SCIENZA E RICERCA

In Salute. Dengue: diminuire i casi utilizzando un batterio

A poca distanza da uno dei nostri ultimi servizi, torniamo a parlare di dengue: stando ai dati presentati lo scorso 22 ottobre al meeting annuale dell’American Society of Tropical Medicine and Hygiene di Chicago, le città colombiane di Bello, Medellín e Itagüí – secondo quanto riferisce Nature – hanno registrato negli ultimi anni una riduzione dell’incidenza della patologia del 95-97%. Katie Anders, epidemiologa della Monash University di Melbourne, spiega che ciò è avvenuto in seguito alla massiccia distribuzione di zanzare Aedes aegypti infettate con batteri del genere Wolbachia in una delle regioni più popolate della Colombia. Un risultato importante, quello ottenuto dal World Mosquito Program, specie se si considera che secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità circa metà della popolazione mondiale è a rischio di contrarre la dengue.

Quella stretta relazione tra zanzara Aedes aegypti e dengue

La zanzara Aedes aegypti è il principale vettore per la trasmissione dei virus dengue, Zika, chikungunya e febbre gialla. Originaria dell’Africa, si è ormai diffusa nelle regioni tropicali e subtropicali di tutto il mondo: alla sua circolazione hanno contribuito l’aumento dei viaggi internazionali, lo spostamento della popolazione dalle aree rurali alle città, la crescita delle città e, non da ultimi, i cambiamenti climatici in atto. L’aumento delle temperature, la siccità, gli eventi meteorologici estremi provocano infatti una variazione nella distribuzione di vettori come zanzare, zecche, pulci, uccelli e diversi mammiferi coinvolti nella trasmissione di numerose malattie.  Stando ai dati riportati da The 2022 Global Report of the Lancet Countdown, l’idoneità climatica per la trasmissione della dengue è aumentata dell'11,5% per la zanzara Aedes aegypti e del 12% per Aedes albopictus (altro vettore di trasmissione del virus), dal periodo 1951-60 al 2012-21. 

Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, proprio la dengue è la malattia virale trasmessa dalle zanzare più critica al mondo ed è anche quella che si diffonde più rapidamente, con un aumento di 30 volte dell'incidenza globale negli ultimi 50 anni. Oggi la patologia è endemica in oltre 100 Paesi nelle regioni Oms dell’Africa, delle Americhe, del Mediterraneo Orientale, del Sud-est asiatico e del Pacifico occidentale. Le regioni più colpite sono le Americhe, il Sud-Est asiatico e il Pacifico occidentale, e l'Asia rappresenta circa il 70% del carico globale di malattia. Nei Paesi dell’emisfero nord, tra cui l’Europa, si manifesta soprattutto come patologia d’importazione, legata alla circolazione di persone e merci su scala mondiale. In Italia, dall’inizio dell’anno al 30 ottobre, sono stati notificati 298 casi di cui 68 autoctoni. 

Un batterio contro la dengue (e non solo)

A fronte di questa situazione, il World Mosquito Program – organizzazione no-profit della Monash University di Melbourne – si è fatto promotore di un metodo per ridurre il carico di malattie trasmesse dalle zanzare Aedes aegypti, che prevede l’impiego di batteri del genere Wolbachia. Si tratta di batteri molto comuni presenti nel 50% degli insetti, tra cui zanzare, moscerini della frutta, falene, libellule e farfalle, che tuttavia non si trovano in natura nelle Aedes aegypti. I ricercatori hanno scoperto però che quando queste vengono infettate da Wolbachia hanno meno probabilità di trasmettere malattie come la dengue, perché il virus ha difficoltà a replicarsi al loro interno. Da qui il passo successivo: per mezzo di aghi microscopici, gli scienziati prelevano i batteri dal moscerino della frutta e li iniettano nelle uova di Aedes aegypti; una volta che le zanzare sono portatrici del batterio, lo trasmettono in modo naturale alla prole. Il materiale genetico dell’insetto dunque non viene alterato.

Dal laboratorio poi si passa alla comunità: con la collaborazione delle popolazioni locali, una volta a settimana per 10-20 settimane viene rilasciato nell’ambiente un piccolo numero di zanzare maschio e femmina con Wolbachia che si accoppiano con la popolazione di zanzare selvatiche. I batteri in questo modo vengono trasmessi di generazione in generazione e, nel tempo, la percentuale di zanzare portatrici di Wolbachia cresce.  

Il World Mosquito Program ha condotto i primi esperimenti in Australia nel 2011 e una volta dimostrato che il metodo poteva funzionare sono iniziati esperimenti in tutto il mondo. Oggi ci sono progetti avviati in Asia (Indonesia, Laos, Sri Lanka e Vietnam), in Oceania (oltre all’Australia, Figi, Kiribati, Nuova Caledonia e Vanuatu) e in America Latina (El Salvador, Messico, Colombia, Honduras e Brasile).

Il progetto in Colombia

In Colombia in particolare, dove più di 25 milioni di persone sono a rischio di dengue, le zanzare infettate con Wolbachia sono state rilasciate a partire dal 2015 nella valle di Aburrá. Sono state completamente trattate le città di Bello, Itagüí e Medellín, per un totale di 135 chilometri quadrati e 3,3 milioni di persone. I ricercatori, riferisce Nature, considerano completamente trattata una zona in cui più del 60% delle zanzare locali sono portatrici di Wolbachia. L’obiettivo è stato raggiunto nelle prime due città, mentre a Medellín circa la metà del territorio si è mantenuta sotto tale soglia. Ebbene, confrontando l’incidenza della dengue nelle aree completamente trattate nei dieci anni precedenti l’intervento e subito dopo, gli scienziati hanno rilevato una diminuzione del 95% dei nuovi casi a Bello e Medellín e del 97 % a Itagüí. 

Alex Perkins, epidemiologo dell'Università di Notre Dame in Indiana dichiara che una riduzione dei casi in seguito all'introduzione di un intervento di questo tipo potrebbe essere una semplice coincidenza, ma aggiunge anche che gli ultimi risultati sono “incoraggianti” e che più a lungo si osservano questi modelli, più è probabile che siano il risultato delle zanzare. Il modo migliore per verificare l’efficacia di un intervento di salute pubblica, conclude, è costituito da studi controllati randomizzati.

Proprio uno studio di questo tipo è stato condotto a Yogyakarta, in Indonesia, e i risultati sono stati pubblicati nel 2021 sul New England Journal of Medicine: in quel caso è stata rilevata una riduzione del 77%  dell'incidenza di dengue confermata virologicamente nelle aree trattate con il “metodo Wolbachia” rispetto alle aree non trattate. Un’altra indagine di questo tipo è in corso a Belo Horizonte in Brasile. 

Va detto che, nonostante i risultati positivi, l’impiego di zanzare infettate con batteri del genere Wolbachia non è ancora stato ufficialmente approvato dall’Organizzazione mondiale della Sanità. Questo, inoltre, non è l’unico metodo in fase di studio per il controllo di vettori come la zanzara Aedes aegypti. Esistono, per esempio, tecniche di editing genetico attualmente al vaglio della comunità scientifica. 

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