SCIENZA E RICERCA

Un nuovo sguardo sull'Età del bronzo alla ricerca di tracce della vita quotidiana

Registrate nei resti delle abitazioni dell’Età del bronzo ci sono informazioni preziosissime che permettono di ricostruire gli aspetti sociali, economici e ambientali di un momento  chiave della storia umana, caratterizzato da cambiamenti straordinari. E’ proprio su queste tracce che si concentra il progetto Geodap, la cui particolarità è quella di spostare la scala e l'oggetto dell'indagine archeologica scegliendo di concentrarsi non sul valore dei singoli reperti o manufatti di pregio legati a contesti funerari, ma sulle strutture abitative di oltre 3000 anni fa. Quello che emerge dal record stratigrafico domestico permette infatti di scoprire molto sulle abitudini quotidiane, comprese quelle alimentari, e avvicinarsi davvero alla comprensione della vita dell'epoca e delle interconnessioni culturali tra diverse civiltà del territorio europeo.

Guidato dal professor Cristiano Nicosia, geoarcheologo del dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova a cui nel dicembre del 2020 è stato assegnato un prestigioso ERC Consolidator Grant, il progetto Geodap (il cui nome completo è GEOarchaeology of DAily Practices: extracting bronze age lifeways from the domestic stratigraphic record) si sviluppa su dieci siti archeologici di sei Paesi europei e la prima tappa si è conclusa pochi giorni fa a Povegliano Veronese, in località Muraiola dove si è tornati a scavare a distanza di quasi 40 anni dai primi ritrovamenti, quando fu scoperta una capanna con un focolare.

"Siamo tornati qui aprendo un settore di scavo affianco alle strutture che furono ritrovate negli anni '80. Adesso abbiamo maggiori tecnologie, tecniche analitiche, di rilevamento e rilievo che sono molto più avanzate rispetto al passato", spiega Nicosia.

Dal sito, uno dei più rilevanti a livello internazionale, sono emersi piani di calpestio e focolari relativi a questo abitato dell’età del bronzo. I reperti, tra cui molta ceramica, raccontano pezzi di vita dell’epoca e nel caso degli oggetti in ambra parlano anche di scambi commerciali con luoghi lontani a nord delle Alpi. Gli ossi ritrovati verranno indagati dal punto di vista faunistico e permetteranno di sapere quali animali venivano macellati e consumati. "E raccogliamo anche campioni di terreno sia per analisi micromorfologiche, quindi analisi in sezione sottile degli strati di terreno che costituiscono questo sito, sia per analisi paleobotaniche, con l'estrazione di semi, carboni, fitoliti e pollini per avere una ricostruzione delle persone che hanno vissuto qui circa 3500 anni fa", continua il geoarcheologo dell'università di Padova. 

A caratterizzare il progetto è infatti un innovativo approccio interdisciplinare che integra la geoarcheologia, la chimica organica e l’archeo-botanica. Particolare attenzione è dedicata ai resti vegetali che sono indagati con diverse metodologie. Le prime indagini sono condotte direttamente sul sito grazie a un macchinario che consente di compiere le operazioni di flottazione con cui vengono recuperati i resti di dimensioni più grandi. "Molto spesso questi resti sono combusti e usiamo l'acqua per farli galleggiare da un campione di terra e li recuperiamo usando un setaccio dalle maglie molto fini", spiega Marta Dal Corso, ricercatrice del dipartimento di Geoscienze dell'università di Padova. "In questo modo otteniamo sia carbone sia residui di semi e frutti combusti. In seguito confronteremo queste informazioni con quelle si ottengono dallo studio, in laboratorio, di campioni molto più piccoli, come i palinomorfi e i fitoliti". 

Una giornata agli scavi di Povegliano Veronese insieme al team del progetto GEODAP. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar

Durante le settimane di scavi i cittadini hanno potuto interagire direttamente con i ricercatori grazie a visite guidate e iniziative di coinvolgimento, alcune delle quali pensate nello specifico per le scuole. "Volevamo trasmettere il messaggio che un sito archeologico non è una caccia al tesoro e che ad essere importanti non sono solo gli oggetti belli o di valore. Anzi, molto spesso per noi scienziati è proprio il contrario perché è l'umile terra a restituirci informazioni essenziali. Insomma, setacciamo, laviamo e guardiamo la terra che contiene i materiali più che i materiali contenuti", osserva il professor Nicosia. 

Le attività del progetto Geodap adesso continuano in altri siti archeologici. "Alcuni siti sono scavati da colleghi e noi ci occupiamo solo della parte analitica, quindi del post-scavo con analisi archeo-botaniche, sedimentarie e micromorfologiche", spiega il docente. E' il caso, ad esempio degli scavi in località di Frattesina, in provincia di Rovigo, che sono ripartiti proprio in questi giorni sotto la guida della Soprintendenza e in collaborazione con l'università La Sapienza di Roma. "In altri siti invece scaviamo direttamente noi e quindi abbiamo un controllo maggiore su tutta l'articolazione stratigrafica del sito stesso", continua Nicosia. In questa tipologia rientrano i lavori che stiamo conducendo a Codroipo, in provincia di Udine, in armonia con il museo civico di San Vito al Tagliamento.

La prima tappa al di fuori dell'Italia sarà in Serbia, più precisamente a Rabe al confine con l'Ungheria. E a ottobre riapriranno anche gli scavi a Povegliano Veronese  dove già l'analisi magnetometrica "preparatoria", condotta a fine 2021, aveva dato i risultati sperati. Si scava dunque a colpo sicuro, come confermato anche dalle attività più recenti. 

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