SCIENZA E RICERCA
Traduco, ergo sum
Dall’Europa un finanziamento di circa 170.000 euro a un progetto di ricerca biennale dal titolo Transphileur (Toward A Philosophical Rethinking of Translation: Effects of Translation in a Contemporary European Space). A guadagnarsi il contributo è Saša Hrnjez nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska Curie. Il giovane ricercatore condurrà le sue ricerche all’università di Padova a partire dal prossimo settembre, con la supervisione di Luca Illetterati del dipartimento di Filosofia Sociologia Pedagogia e Psicologia applicata, e per sei mesi all’Istituto di filosofia presso l’Accademia delle Scienze di Praga scelto come partner institution. Oltre al volume dal titolo Tertium Datur. Sintesi e mediazione tra criticismo e idealismo speculativo edito da Mimesis, Saša Hrnjez ha pubblicato la traduzione in serbo del Dialogo sopra i due massimi di sistemi del mondo di Galileo Galilei e ora sta lavorando a una traduzione dei testi di Antonio Gramsci, sempre in lingua serba.
Dottor Hrnjez, quali sono gli obiettivi del progetto Transphileur?
Nel corso del progetto cercherò di esaminare il fenomeno della traduzione da un punto di vista filosofico, tenendo conto però degli effetti politici e sociali della traduzione soprattutto riguardo al contesto europeo contemporaneo. Nel suo nucleo dunque il progetto appartiene al campo della filosofia, ma non può non aprirsi verso altre discipline come teoria della cultura - i cosiddetti Translation Studies - oppure teoria politica. In concreto, il progetto propone di approfondire quella che si potrebbe chiamare una “dialettica della traduzione”, cioè di utilizzare l’apparato categoriale della filosofia di Hegel per sviluppare una concezione dialettica della traduzione intesa come prassi di riflessione e di trasformazione. Siccome gli approcci filosofici alla traduzione di solito non partono da Hegel, ma piuttosto da altri autori, la peculiarità del progetto consiste soprattutto in questo “incontro” creativo tra la filosofia di Hegel e le posizioni contemporanee sulla traduzione.
Un altro obiettivo del progetto è di rivedere la visione comune della traduzione come qualcosa di secondario e ausiliario nelle situazioni in cui bisogna ristabilire la comunicazione tra due lingue già prestabilite, chiaramente definite e date nella loro differenza. Così la traduzione sarebbe un rimedio per la mancanza della comunicazione immediata. Questa rappresentazione della traduzione è abbastanza limitata, perché rimane legata solamente alla funzione comunicativa della traduzione. La storia delle lingue ci insegna che la traduzione per certi versi precede le lingue, che crea anche le differenze tra le lingue, e che fa parte della storia delle culture come luogo della loro formazione. In questo consiste anche il ruolo politico della prassi traduttiva.
“Filosofia della traduzione” come materia di ricerca, dunque.
La filosofia, o meglio, la storia della filosofia è impensabile senza la traduzione. In quanto l’attività della trasmissione delle idee e delle conoscenze in altre culture, la traduzione contribuisce sostanzialmente alla concettualità filosofica, cioè alla sua formazione. Per questo la filosofia deve molto alla traduzione ed è necessario che la traduzione diventi oggetto della sua riflessione. Però, quando si parla di filosofia della traduzione non si intendono soltanto varie riflessioni che molti filosofi, qualche volta solo occasionalmente, hanno dedicato al fenomeno della traduzione, bensì una sorta di indagine sistematica che prende in esame la storia della traduzione e il suo sviluppo culturale e politico tenendo sempre presente l’interazione tra filosofia e traduzione. Il progetto che propongo mira a dare un contributo all’affermarsi della filosofia della traduzione proprio come disciplina che aspetta ancora il suo consolidamento. Gli studi della traduzione, che dagli anni Ottanta del Novecento con la cosiddetta “svolta culturale” hanno avuto un grande successo nel mondo accademico, hanno inglobato anche alcune problematiche filosofiche. Ora tocca alla filosofia esaminare a fondo e nel complesso il fenomeno della traduzione, mostrando la sua rilevanza per alcune questioni fondamentali dell’esistenza umana.
Qual è l’importanza di una riflessione sulla traduzione nel contesto politico e culturale europeo?
Forse bisogna richiamare alla mente Umberto Eco, quando proprio nella traduzione cercava di vedere la lingua comune dell’Europa, dunque la comunanza nella traduzione senza imposizione di qualsiasi lingua singola. Quest’idea si inserisce nel discorso generale sull’identità culturale europea, sullo spazio pubblico europeo e le sue istituzioni. La questione della lingua è fondamentale per la costituzione di qualsiasi spazio politico. E in una realtà plurilingue ed eterogenea, come quella europea, attraversata da diverse tradizioni e intrecci culturali, abitata sempre dallo straniero, la traduzione è più di un veicolo dello scambio culturale: è la sua parte costitutiva. Il punto che vorrei mettere in risalto con la mia ricerca è che la traduzione può servire come chiave di lettura di ciò che chiamiamo contesto politico e culturale europeo: la domanda principale è però se un modello di traduzione alternativo può fornire gli strumenti anche per un modello politico alternativo.
Quando nasce l’interesse per questo filone di ricerca?
Il tema della traduzione mi interessa da un paio di anni. Nel periodo precedente ho avuto occasione di lavorare come traduttore e di tradurre varie opere, tra le quali alcuni classici. Facendo le traduzioni soprattutto dall’italiano in serbo, ma anche dal tedesco e inglese, mi sono reso conto quanto la prassi traduttiva ponga diverse domande di carattere filosofico, ma anche politiche ed etiche, dato che la traduzione richiede spesso una decisione consapevole del traduttore, per cui la traduzione non è mai neutrale. Inoltre vivendo negli ultimi anni un’esperienza fortemente internazionale e muovendomi tra vari paesi, mi sono trovato spesso in situazioni di convivenza di varie lingue, in cui si traduceva contemporaneamente in tutte le direzioni. Tutto questo mi ha portato alla consapevolezza che il mio modo d’essere, di scrivere, di parlare, anche di agire sono diventati una forma di autotraduzione, un’esperienza translinguistica e transculturale, il che richiedeva anche un impegno teorico. Il mio interesse per questo tema, dunque, è nato dalla mia esperienza di traduttore, di straniero e di filosofo, tre figure che si complicano.