CULTURA

Lo Zecchino d’oro, sessant’anni in televisione con leggerezza e allegria

Ci sono appuntamenti che non tramontano mai, impermeabili al tempo, capaci di incantare negli anni bambini e adulti. Uno di questi è lo Zecchino d’Oro, la rassegna internazionale di musica per bambine e bambini che quest’anno festeggia i 60 anni dalla sua prima volta in onda, raggiungendo 62 edizioni. Ogni anno l’evento celebra la musica per l’infanzia, attraverso la voce di piccoli cantanti italiani e non solo, affrontando con spensieratezza tematiche importanti del nostro tempo.

Nel 1959 Cino Tortorella, il famoso Mago Zurlì, creò un format per l’edizione del Salone del Bambino a Milano che in quell’anno aveva come tema principale la fiaba di Pinocchio: il nome del programma deriva proprio dall’opera di Carlo Collodi. Il Gatto e la Volpe, infatti, convincono Pinocchio a sotterrare uno zecchino nel Campo dei Miracoli, facendogli credere che sarebbe cresciuto un albero pieno di monete. Ed era proprio uno zecchino d’oro simbolico il premio per la canzone vincitrice.

Durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell’albero carico di tanti zecchini d’oro quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno da "Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino" di Carlo Collodi

Nell’idea del mago Zurlì, lo Zecchino d’Oro doveva essere un varietà simile al festival di Sanremo ma su misura di bambino: canzoni nuove create per l’infanzia, cantate e giudicate da bambine e bambini. Per i primi due anni, la rassegna si tenne a Milano e successivamente, per questioni televisive, venne trasferita all’Antoniano di Bologna dove si svolge ancora oggi. Grazie a questo cambiamento, il grande pubblico conobbe una delle figure più importanti per la trasmissione: Maria Rachele Ventre, conosciuta come Mariele. Con il successo arrivarono anche numerose richieste da parte di bambini e ragazzi di tutta Italia che desideravano partecipare al concorso: gli organizzatori decisero quindi di affidare la direzione artistica, la scelta dei concorrenti e l’insegnamento delle canzoni in competizione proprio a Mariele Ventre che portò avanti questa avventura fino alla sua morte, avvenuta il16 dicembre 1995.

Nel 1963 venne creato uno degli elementi più caratteristici della manifestazione: il Piccolo Coro dell’Antoniano, a supporto dei giovani interpreti e dedicato proprio a Mariele dopo la sua scomparsa. Grazie a questi tre elementi, Cino Tortorella, Mariele Ventre e il Piccolo Coro, lo Zecchino d’Oro divenne un punto di riferimento della televisione e della cultura italiana: le semplici canzoni, simili a filastrocche, furono uno strumento per raccontare e insegnare tematiche sociali ed educative ai piccoli ascoltatori. Nel 1969 lo Zecchino d’Oro venne trasmesso per la prima volta in Eurovisione: vengono raggiunti, in diretta e in differita, circa 150 milioni di spettatori in tutto il mondo, raggiungendo una popolarità anche a livello internazionale.

Negli anni Settanta si aggiunse un personaggio già popolare della televisione italiana, Topo Gigio che insieme a Gino creò momenti di tenerezza e divertimento all’interno del programma. Indimenticabili sono le sue frasi come “Strapazzami di coccole” oppure “Cosa mi dici mai?”. Nel 1976 lo Zecchino d’Oro compie un altro passo importante: diventa internazionale. Da questo momento, infatti, sono ammessi alla competizione anche bambini provenienti da paesi stranieri: mentre il mondo stava vivendo la Guerra fredda, i bambini dello Zecchino cantavano nelle loro canzoni ideali come pace, libertà, uguaglianza. Dalla fine degli anni Settanta a oggi, le tematiche dei brani in gara hanno cercato di rispecchiare le tendenze e gli eventi di ogni epoca, cantando di immigrazione, solidarietà ma anche tecnologia, web ed ecologia. Dal 1991, a fianco della rassegna, si aggiunse la raccolta fondi Fiore della solidarietà, oggi conosciuta come Cuore dello Zecchino d’Oro: grazie a questo progetto, vennero finanziate numerose iniziative in diversi paesi come la costruzione di scuole, ospedali pediatrici, case d’accoglienza e molto altro.

Il 16 dicembre 1995 viene a mancare Mariele Ventre, pochi giorni dopo aver condotto per l’ultima volta il suo Piccolo Coro dell’Antoniano. A prendere il suo posto è Sabrina Simoni che conduce ancora oggi il coro, ribattezzato Piccolo Coro “Mariele Ventre” dell’Antoniano. Con l’arrivo del nuovo millennio anche lo Zecchino d’Oro si rinnova: le canzoni vengono animate e caricate su Youtube, raggiungendo così un pubblico ancora più vasto. Nel 2008, inoltre, il programma riceve il riconoscimento da parte dell’Unesco come Patrimonio dell’Umanità per la Cultura di Pace, concesso per la prima volta a una trasmissione televisiva. 

Un programma televisivo longevo, unico nel suo genere e simbolo della televisione italiana: abbiamo chiesto sull'importanza dello Zecchino d'Oro a Paola Brembilla, docente di Teorie e tecniche del linguaggio radiotelevisione all'università di Padova e ricercatrice in industrie dei media, in particolare della televisione, all'università di Bologna. 

Qual è il ruolo che ha ricoperto lo Zecchino d’Oro all’interno della storia della tv e della cultura italiana, sia oggi che nel passato?

Lo Zecchino D’Oro debutta nel 1959, a soli cinque anni dalle prime trasmissioni ufficiali della TV italiana. Si inserisce quindi a pieno nel mandato pedagogico del servizio pubblico, che in quegli anni deteneva il monopolio ma allo stesso tempo lottava con sé stesso per trovare un’identità che unisse il Paese nei tre pilastri di educazione, informazione, intrattenimento

Lo Zecchino D’Oro si dimostra importante in questo contesto perché riesce a combinare la televisione per bambini con un intrattenimento garbato anche per intere famiglie, allargando anche il rapporto storico fra televisione italiana e settore musicale – era stato pensato, infatti, come una sorta di Festival di Sanremo per bambini. Non va inoltre trascurato il suo prestigio istituzionale, che si è poi riflesso nella Rai stessa permettendole di vantare anche un certo valore culturale.

Essendo poi uno dei primi programmi della televisione italiana, non solo acquisisce lo status di cult negli anni (anche grazie alla sua longevità), ma ottiene prima di tutto un ruolo fondamentale nella formazione della cultura italiana perché diventa un fenomeno di costume in cui canzoni, battute e personaggi iconici escono letteralmente dallo schermo per entrare nel vissuto del pubblico – si pensi ai brani ormai storiche come Il valzer del moscerino e Quarantaquattro Gatti (entrambe del 1968, ma conosciute ancora oggi), o più di recente Il coccodrillo come fa? (1993), o appunto all’iconicità del Mago Zurlì e la popolarità ancora attiva di Topo Gigio.

Quali sono, secondo Lei, gli elementi che hanno contribuito al successo decennale della trasmissione?

Gli elementi del suo successo e della sua longevità sono molteplici. Dal punto di vista più pratico, l’Antoniano di Bologna e il Piccolo Coro hanno permesso il proseguimento costante delle sue attività anche al di fuori del mondo televisivo, traendo vantaggio da legami con il territorio e la città. In questo senso, il programma televisivo in sé è il culmine nazionale di queste piccole attività più localizzate. 

Dal punto di vista televisivo (e culturale), la sua trasformazione in fenomeno di costume prima e in programma cult poi sono stati elementi fondamentali. Grazie alle canzoni, alle battute e ai personaggi citati sopra, infatti, lo Zecchino d’Oro è entrato e ancora è presente nell’immaginario collettivo italiano. A ben pensarci, anche se non si è mai effettivamente visto il programma, tutti sanno canticchiare Quarantaquattro Gatti o conoscono Topo Gigio e questo è anche grazie al loro sapiente sfruttamento al di fuori del programma stesso, in pubblicità o altri show.

La dimensione dell’evento, inoltre, continua a mantenere una sua centralità, anche se con ascolti fisiologicamente inferiori e modalità di programmazione diverse. Oggi, lo Zecchino D’Oro resiste anche per la sua capacità di adattamento a un pubblico e quindi a uno scenario televisivo diverso. Per esempio, abbiamo una reinvenzione della gara con la composizione di squadre e la presenza di personaggi famosi (un po’ à la Amici). E ancora, si continua a puntare a un target trasversale, soprattutto con l’idea che oggi siano proprio i più adulti a convincere i figli (o, più probabilmente, i nipoti) a vederlo.

I programmi per bambini e ragazzi oggigiorno sono davvero molti, qual è stato l’apporto dello Zecchino nello sviluppo delle trasmissioni per questo particolare tipo di pubblico?

Ai programmi per bambini, lo Zecchino D’Oro ha insegnato l’importanza dei “personaggi”, che sappiano intrattenere (come Topo Gigio), ma soprattutto ispirare fiducia, cordialità, che sappiano costruire un’atmosfera di gioco all’interno di una famiglia (come il Mago Zurlì, ma anche l’eredità lasciata dalla figura di Mariele Ventre). Ha poi lasciato l’impronta su un filone particolare di programmi, quello dei talent sui bambini, come Ti lascio una canzone (RaiUno, 2008-15) e Io Canto (Canale5, 2010-13). Qui, però, sembra non essere riuscito a trasmettere anche lo spirito iniziale del programma, quello fortemente voluto da Cino Tortorella che infatti li ha criticati, cioè non tanto la competizione quanto piuttosto la creazione di canzoni destinate proprio al mondo dell’infanzia, spingendo per un’atmosfera leggera, da favola. Sembra proprio questo ciò per cui lo Zecchino d’Oro è rimasto un caso unico nel patrimonio culturale italiano.

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