SCIENZA E RICERCA

Il segreto degli elementi

Era il primo di marzo 1869, 150 anni fa, quando un fulmine vivificatore si abbatté sulla comunità chimica mondiale. Qualcuno dice che in realtà il giorno in cui la saetta ha colpito fu il 6 marzo. Ma si sbagliano. In ogni caso è un dettaglio importante ma non decisivo. 

Decisivo fu invece il baleno che scagliò il chimico russo Dmitrij Ivanovič Mendeleev proponendo in forma ordinata il Sistema Periodico degli Elementi Chimici, cui l’UNESCO – l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di cultura, compresa quella scientifica – dedica questo intero anno.

Fu un fulmine squassante, quello di Mendeleev, perché capace di dare alla chimica dell’Ottocento lo statuto di scienza a tutto tondo, capace non solo di fornire spiegazione, ma anche di fare previsioni con grande precisione e rigore. Capace di dare una base finalmente solida alla teoria atomica della materia, mentre il fisico Ernst Mach andava tuonando nell’androne dell’università di Praga (e poi qualche anno dopo, in quello dell’università di Vienna) che gli atomi non esistono.

Sì, fu un fulmine accompagnato da un tuono fragoroso, quello con cui Dmitrij Ivanovič Mendeleev gettò le fondamenta della chimica moderna. Ma non fu affatto un fulmine a ciel sereno. Anzi, fu una tappa – decisiva, eppure provvisoria – di un lungo processo iniziato già nel ‘700, in primo luogo con Antoine-Laurent de Lavoisier, e che si concluderà (provvisoriamente) con lo sviluppo della meccanica quantistica, nella seconda parte degli anni ’20 del Novecento. 

Questo lungo e niente affatto lineare processo è stato raccontato in un agile eppure denso volume, Il segreto degli elementi. Mendeleev e l’invenzione del Sistema Periodico(Hoepli, 2019, pp. 134, euro 12,90) da Marco Ciardi, storico della chimica presso l’università di Bologna e bravissimo comunicatore. 

È impossibile sovrastimare i meriti di Lavoisier, protagonista e poi vittima della Rivoluzione Francese. Tra i principali c’è quello di aver mandato in soffitta dopo oltre due millenni la teoria aristotelica delle sostanze elementari (aria, fuoco, acqua e terra) e di aver proposto un elenco molto più lungo di “corpi semplici”. L’aristocratico francese ne elencò 33. Oggi sappiamo che non tutti sono così semplici da meritare il premio dell’inserimento nella “tavola periodica degli elementi” come con una certa imprecisione viene chiamato il Sistema proposto molti decenni dopo da Mendeleev. Ma è certo che anche quello di Lavoisier fu un fulmine squassante. La novità era tale che non tutti i chimici l’accettarono.

Ma fu anche così vivificatrice da indurre un altro chimico francese, Joseph-Louis Proust, a proporre, nel 1794, la “legge delle proporzioni definite”. E, tra il 1793 e il 1802, l’inglese John Dalton a proporre la “legge delle pressioni parziali”. Anche in questo caso non entriamo nei dettagli della storia, omettendo altri contributi importanti, come quelli di Joseph Louis Gay-Lussac. Ma non possiamo certo esimerci dal ricordare il contributo dell’italiano Amedeo Avogadro, che nel 1811 formula l’ipotesi secondo cui “volumi uguali di gas, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole”. Avogadro distingue anche tra due tipi di molecole, ovvero di corpi microscopici: le “molecole integranti” e le “molecole elementari”. Molti sostengono che questa divisione è quella che noi oggi consideriamo dirimente in chimica: tra elementi e molecole propriamente dette. Ma Marco Ciardi tende a credere che Avogadro non pensasse in maniera sufficientemente chiara a sostanze elementari (elementi chimici) che si combinano tra loro per dare strutture composte (le molecole). 

Marco Ciardi tende a sfatare anche un altro mito: quello secondo cui Avogadro fu dimenticato, almeno fino al 1860 quando un altro italiano, il siciliano Stanislao Cannizzaro, ne ripropone le idee, molto più affinate, in un convegno che si tiene a Karlsruhe, in Germania, e su cui ritorneremo.

A cimentarsi con l’elaborazione di una vera e propria teoria atomica della materia furono altri, dal francese Jean Baptiste Dumas all’inglese William Prout. Non che tutti i chimici aderissero alle loro convinzioni. Alcuni le escludevano per motivi religiosi: la Bibbia non li contempla. Ma è anche vero che i chimici nel corso dell’intero Ottocento discutono sull’esistenza degli atomi. E vanno accumulando anche certezze sull’esistenza di una pluralità di elementi chimici. L’italiano Ascanio Sobrero – il docente presso la Regia Università di Torino che nel 1847 ha scoperto la nitroglicerina – in un manuale di chimica e tecnologia ne enumera ben 62. Solo che la tavola di Sobrero non ha un ordine. Non un ordine chimico, almeno. Quei 62 elementi Sobrero li pone semplicemente in ordine alfabetico. 

Bisogna attendere ancora molti anni perché le nubi della creatività chimica si addensino. La tempesta perfetta è quella che si verifica tra il 3 e il 5 settembre col convegno di Karlsruhe. È lì che il siciliano docente di chimica a Genova propone finalmente una distinzione chiara tra atomi e molecole. Tra i partecipanti al convegno c’è Dmitrij Ivanovič Mendeleev, che peraltro ha una certa consuetudine con l’Italia.

Il russo sente di avere tutti i pezzi del puzzle. Ma impiega nove anni per riuscire a metterli in ordine e proporre la tavola periodica – anzi, il Sistema periodico – degli elementi chimici.

L’ordine è duplice. Mendeleev mette in ordine i 63 elementi che egli conosce (un paio si riveleranno falsi elementi) in base al peso atomico, dal più leggero al più pesante. E si avvede che le proprietà chimiche di questi elementi cambiano. Ma, dopo un certo periodo, ritorno a essere analoghe. Ecco che allora pensa a una tavola bidimensionale. Nelle righe mette gli elementi con peso atomico crescente. Ma poi torna daccapo quando la continuità del loro comportamento si interrompe e il nuovo elemento sembra ritornare a capo.

Ecco che allora inizia una nuova riga. Le righe risultano svariate e definiscono un certo numero di colonne. Ogni colonna risulta occupata da elementi con peso atomico molto diverso, ma con proprietà chimiche analoghe. La prima, per esempio, raggruppa i metalli alcalini. La settima, gli alogeni. Talvolta ci sono caselle vuote. Ma Mendeleev assicura: si tratta di elementi che non abbiamo ancora trovato. Presto li troveremo. E così è stato. Il sistema di Mendeleev si è dimostrato straordinariamente predittivo. Oggi conosciamo 92 elementi naturali (una trentina in più rispetto a quelli noti al chimico russo): tutti hanno trovato collocazione esatta nella sua tavola, anzi, nel suo sistema). 

C’è una notevole differenza che ha corretto qualche piccolo errore. Oggi noi collochiamo gli elementi nel sistema periodico in base al “numero atomico” e non al “peso atomico”. Il numero atomico è, in buona sostanza, il numero di protoni presenti nel nucleo degli atomi. L’idrogeno ha 1 protone, l’uranio 92. Sono numeri interi, non divisibili. E consentano una sistemazione anche chimicamente perfetta. 

Ma nel 1869 né Mendeleev né altri conoscevano l’esistenza dei protoni. La differenza concettuale tra numero e peso atomico diventerà chiara solo all’inizio del Novecento. Ai tempi di Mendeleev e anche molto tempo dopo i fisici, come abbiamo detto, erano persino riluttanti a riconoscere l’esistenza degli atomi. Il peso atomico segue, in maniera non sempre lineare, la medesima progressione del numero atomico. Per cui la precisione della proposta di Mendeleev è risultata altissima. 

A lui dunque il merito di aver scoperto l’alfabeto della chimica. L’insieme delle lettere (92 di origine naturale) con cui la natura scrive nelle condizioni ordinarie le sue parole, le sue frasi, i suoi romanzi e i suoi poemi. Tutta la complessità della materia ordinaria è riconducibile alle lettere che Mendeleev ha ordinato nel suo sistema periodico.

Marco Ciardi ha dedicato, con grande maestria, il processo che ha portato Mendeleev a scoprire l’alfabeto della chimica. E ha corredato il suo libro con tre chicche: tre lettere inedite che il russo ha scritto a colleghi italiani: una ad Augusto Piccini e due a Stanislao Cannizzaro.

Quanto al Sistema Periodico è diventato esso stesso oggetto di poesia. O meglio, di una prosa poetica: quella di Primo Levi il cui libro dedicato al capolavoro di Mendeleev, Il sistema periodico, è stato eletto dalla Royal Institution di Londra a opera scientifica più bella di ogni tempo-

Primo Levi è nato a Torino il 31 luglio 1919. Quest’anno cade il centenario dalla nascita. Torneremo a parlarne.

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