SOCIETÀ

Cohn-Bendit, un don Chisciotte per l'Europa

“Smettiamola di dubitare dell’Europa e iniziamo a comportarci da europei”: è questa la conclusione dell’appello-manifesto che si legge sul sito del movimento Europeans.now, fondato pochi mesi fa da Daniel Cohn-Bendit e Félix Marquardt. Ed è anche l’esortazione da cui è partito l’incontro padovano dei giorni scorsi, che ha visto Cohn-Bendit confrontarsi – anche polemicamente – con un pubblico di studenti e coetanei nelle sale dell'università. Polemiche dovute sicuramente al personaggio (giovane studente divenuto famoso nei mesi caldi del ’68 parigino, libertario approdato poi al movimento ambientalista e oggi presidente dei Verdi europei) ma anche e forse soprattutto al tema, quell’Europa invocata spesso come aiuto o come alibi.

Nelle proposte del politico tedesco l’idea di Europa è certamente il punto fondante della politica dei prossimi anni, e corretta è in fondo anche l’osservazione del manifesto, che ricorda come il resto del mondo abbia “già riconosciuto che possiamo essere europei sul palcoscenico mondiale. Noi siamo, paradossalmente, gli unici a mettere ancora in dubbio il nostro stesso progetto politico”. Difficile dargli torto, visto che l’Unione europea è ad esempio il modello dichiarato dell’Unione eurasiatica a est e risulta fortemente attraente anche per l’Ucraina che della Russia è stata culla storica e partner tradizionale, o per paesi a maggioranza musulmana come la Turchia, che da tempo aspira ad entrare. Senza contare il ruolo di leader mondiale che l’Europa sta assumendo nella lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento, unica a imporsi norme vincolanti e con tempi certi (la prima importante scadenza è già il 2020). Ciononostante, resta generalmente assente dai discorsi politici nazionali dei Paesi fondatori, se non come alibi per giustificare l’adozione delle misure meno gradevoli o come impersonale non-luogo dove andare a “battere i pugni” per difendersi dalle politiche di austerità.

L’Europa sembra divenuta il nemico degli europei, insomma, e pare esser venuto meno l’anelito di un autentico progetto comune. L’euroscetticismo dilaga nel momento forse meno opportuno, data l’enormità delle sfide globali di questi anni, trapela nelle aspettative deluse dei cittadini e si infiltra nei discorsi politici più aggressivi, nel risentimento generalizzato della crisi. E forse è un segno dei tempi anche registrare come, di fronte all’oggettiva necessità di un sostanziale cambio di passo a livello europeo, siano proprio i lottatori politici di lungo corso come Cohn-Bendit a lanciare appelli alla consapevolezza. Ad assumerci la responsabilità del progetto europeo in prima persona. “l’Europa siamo noi”, è il cuore del suo messaggio, il parlamento europeo è eletto da noi, le scelte europee sono il trasferimento delle politiche nazionali, compiute da politici che sempre noi eleggiamo. Se non funziona, la colpa è più nostra di quanto non amiamo ammettere, ed è inutile attenderci dall’Europa quel che invece dobbiamo pretendere da noi stessi.

È ora di un “movimento di base, transnazionale, transgenerazionale e non ideologico”, che – contrariamente a come viene descritto sulla stampa – si rivolge a tutti e non solo ai giovani. Giovani (e  meno giovani) d’Europa… uniamoci! è infatti il titolo del manifesto che - pubblicato sui maggiori giornali europei - annuncia la fine dello Stato-nazione, propone di prendere il meglio di ognuno (l’educazione finlandese, la sanità francese, il lavoro tedesco, la qualità italiana) e dice di voler usare le “tecniche di mobilitazione di Tahrir e Taksim” e imparare dal crowdfunding di Obama per finanziarsi. Si dia inizio quindi alla campagna elettorale per le europee 2014, rigorosamente contro il “bluff nazionalista” e populista e per sfuggire alla “lenta deriva verso l’irrilevanza” mondiale. Avanti verso l’integrazione europea, oppure disoccupazione cronica, recessione e invecchiamento ci flagelleranno.

Una posizione che non ha mancato di raccogliere dissensi tra i presenti all’incontro padovano, tra le posizioni di “vecchi” che accusano la distanza dell’Europa e quelle di giovani che sembrano pronti a un passo indietro, ragionando di uscita dall’euro e addossando alla Ue – molto più che ai governi nazionali – le colpe delle crisi di Grecia e Italia, usando come scudo rassicurante le idee del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz. Insomma una fotografia perfetta dell’Europa degli anni Dieci.

Possa piacere o no, il sessantottino Cohn-Bendit, la grinta del vecchio leone è ancora lì a insegnare qualcosa, e alle critiche di chi gli enumera le manchevolezze della costruzione europea risponde con un concretissimo ed energico: “Quindi? Che abbiamo intenzione di fare?”. Un “Que faire?” che lascia inevitabilmente riaffiorare alla mente citazioni rivoluzionarie. Ma questo è un discorso a parte.

Cristina Gottardi

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