Continuiamo il nostro viaggio attraverso i musei dell'università di Padova e torniamo al Museo di Geografia.
Questa volta però visitiamo un'altra sala, quella delle esplorazioni, che è intitolata al professor Giuseppe Morandini, che nel 1955 è partito per scoprire qualcosa di più della Terra del Fuoco insieme a padre Alberto De Agostini.
Il curatore del museo, Giovanni Donadelli, ci accompagna "alla fine del mondo", cioè sul monte Sarmiento, che prende il nome da un esploratore che a metà del Cinquecento ha scoperto per primo questa vetta di oltre 2000 metri, situata nella parte cilena della Terra del Fuoco e vicina allo Stretto di Magellano, mentre inseguiva il pirata Sir Francis Drake. La cosa singolare è che pensava si trattasse di un vulcano (l'aveva chiamato proprio "Vulcano Innevato"), e per oltre un secolo fu rappresentato così nelle mappe, finché nell'Ottocento Phillipe Parker King si rese conto che era un monte e gli diede quindi il nome attuale.
servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello
Il fascino del mistero e dell'ignoto è ciò che per secoli ha mosso gli esploratori di tutto il mondo, che hanno abbandonato con entusiasmo la loro zona di comfort per scoprire cosa c'era al di là, dandoci nuovi strumenti per comprendere il mondo che ci circonda. In effetti l'esistenza stessa della geografia si basa proprio su questo, su quello spirito curioso che spinge a scoprire qualcosa che va oltre i confini della nostra conoscenza. Non è un caso se, quando è stato inaugurato il Museo di geografia, si è parlato tanto delle esplorazioni del futuro e di tutto ciò che rimane da scoprire: esistono persone che tutt'ora sono mosse da quel senso di curiosità che mette radici nell'infanzia e che, se sei fortunato, rimane per tutta la vita.
Quella di Morandini e di De Agostini non è un'esplorazione molto conosciuta, qualcosa di cui i visitatori hanno già sentito parlare quando entrano al museo, e forse sta proprio qui la sua forza. Non stiamo parlando della scoperta dell'America, o della seconda esplorazione del Polo Nord da parte di Umberto Nobile, rimasta famosa per quella tenda rossa che ricorda la tenacia e il desiderio di aggrapparsi alla vita dell'equipaggio del dirigibile Italia. In questo senso, visitare il museo di geografia permette a molti di imparare qualcosa di nuovo, a maggior ragione perché parliamo di un'esplorazione che ha portato alla conquista di un monte.
Il materiale necessario per l'impresa era stato raccolto da Giuseppe Morandini, e il corriere Domenichelli era andato a ritirarlo a Palazzo Bo nel periodo di Natale del 1955: l'università di Padova con Morandini è stata quindi parte di questa operazione che, dopo vari tentativi, ha portato Clemente Maffei e Carlo Mauri alla presa di un monte che veniva chiamato anche "il Gigante di ghiaccio" e che, nonostante le attrezzature sempre più moderne, ha dovuto aspettare il 2013 per essere di nuovo calcato da piedi umani (quelli di Camillo Rada e Natalia Martinez), tra l'altro in agosto, quindi in pieno inverno patagonico, e dopo altre 20 spedizioni alpinistiche fallite.