SCIENZA E RICERCA

In culla bambini già oversize

Sovrappeso già a un anno di età. Sono i bambini italiani, il 23% dei maschi e il 22% delle femmine su un campione di 3.122, stando ai dati di uno studio sulla salute infantile, Piccolipiù – crescere è un progetto meraviglioso, finanziato dal ministero della Salute. 

Ma quando si parla di sovrappeso e quando di obesità vera e propria? L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si riferisce nel primo caso a persone il cui indice di massa corporea (Imc), che si calcola dividendo il peso espresso in chilogrammi per il quadrato dell’altezza in metri, è superiore o uguale a 25; nel secondo caso a individui con indice di massa corporea uguale o superiore a 30. Questo negli adulti. Nei bambini e negli adolescenti si usano criteri leggermente differenti ma sempre a partire dall’indice di massa corporea. 

Secondo l’Oms l’obesità infantile è un problema diffuso a livello globale che nel 2013 ha visto più di 42 milioni di bambini sovrappeso al di sotto dei cinque anni. In Europa in particolare nel 2010 circa un bambino su tre, tra i sei e i nove anni, era sovrappeso o obeso. Un numero più che triplicato in molti Paesi europei dal 1980, con un conseguente aumento anche delle malattie non trasmissibili che ne possono derivare. In Italia nel 2012 il sistema di sorveglianza nazionale Okkio alla salute indicava che circa il 22% dei bambini tra gli otto e i nove anni risultava sovrappeso e quasi l’11% obeso. Una situazione che ha indotto quest’anno l’Europa ad adottare un piano con cui contribuire ad arrestare l’ulteriore diffusione dell’obesità nei bambini e negli adolescenti tra gli 0 e i 18 anni entro il 2020.

L’EU Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020 evidenzia che i bambini sovrappeso o obesi, rispetto a quelli con un peso nella norma, hanno maggiori probabilità di esserlo anche da adulti, con i problemi di salute che ne conseguono. Tra questi, malattie cardiovascolari, diabete di tipo 2, alcuni tipi di tumore e patologie muscoloscheletriche, cui si aggiungono anche stigmatizzazione sociale e possibili disturbi di salute mentale. Senza contare le conseguenze sul piano economico, se si considera che nei Paesi europei circa il 7% del budget sanitario nazionale viene speso ogni anno per malattie connesse all’obesità. 

Il tipo di alimentazione e l’inattività fisica, nei bambini come negli adulti, sono tra le cause determinanti che, oltre a provocare un eccesso ponderale, possono anche essere associate a fattori di rischio per molte malattie non trasmissibili, come l’aumento nei livelli di colesterolo o la pressione alta. 

All’età di un anno non è ancora presto per parlare di sovrappeso nei bambini? “Non lo è – argomenta Francesco Forastiere, uno dei referenti scientifici del progetto Piccolipiù del dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio – Il dato, ottenuto utilizzando i valori di soglia stabiliti dall’Oms, indica infatti una tendenza che poi ritroviamo nei bambini più grandi. Certo, va considerato che fino a un anno il bambino è ancora in una fase di sviluppo ed è dunque prematuro parlare di franca obesità”. 

Se a tre, quattro anni è già possibile individuare nell’eccesso di alimentazione e nella scarsa attività fisica cause probabili, ciò che accade nel primo anno di vita è ancora poco conosciuto. “In generale non esistono indicazioni precise sui fattori di rischio. Quelli ipotizzabili sono numerosi e possono essere di carattere endocrino, relativi alla dieta o di tipo ambientale. Si consideri, ad esempio, che l’inquinamento atmosferico modifica il metabolismo”.

Forastiere ritiene si debba porre l’attenzione su due momenti in particolare: da un lato i nove mesi di gravidanza e l’aumento di peso da parte della madre, dall’altra il periodo tra i 6 e i 12 mesi, quando inizia lo svezzamento e il bambino passa da un’alimentazione lattea a un’alimentazione solida. È questa la fase in cui deve iniziare ad abituarsi alla regolarità nei pasti e al principio che il cibo non è sempre disponibile.  

Quello dell’aumento di peso in gravidanza, invece, è uno dei temi più discussi. “Si tratta di un fattore importante – sottolinea Forastiere – che regola anche il metabolismo del bambino. Nelle donne in sovrappeso, ad esempio, a un maggiore aumento di peso durante i nove mesi è associata una maggiore frequenza di diabete e un possibile eccesso ponderale nel bambino”. Non esiste, in generale, un principio valido per tutte, ma di volta in volta va considerato il peso iniziale della madre: tanto più elevato è l’indice di massa corporea tanto minore dovrebbe essere l’aumento. Nel caso specifico, lo studio ha rilevato che il 13% del campione delle mamme prese in esame era sovrappeso e il 6% obeso. Con la gravidanza il 31% di loro è poi aumentato troppo poco, rispetto al peso iniziale e ai valori  consigliati dalle linee guida internazionali; il 27% invece troppo.

Da tenere in considerazione sono poi gli stati d’ansia o depressivi della donna non solo a pochi mesi dal parto, ma anche durante il periodo della gravidanza e quello che segue (oltre ai mesi tipici della depressione post partum). Questo, spiega il referente scientifico, perché ansia e depressione sono legati a una diversa relazione con il bambino che può influire sullo sviluppo e dunque, secondo alcuni studi, anche sul peso e sulla comparsa di malattie come l’asma bronchiale. È proprio la relazione tra caratteristiche e affettività della madre, fattori di rischio prenatali e postnatali e sviluppo di sovrappeso e obesità uno degli aspetti su cui si intende lavorare nell’ambito del progetto Piccolipiù

Lo studio, i cui primi risultati sono stati presentati pochi giorni fa a Firenze, è stato avviato nel 2011 ed è coordinato dal dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio. Vede la partecipazione di sei strutture sanitarie ospedaliere e universitarie nelle città di Roma (Casa di cura città di Roma e ospedale Cristo Re), di Trieste (Irccs materno infantile Burlo Garofolo), di Torino (azienda ospedaliera universitaria Città della salute e della scienza), di Firenze (azienda ospedaliera universitaria Meyer) e di Bagno a Ripoli (ospedale santa Maria Annunziata). 

Si tratta di uno studio di gruppi omogenei che mancava fino a questo momento in Italia e che va ora ad affiancarsi ad altri già esistenti all’estero. “Francia, Spagna Inghilterra, Paesi scandinavi - spiega Francesco Forastiere – hanno coorti di diverse migliaia di bambini che vengono seguiti da anni. Ciò che speriamo è di riuscire a reclutare altri centri nel nostro Paese”.  

Scopo del progetto scientifico, nel suo complesso, verificare l’incidenza di patologie particolarmente frequenti nei primi anni di vita, come le malattie respiratorie, ed esaminare aspetti legati allo sviluppo, come l’obesità e il sovrappeso, per individuarne i possibili fattori di rischio e preventivi già a partire dalla gravidanza. Esistono studi che dimostrano, infatti, come alcune esposizioni ambientali durante la gravidanza e i primi anni di vita, unite a fattori genetici, influiscano sullo sviluppo e sullo stato di salute.  Oltre a ciò si intende creare una banca di campioni biologici della mamma e del bambino che partecipano al progetto (sangue cordonale e un frammento di cordone), con sede all’Istituto superiore di sanità.

Per ora i finanziamenti coprono i primi due anni. L’ambizione è di continuare il monitoraggio fino all’età adulta.

Monica Panetto

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