SOCIETÀ

Oltre la guerra. La tragedia del Sud Sudan

Risale al 12 settembre scorso l’accordo di pace tra il presidente del Sud Sudan, Salva Kir, e il leader del principale gruppo ribelle del Paese, Riek Machar, siglato con l’obiettivo di porre fine alla guerra civile che dal 2013 ha portato centinaia di migliaia tra morti e sfollati. Raggiunto dopo oltre un anno di trattative anche grazie alla mediazione del Sudan, dell’Etiopia, dell’Uganda e del Kenya, l’accordo arriva dopo la firma del ‘cessate il fuoco’ dello scorso agosto. Il nuovo trattato di pace prevede l’inizio di un periodo di pre-transizione di otto mesi che sarà seguito da una fase che, in tre anni, dovrebbe portare a nuove elezioni. In questo periodo Salva Kiir manterrà il ruolo di presidente mentre il suo principale avversario Riek Machar assumerà quello di vice. Un comitato sarà responsabile della delimitazione degli Stati federali, che dovranno rispettare i territori delle tribù, e verrà anche creata una forza militare con i soldati dei Paesi che fanno capo all’autorità intergovernativa per lo sviluppo (Etiopia, Eritrea, Gibuti, Kenya, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Uganda) per garantire l’applicazione del testo.

Con l’indipendenza dal Sudan ottenuta nel luglio del 2011, il Sud Sudan è lo stato più giovane al mondo e, con oltre 60 gruppi etnici, è uno dei Paesi più frammentati dell’Africa centrale. Gli scontri tra le milizie di etnia dinka fedeli a Salva Kiir e quelle di etnia nuer guidati da Machar sono iniziati nel 2013 ma le divergenze tra i due leader per il controllo  del governo e del loro partito, il Movimento per la liberazione del popolo sudanese (SPLM), si erano già fatte sentire durante la guerra d’indipendenza dal Sudan.

Anni di conflitti e  violenze hanno portato il Paese in uno stato di profonda prostrazione, tanto che la crisi umanitaria sud sudanese è stata definita la crisi di rifugiati più grande del continente africano. Oltre che dalla guerra il Sud Sudan è ulteriormente provato anche dalle crisi alimentari che hanno colpito la parte centrale del Paese portando migliaia di profughi a spostarsi alla ricerca di cibo e sicurezza verso i paesi confinanti, in particolare verso l’ Uganda e l’Etiopia. Secondo i dati forniti dalla ong Medici con l’Africa Cuamm, in Uganda nella già poverissima regione del West Nile (dove il 42% della popolazione vive sotto la soglia di povertà), ha trovato  rifugio oltre un milione di sfollati sud sudanesi, per lo più donne e bambini, divisi in 21 campi profughi. In Etiopia, invece, i rifugiati e i richiedenti asilo censiti sul territorio nazionale sono stati oltre 800.000, la metà dei quali si trova nella regione di Gambella che ospita il 95% dei sud sudanesi nel paese. In totale i migranti rifugiati nei sei paesi confinanti con il Sud Sudan sono oltre 2,5 milioni, un terzo dell’intera popolazione di questo Paese. Qui il Cuamm, è presente dal 2006 con interventi di salute pubblica e ad  oggi è attivo in 5 ospedali e 164 strutture sanitarie.

Federico Olivo è un infermiere di salute pubblica. In Sud Sudan si occupa da sei mesi di supervisioni sul territorio nei vari centri di cura gestiti dal Cuamm, di implementazione dei servizi sanitari previsti dai centri di cura, del controllo e raccolta dati, della gestione delle emergenze.

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