MONDO SALUTE
Medicina a Padova nei secoli: esercizio fisico e salute, la lezione di Mercuriale
Opera conservata nella biblioteca medica "Vincenzo Pinali" - sezione antica dell'università di Padova. Foto Massimo Pistore, particolare
Girolamo Mercuriale, professore di medicina nello Studio di Padova dal 1569 al 1587, è tra i più importanti esponenti dell’umanesimo medico del sedicesimo secolo, ed è considerato il fondatore della ginnastica moderna, della fisioterapia e della medicina sportiva. Le sue opere sono molto ricche di riferimenti eruditi, ricavati dalla cultura medica, scientifica e letteraria classica, araba ed ebraica. I suoi interessi comprendono numerose discipline, come l’igiene, l’epidemiologia, la pediatria, la ginecologia, la puericultura, l’oculistica, la dermatologia, la tossicologia, l’otorinolaringoiatria e la storia della medicina. Il medico è riuscito ad armonizzare le differenze tra i vari autori e a presentare gli insegnamenti in un modo coerente con l’ortodossia medica del suo tempo.
Nato a Forlì il 30 settembre 1530, Mercuriale studia medicina tra Padova e Venezia e nel 1555 ottiene il dottorato in medicina e filosofia al Medicorum Physicorum Collegium (il Collegio dei Medici Fisici) di Venezia. Dopo la laurea ritorna a Forlì, dove esercita la professione medica e studia la lingua greca. Nel 1561 arriva a Roma, alla corte di papa Pio IV, e qui rimane fino al 1569 sotto l’ala protettrice del cardinale Alessandro Farnese. Nella casa del cardinale, e grazie ai numerosi viaggi, Mercuriale ha la possibilità di studiare libri e documenti antichi, che gli saranno molto utili per la stesura della sua opera più importante: De arte gymnastica.
Il libro, pubblicato a Venezia nel 1569, ha un grosso successo che, insieme alla rete di relazioni con altri studiosi del tempo, gli vale la chiamata all’insegnamento di medicina pratica a Padova. Mercuriale trascorre in città 18 anni, durante i quali pubblica la maggior parte dei suoi lavori, continuando anche la sua attività di medico di successo. Persino l’imperatore Massimiliano II lo convoca a Vienna per un consulto. Nel 1587 lo Studio di Bologna gli fa un’offerta che non può rifiutare: la cattedra di Medicina teorica e uno stipendio di 1.220 scudi d’oro all’anno, il salario più alto mai concesso ai suoi professori. Dopo soli cinque anni, nel 1592, Mercuriale si sposta all’Università di Pisa, dove viene pagato 2.000 scudi d’oro dal Granduca di Toscana Ferdinando I de’ Medici, e ne diventa anche il medico personale. Nel 1606 Mercuriale ritorna a Forlì, dove nel novembre dello stesso anno muore all’età di 76 anni.
Opera conservata nella biblioteca medica "Vincenzo Pinali" - sezione antica dell'università di Padova. Foto Massimo Pistore, particolare
Essendo un grande amante dei libri è naturale che la sua personale biblioteca ne contasse ben 1170, come è emerso dall’inventario redatto da lui stesso nel 1587. Altrettanto naturale è stato per Mercuriale diventare prima il curatore ed editore delle opere di Ippocrate e Galeno, che sarebbero stati le due grandi guide di tutta la sua carriera, e poi autore di testi propri, in particolare di medicina. Come già accennato, il suo nome è legato al De arte gymnastica, pubblicato prima nel 1569 con il titolo Artis gymnasticae, ma privo di illustrazioni, e poi nel 1573 corredato da ventisei xilografie, di cui ventuno realizzate dall’artista Pirro Logorio. L’opera è di tipo enciclopedico ed è incentrata sulla ginnastica e sull’esercizio fisico, visti come mezzi per ristabilire e conservare la salute e l’integrità del corpo. Si tratta di un concetto piuttosto antico, già espresso nei trattati di medicina greca. Nel Cinquecento la regolazione delle cosiddette “sex res non naturales” (sei cose non naturali, cioè funzioni regolabili attraverso il comportamento e la volontà) di concezione galenica, ovvero di sonno e veglia, esercizio e riposo, fame e sete, cibo e vivande, replezione e deplezione, e moti dell’animo (emozioni), giocava un ruolo fondamentale nel determinare la salute. Quindi il saper bilanciare la quiete e il “movimento”, inteso come esercizio fisico, era necessario per poter mantenere la salute. Nel De arte gymnastica Mercuriale, nella sua ricognizione storica dell’uso della ginnastica, fa prima una distinzione tra i tipi di ginnastica, per poi far notare che nel tempo si è fatto un uso diverso dell’esercizio fisico: spettacoli, intrattenimento, gare (ginnastica atletica), esercizi utili a sopportare lo sforzo fisico della battaglia (ginnastica bellica), e per preservare la propria salute (ginnastica medica). Come Galeno prima di lui, Mercuriale condanna fermamente la ginnastica atletica, a quella bellica riserva un posto solo settoriale, mentre è la medica a occupare, praticamente, tutta l’opera del medico. Mercuriale, rispetto al suo maestro, fa notare un particolare lapalissiano: non esiste una vera distinzione tra gli esercizi delle varie ginnastiche, ma solo un modo diverso di compierli e il loro fine. Nella parte finale dell’opera, composta da ben sei libri, Mercuriale si dedica alla descrizione degli esercizi, dei modi, dei tempi in cui svolgerli, fino a includere anche altre tipologie di esercizi come il pianto, il riso, gli esercizi vocali e la liberazione degli umori in eccesso.
Riprese e montaggio Elisa Speronello e Massimo Pistore
La salute è e rimane l’obiettivo di Mercuriale, che a Padova trascorre il suo periodo d’oro, non senza momenti di difficoltà. Tra il 1575 e il 1576 a Venezia scoppia un’epidemia di peste. La piaga raggiunge la città lagunare attraverso un montanaro Trentino, ma nel corso del primo anno la mortalità rimane bassa. All’inizio di giugno del 1576 i morti iniziano ad aumentare e con essi anche la preoccupazione del governo veneziano, quindi si decide di convocare in città un gruppo di professori padovani, tra cui Girolamo Capodivacca, Mariano Stefanelli, Niccolò Corte, Bernardino Paterno, con a capo di questa task force ante litteram Girolamo Mercuriale. I pareri sulla presenza della pestilenza sono fortemente discordanti: mentre i medici veneziani e i provveditori alla Sanità si dicono sicuri della presenza della piaga, Mercuriale e Capodivacca restano arroccati sulla definizione della scienza ufficiale, di origine ippocratica, della malattia, quindi negano la presenza dell’epidemia, perché fino a quel momento il male aveva colpito solo le classi più povere e la mortalità non era stata sufficientemente alta. Mercuriale, inoltre, nega la possibilità di diagnosticare la malattia in base a sintomi specifici, come i bubboni, i carboni e l’antrace. La loro tesi viene quindi accolta favorevolmente dal Senato veneziano, già molto preoccupato per il possibile isolamento commerciale e politico in caso di pestilenza conclamata. Le conseguenze di questa decisione, però, sono molto dure, soprattutto per la mancata attuazione di tutte quelle misure restrittive necessarie in caso di epidemia. Inoltre i due medici, talmente sicuri della propria diagnosi, sono scesi in prima linea visitando i malati di persona e ignorando tutte le precauzioni da usare contro il contagio. Alla fine di quello stesso mese la piaga, tuttavia, inizia a fare il suo corso, favorita dalla mancanza di profilassi, mettendo anche fine alla disputa tra i medici, e portando a un terribile bilancio: 50.000 morti su una popolazione totale di 180.000 veneziani.
Ai due professori padovani viene ordinata la quarantena a Venezia, dove vengono visti dalle folle come i colpevoli del contagio. Un errore di giudizio, quello di Mercuriale e Capodivacca, che porta alla città un danno economico e umano incalcolabile. I due chiedono, quindi, di poter tornare a Padova, in cambio di una relazione dettagliata sulla pestilenza. Nella relazione includono le raccomandazioni su come affrontare la piaga, con cui sperano di vedere riabilitata la loro reputazione. I due rientrano quindi a Padova, senza alcuna accusa, ma con dei ringraziamenti per la loro carità e disponibilità nel servire i veneziani.
Nel 1577 Mercuriale dedica alla peste veneziana alcune lezioni, pubblicate poi dal medico Zacco con il titolo De pestilentia, in cui racconta della piaga e dei sintomi, con cui cerca, in un certo senso, di riaccreditare la sua figura puntualizzando che la malattia è diventata una pestilenza dopo la richiesta del consulto. Il libro sortisce l’effetto sperato e il medico può continuare la sua straordinaria carriera scientifica e accademica.
Opera conservata nella biblioteca medica "Vincenzo Pinali" - sezione antica dell'università di Padova. Foto Massimo Pistore, particolare
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