UNIVERSITÀ E SCUOLA

Università, vogliamo anticipare il futuro

Un «luogo di luce, di libertà, di studio». E, se posso permettermi di completare la definizione che diede dell’università lo scrittore e politico Benjamin Disraeli, una risorsa per il Paese, dove si promuove la ricerca scientifica e quell’avanzamento del sapere che cambia i paradigmi e apre nuove prospettive per lo sviluppo economico e la qualità della vita dei cittadini. L’istruzione universitaria crea individui più liberi e più forti, come ha di recente ricordato anche la Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane). Non è un caso, quindi, che uno dei termini più ricorrenti, quando si parla di atenei, sia quella libertà che il nostro Ateneo ha ben definita nel Dna. «Universa Universis Patavina Libertas»: in quattro parole c’è quella che ora, in tempi moderni, verrebbe definita la vision dell’Ateneo patavino. Ed è così che immagino l’università del futuro: sempre più libera e aperta. Libera di innovare, cambiare paradigmi, essere sempre un passo avanti.

 

Era iperbolico probabilmente Umberto Eco quando affermava: «Di qualsiasi cosa i mass media si stanno occupando oggi, l’università se ne è occupata venti anni fa e quello di cui si occupa oggi l’università sarà riportato dai mass media tra vent’anni. Frequentare bene l’università vuol dire avere vent’anni di vantaggio». Ma il succo delle sue parole riporta fedelmente il ruolo degli atenei, del valore della ricerca che ogni giorno si porta avanti: anticipare il futuro, non inseguirlo. L’università che immagino, soprattutto facendo riferimento alla situazione patavina e nel nostro Paese, deve essere anche libera di competere su scala internazionale. Lo scenario sul quale ci muoviamo e vogliamo continuare sempre più a muoverci è globale. Così come lo sono i nostri accordi di collaborazione, che ormai arrivano in ogni angolo del continente. Scambio di saperi, di conoscenze, di persone: ed è motivo di grande soddisfazione vedere riconosciuto il nostro valore. Un prestigio internazionale che non sarà mai punto di arrivo ma pungolo per continuare a crescere.

Tuttavia questo ruolo può rafforzarsi solo se l’intero sistema Paese comincerà a credere e investire maggiormente nel mondo universitario. La presenza di un’università arricchisce il territorio circostante e, di conseguenza, l’intera penisola. Attraverso trasferimenti di tecnologia, contaminazione di conoscenza, divulgazione, sanità e servizi per i cittadini, posti di lavoro diretti e indiretti, consumi dei residenti temporanei, miglior qualità della vita culturale. Grazie all’università, possiamo dirlo senza remore, il paese è più innovativo e competitivo. Un dato per tutti: nonostante la crisi, dalla quale stiamo ancora uscendo, e sotto finanziamento l’Italia si colloca all’8° posto tra i paesi Ocse e davanti alla Cina per quantità e qualità della produzione scientifica.

Come ho avuto modo di dire davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, parole da lui stesso poi riprese nel suo intervento, «il livello dei finanziamenti, la regolamentazione esuberante, il riconoscimento economico e sociale inferiore a paesi a noi simili per storia e ruolo internazionale non possono essere un alibi per rinunciare a confrontarci con autorevolezza con le grandi università dell’Europa e del mondo. E allora acquistano ancora più importanza la passione e l’impegno dei 2.150 docenti, dei 2.300 tecnici ed amministrativi, dei 4.300 giovani dottorandi, assegnisti, specializzandi e borsisti che quotidianamente lavorano in questo Ateneo». Passione e impegno che ci permettono di primeggiare nei ranking, di essere il primo ateneo in Italia per qualità della ricerca secondo la valutazione dell’Anvur, di competere, come ricordavo, a livello internazionale.

C’è un’altra libertà che voglio citare in conclusione: quella di scegliere con consapevolezza, visione e serietà, per poi essere valutati a fondo e rispondere delle scelte effettuate. Una «vera autonomia», ulteriore spinta per garantire un futuro migliore alle università e, di conseguenza, a tutti noi.

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