SOCIETÀ

Figli di nessuno: i minori nel fenomeno migratorio

È stato un altro anno di migrazioni quello che si è appena chiuso, di arrivi, sbarchi, salvataggi, vittime, polemiche, politiche più o meno efficaci. Sono raccolti nelle 500 pagine del Dossier statistico Immigrazione 2017, curato dal Centro studi e ricerche IDOS in collaborazione con il Centro studi Confronti, i numeri che raccontano l’immigrazione in Italia e in Europa. Ma esiste un’altra faccia di questo fenomeno, diversa da quella che siamo abituati a riconoscere attraverso le immagini e le informazioni che ci rimandano i diversi sistemi d’informazione, quella dell’immigrazione più giovane, meno visibile, quella che racconta di migliaia di minori stranieri che partono e arrivano nel nostro o in altri Paesi, soli. Per la loro tutela, lo scorso aprile è stata approvata dal Parlamento italiano una nuova legge (47/2017) che ne disciplina l’accoglienza e la protezione e che regola gli aspetti fondamentali della vita di questi piccoli migranti: dalle procedure di identificazione e accertamento dell’età, agli standard d’accoglienza, dalla istituzione della figura di un tutore alla promozione dell’affido familiare, dalle cure sanitarie all’accesso all’istruzione. Abbiamo chiesto una riflessione sul tema alla professoressa Barbara Segatto, docente di Sociologia della famiglia e dell’infanzia dell’ateneo di Padova.

Sono in aumento rispetto al passato i minori stranieri soli che arrivano nel nostro Paese e in Europa e sono sempre più giovani. Quali fattori hanno determinato questo cambio di prospettiva rispetto agli anni scorsi?

I minori e i giovani migranti sono diventati un vero e proprio soggetto migratorio in virtù, proprio, della loro crescita numerica all’interno del più vasto fenomeno migratorio: si stima che dal 2011 al 2016 ne siano giunti più di 60.000 (circa 25.000 nel 2016, più del doppio del 2015 quando ne erano arrivati circa 13.000) e che costituiscono nel 2017 circa il 15% degli arrivi. Negli anni, inoltre, l’età si è via via abbassata e sono in crescita i minori stranieri non accompagnati (MSNA) che hanno 12, 13 o 14 anni. Sono perlopiù maschi (il 90% circa) e giungono da contesti prevalentemente di malnutrizione, epidemie, povertà, violenza, guerra e mancanza di libertà civili spinti dalla speranza di trovare un lavoro ed un futuro migliore. I minori che scappano da guerre, persecuzioni e conflitti, provengono perlopiù da Afghanistan, Gambia, Eritrea, Somalia, Siria, Nigeria. I minori mandati dalle famiglie, emigrati per ragioni economiche alla ricerca di opportunità lavorative invece, vengono soprattutto da Bangladesh e Egitto mentre quelli attratti da ‘nuovi modelli e stili di vita’ provengono soprattutto dalla Tunisia. Non tutti i minori però giungono in Italia attraverso le reti illegali, alcuni vengono accompagnati da parenti o genitori fino al confine o attraverso reti autonome e autogestite. Questi ultimi sono maggiormente esposti a violenze di vario genere e probabilmente, in una percentuale abbastanza significativa ma ad oggi difficile da stimare, non hanno iniziato il viaggio da soli ma si sono ritrovati soli successivamente.

Una volta che un minore arriva solo nel nostro Paese, cosa succede? Quali procedure vengono messe in atto?

Il Piano Nazionale Integrazione prevede due livelli di accoglienza. La primissima, nei centri di accoglienza straordinaria (CAS),viene realizzata nei contesti di ingresso nel nostro Paese attraverso strutture governative ad alta specializzazione che hanno funzione di identificazione ed eventuale accertamento dell’età e dello status anche al fine di accelerare l’eventuale ricongiungimento con parenti presenti anche in altri Paesi dell’Ue. Queste strutture sono individuate e autorizzate dalle Regioni con il coordinamento del ministero dell’Interno. Al momento il numero di posti disponibili presso queste strutture non è sufficiente a coprire quello degli ingressi per questo ne vengono aperte di temporanee o ancora, più frequentemente, capita che i MSNA vengano collocati nelle strutture dedicate agli adulti quindi in ambiente non ‘a misura di minore’ né pienamente tutelante. 

In base ai dati resi disponibili dal ministero dell’Interno sono 13 le progettualità con queste finalità attive sul territorio nazionale per 641 posti complessivi. In queste strutture i MSNA dovrebbero transitare per un periodo relativamente breve, da qualche settimana a qualche mese, o comunque fino a quando il minore non venga ricongiunto in presenza di parenti prossimi in un Paese europeo oppure non venga individuata una struttura di seconda accoglienza presso cui collocarlo.

Il secondo livello di accoglienza(SPRAR – Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) è successivo al periodo della prima accoglienza e, secondo i dati del ministero, garantisce attualmente agli MSNA 1.838 posti in strutture idonee. In caso di temporanea indisponibilità di queste, l’assistenza e l’accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dal Comune in cui questo si trova. Padova non dispone di alcuna struttura SPRAR quindi i minori, come emerge dalla ricerca ‘Progetti Innovativi degli Studenti’ che stiamo realizzando con gli alunni di alcuni corsi di studio della nostra università, vengono collocati in alcune strutture educative di accoglienza dei minori che si sono rese disponibili e che si pongono come primari obiettivi l’alfabetizzazione, l’istruzione e l’educazione finalizzati all’integrazione. È nelle strutture di secondo accoglienza che i minori soli rimangono qualora non vi sia nessun adulto ad aspettarli. In Veneto sono 304 i minori stranieri non accompagnati.

Quando fuggono dalle strutture che li accolgono, giuridicamente cosa diventano?

La maggior parte degli MSNA non dispone di figure familiari che siano in grado di accoglierli; per tutti gli altri il percorso è individuale. I giorni successivi all’ingresso in Italia sono quelli nei quali i minori maggiormente soffrono della frammentarietà e dei limiti delle informazioni in loro possesso. Non avendo una chiara destinazione sono spesso molto influenzabili dagli eventi. Gli incontri che realizzano in questa fase si rivelano determinanti nel condizionare il loro percorso di inclusione. In generale, si possono riconoscere due tipi di inserimento nel nuovo contesto. Il primo, che avviene attraverso le forze di polizia, gli operatori sociali e del volontariato o i connazionali integrati, conduce il minore verso un ingresso rapido nel sistema dei servizi offerti dall’amministrazione e dal volontariato locale. Il secondo, che attraverso i legami con i connazionali, conduce il minore ad un ‘inserimento rapido nelle reti dell’immigrazione irregolare’. Questo secondo percorso prevede in genere la rapida acquisizione del ‘sapere migratorio irregolare’ attraverso il contatto e la dipendenza da altri migranti che conoscono già il territorio e che risultano disponibili ad agire da guide. Si stima che circa il 30% degli MSNA (prevalentemente eritrei, somali ed egiziani) scompaia durante la fase della prima accoglienza, di fatto, proprio nei primi giorni dall’arrivo.

Francesca Forzan

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