La produzione di rifiuti speciali nel 2016 in Italia è aumentata del 2% rispetto all'anno precedente e del 4,5% rispetto al 2014, raggiungendo le 135 milioni di tonnellate. La nota positiva è che l'Italia è tra i paesi europei che ha fatto meglio nell'ambito del riciclo dei rifiuti speciali, raggiungendo il 65% nel 2016.
Si è tenuta il 14 giugno a Montecitorio la presentazione della XVII edizione del Rapporto rifiuti speciali realizzato dall’Ispra (Istituto superiore per la ricerca ambientale), con il contributo delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente. Il rapporto fornisce i dati relativi all’anno 2016 sulla produzione e gestione (incluso l’import/export) dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, a livello nazionale e regionale, e per la gestione a livello provinciale.
Ogni anno in Italia produciamo circa 500 kg a testa, per un totale di 30 milioni di tonnellate, di rifiuti urbani, ovvero quei rifiuti domestici che provengono dalle nostre abitazioni e che vengono gestiti dalle pubbliche amministrazioni sulla base dei contributi fiscali (Tari è l'acronimo dell'attuale tassa sui rifiuti, dalla legge di stabilità per il 2014).
I rifiuti speciali sono invece quelli derivanti da attività produttive commerciali, industriali e di servizio. La differenza tra i due tipi di rifiuto quindi non dipende dalle loro caratteristiche fisiche o chimiche, bensì dalla loro provenienza: da un’abitazione o da uno stabilimento produttivo. Inoltre, i rifiuti speciali non vengono gestiti dalla pubblica amministrazione sulla base dei contributi fiscali, ma vengono gestiti e smaltiti da un sistema di aziende private autorizzate. Pur essendo meno noti, i rifiuti speciali sono più del quadruplo dei rifiuti urbani: 135 milioni contro 30 milioni di tonnellate, 2.229,5 kg a testa.
I rifiuti speciali possono essere classificati come pericolosi o non pericolosi, a seconda della concentrazione di sostanze inquinanti al loro interno. Quelli pericolosi devono essere trattati nel processo di gestione e smaltimento per ridurne la pericolosità; tra questi ci sono rifiuti provenienti dalla raffinazione del petrolio, dall'industria metallurgica, da processi chimici (come alcune vernici o solventi), da produzione conciaria e tessile, dall'industria fotografica, dalla ricerca medica e veterinaria (alcuni medicinali), e ancora amianto, traversine ferroviarie, siti contaminati, materiali da brucio, barattoli e stracci, oli esauriti.
A crescere in modo particolare nel 2016 è stata proprio la categoria dei rifiuti speciali pericolosi, che con oltre 9,6 milioni di tonnellate segna un +5,6% rispetto al 2015. Più contenuto l’aumento dei non pericolosi che arrivano a 125 milioni di tonnellate (+1,7%). L'Italia è dunque lontana dall'obiettivo fissato dal Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti che prevede una riduzione del 5% della produzione dei rifiuti speciali non pericolosi e del 10% di quelli pericolosi, obiettivi da raggiungersi nel 2020 rispetto ai valori registrati nel 2010.
La distribuzione varia per macroarea geografica: di rifiuti non pericolsi se ne producono di più al nord (2568,5 kg a testa) e meno al sud (1540,4 kg a testa). La Lombardia è la regione che ne ha prodotti di più nel 2016: da sola raggiunge il 21,8% del totale di rifiuti speciali prodotti in Italia, per un ammontare di 29,4 milioni di tonnellate. Segue il Veneto con 14,6 milioni di tonnellate, terza l'Emilia Romagna con 13,7 milioni di tonnellate.
Quelli prodotti dal settore delle costruzioni e delle demolizioni costituiscono la parte più consistente dei rifiuti speciali: oltre 54,8 milioni di tonnellate, il 40,6% dei rifiuti speciali totali; seguono quelli prodotti proprio dagli impianti di gestione e trattamento dei rifiuti e di risanamento (27,2%) e quelli del settore manifatturiero (20,7%).
Per quanto riguarda il riciclo e gli obiettivi dell'economia circolare, ovvero diminuire il ricorso alla discarica, ridurre la produzione di scarti e aumentare il loro reinserimento nel ciclo produttivo, l'Italia si colloca tra i migliori paesi europei. 89,4 milioni di tonnellate di rifiuti non pericolosi (il 65% del totale) vengono riciclate bene (recupero di materia), con una prevalenza di sostanze inorganiche (52,2 milioni di tonnellate). Tuttavia si può fare meglio anche qui: si registra infatti un aumento del 7,9% (887.000 tonnellate) di smaltimento di rifiuti in discarica rispetto al 2015, a fronte di una progressiva diminuzione del numero totale delle discariche operative, che passano da 392 nel 2014 a 350 nel 2016.
Resta sostanzialmente invariata invece la quantità di rifiuti speciali esportati all'estero, principalmente in Germania: 3,1 milioni di tonnellate, di cui 1 milione pericolosi. Lo stesso dicasi per quelli importati da altri Paesi: aumentano dello 0,9%, sono per la maggior parte metallici e provengono soprattutto da Germania, Austria e Ungheria.
Sono 352.000 invece le tonnellate di rifiuti contenenti amianto, costituiti per il 93,5% da materiali da costruzione. Questi rifiuti speciali pericolosi vengono smaltiti prevalentemente in discarica (85,5%) e circa 118.000 tonnellate di questi viene esportato in Germania.
Un ultimo dato interessante è quello relativo al rapporto tra rifiuti speciali e Pil: dal 2010 al 2013 quando calava il Pil calava anche la produzione di rifiuti speciali; mentre a partire dal 2014 complessivamente la produzione di rifiuti speciali è cresciuta più velocemente di quanto non abbia fatto il Pil. Oltre a registrare risultati ancora lontani dagli obiettivi del Programma di prevenzione nazionale, questo dato mostra che il nostro sistema economico probabilmente non è ancora capace di produrre ricchezza emancipandosi dalla produzione di rifiuti.