa via. Ciò non significa che Picasso si rifiuti di essere figurativo, lo sarà sempre: ci mostra qualcosa che possiamo riconoscere e nominare, questo è un corpo, qui c'è una bottiglia, qui una chitarra. Ma come è fatto l'oggetto? Ecco, questo prescinde totalmente dalle indicazioni che ci arrivano dalla vista: un linguaggio che inizia nel periodo cubista ma si riafferma continuamente nella sua arte. Da questa idea decisiva si apre la strada a tanto astrattismo geometrico, con basi nel Cubismo: Mondrian farà una sorta di apprendistato di fronte all'arte di Picasso, prima di concepire le sue composizioni, lo stesso vale per il russo Kazimir Malevič”.

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Un’idea rivoluzionaria (Guido Bartorelli)

"Il mistero Picasso"

"Picasso è pittura. A cinquant'anni dalla sua scomparsa, vogliamo ricordarlo nell'atto di dipingere. C'è un film che lo mostra, in persona, a Nizza, in uno studio di registrazione cinematografica: nel 1956, infatti, Picasso viene chiamato dal regista Henri-Georges Clouzot. Il mistero Picasso, Le Mystère Picasso, ci mostra quasi interamente la pittura che si fa sotto i nostri occhi, queste riprese sono a colori. Picasso ha dei pennarelli più o meno spessi, dotati di un inchiostro speciale che trapassa la tela e va a dipingerne anche il retro: la cinepresa sta dietro la tela e inquadra solo la superficie pittorica, così, noi vediamo il segno che va a comporre la pittura. Alcune tele, invece, le ultime e la minor parte, sono dipinte a olio, a carboncino o con inserti a collage: qui la cinepresa non può riprendere il retro della tela, ma segue gli stadi successivi dell'esecuzione"

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Il mistero Picasso (Guido Bartorelli)

"Ne Il mistero Picasso possiamo ammirare un gigante all'opera, ma la cosa più interessante è che non ci appare l'artista virtuoso, compiaciuto del suo talento da acrobata. Qui, Picasso inizia a lavorare sulla tela con tratti disegnativi e in questa prima fase si mostra sicuro, poi qualcosa però cambia. Quando prende i pennarelli con la punta spessa, per inserire il tratto corposo che dà il valore del chiaroscuro e del colore, si crea un disequilibrio assoluto: Picasso prova a sistemare e raddrizzare ma niente è deciso, l'artista non ha nulla in testa, inizia così un confronto e una lotta con i suoi stessi segni, continua a trasformare, crea stratificazioni, metamorfosi. A un certo punto si ferma: Basta così. Non dice: Ho finito, dice solo Basta così. Per noi è sorprendente, ma Picasso lo dichiara: questo è il suo modo di lavorare quotidianamente in atelier, ogni dipinto ne ha divorati altri, tanti Picasso precedenti. Parlando con il critico Christian Zervos, nel 1935, vent'anni prima della realizzazione del film, spiega: Per me un quadro è una somma di distruzioni, prima faccio un quadro e poi lo distruggo. Ma alla fine nulla è andato perduto, il rosso che ho tolto da un posto si troverà da qualche altra parte. Potrebbe essere abbastanza interessante fissare fotograficamente non le fasi di un quadro ma le sue metamorfosi. Forse ci si renderebbe conto delle strade che segue un cervello per realizzare il proprio sogno. Qui c'è già l'idea del cinema".

Picasso, quale eredità?

"Un artista così grande lascia una enorme eredità ma, venendo alle tendenze più vicine a noi, penso alle neoavanguardie dal 1960 in poi, forse Picasso non è l'artista di riferimento. Lo è di più Marcel Duchamp. Perché Picasso è pittore fino in fondo, è artista del fare, che utilizza le proprie mani anche quando fa scultura: le sue sculture sono perfettamente in simbiosi con una manualità che nasce dallo straordinario gesto del pittore. La sua lezione riemerge, anche in coincidenza con periodi in cui la pittura viene data per spacciata: quante volte abbiamo sentito parlare di morte della pittura, è in quei momenti che ritorna Picasso. In tempi recenti, pensiamo all'ultima Biennale di Venezia, quanta pittura ha presentato la mostra di Cecilia Alemani nel Padiglione centrale ai Giardini: le cose sono traslate, certo, non si ripetono mai uguali ma, in quelle deformazioni, quanto picassismo abbiamo ammirato".

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Picasso, quale eredità? (Guido Bartorelli)

"Fermiamoci, poi, a riflettere su cosa sia stata Guernica, per tanti pittori una vera e propria ossessione. Nel 1946, appena conclusa la guerra, viene scritto un manifesto Oltre Guernica, perché risultava un problema andare oltre quello che Picasso aveva mostrato nella sua tela enorme, conservata al Museo Reina Sofia di Madrid. Guernica è centrale perché ha ancora un linguaggio d'avanguardia, con il risorgere delle forme geometriche brutalizzanti verso le figure dipinte secondo una logica che prescinde dai doveri di osservazione. Al tempo stesso quel linguaggio, così sperimentale, che non cede nulla alla compiacenza verso una comunicabilità per il grande pubblico, ha un impatto sociale immenso: nel 1937 Picasso prende posizione e condanna l'eccidio causato dai bombardamenti sulla cittadina spagnola di Guernica, negli anni della Guerra civile. Questa capacità di prendere posizione, impegnarsi e andare oltre lo sperimentalismo puramente formale dimostra che si può fare qualcosa capace di assurgere a manifesto e presa di posizione fortissima contro la guerra. Questo è molto attuale".

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