CULTURA

Democrazia: come scacciare gli spettri

Politici: mai così impopolari come in quest’epoca. Chi potrebbe, oggi, scrivere che i migliori tra i cittadini “dovranno impegnarsi nella fatica della politica e del governo, pensando di compiere una attività non bella ma necessaria”? E chi prometterebbe loro, come ricompensa nell’altra vita, un posto “nelle isole dei Beati"?

Nessuno, ovviamente, ma proprio perché viviamo in un’epoca di “antipolitica” è importante rileggere l’autore di queste frasi: Platone, il grande critico  della democrazia ateniese. L’Europa di oggi e la Grecia di ieri sono due mondi distanti 2.500 anni ma che possono dialogare, confrontandosi senza confondersi, sui problemi dell’autogoverno e della convivenza civile. Dietro Solone, Tucidide, Eschilo, Licurgo, Aristofane, Eraclito e Platone riemergono tipologie attuali, conflitti dal sapore contemporaneo che inquietano il presente.

Li racconta Davide Susanetti  in Atene-post occidentale, spettri antichi per la democrazia contemporanea (Carocci Editore, 2014). Chi ama la politica, chi vuole tuffarsi e rituffarsi nel mondo ellenico, chi sa immergersi nella mitologia, così come chi è attratto dalle narrazioni antiche, trova in Atene post-occidentale uno strumento imprescindibile, come il bisturi  per un chirurgo. I conflitti radicali di ieri, spesso brutali e distruttivi, sono riproposti con la lucidità dei grandi narratori e le analisi sviluppano i problemi nelle varie sfaccettature come se l’autore muovesse, ora di qua ora di là, un caleidoscopio. Susanetti diviene un tramite negli incontri con gli antichi. Varca la soglia del tempo. Insegue e incalza spettri e fantasmi, che pur rimanendo ben piantati nel loro tempo portano messaggi nella nostra era della globalizzazione, pur senza attualizzazioni di comodo o forzate.

È un mondo che affascina e inquieta quello descritto da Davide Susanetti. Storie che si intrecciano, defunti che risorgono, fantasmi e allucinazioni che infestano i palazzi del potere, derive di governi, universi ingannevoli, giovani generazioni private del futuro.

Storie di spettri e di simboli. La conoscenza del passato prende possesso di ricordi e di momenti. Nella nostra era post-ideologica – tra crisi dell’economia e nodi irrisolti della rappresentanza politica – i fantasmi rianimati da Susanetti ci permettono di risalire alle radici della nostra cultura. Personaggi che vengono rituffati nel mondo di oggi e restituiti a noi dopo essere stati indagati dall’autore.

Cosa ci dicono questi spettri? “Come possono essere consapevolmente evocati - ci si chiede nella controcopertina - perché agiscano segnando l’apertura di un controtempo e di un controricorso nello scenario della crisi, perché producano una modificazione dello sguardo?”.

Partecipazione politica, natura della legge, distribuzione della ricchezza, modelli educativi, conflitto generazionale, donne e soggetti alternativi, linguaggi della comunicazione e del potere, strategie del rapporto fra governanti e governati, costruzione di un centro condiviso in cui riconoscersi, sono i temi che si intrecciano nel confronto con i personaggi della cultura greca.

Non è un’Atene lontana.  È una città che “suona singolarmente contemporanea e anacronisticamente famigliare”, un’Atene che è già “posteriore” e già “il nuovo” che dissolve ogni memoria così come è, allo stesso tempo, la nostalgia dell’origine e la ricerca della parola perduta”.

Un’Atene che ci suggerisce domande post-occidentali, frutto della crisi della nostra civiltà. E non è nemmeno un’Atene tranquilla.  La serenità non abita qui. Atene “diviene un luogo di spettri inquieti, una caverna di ombre che si contendono la scena e si contraddicono reciprocamente”. Una città dove i politici parlano male l’uno dell’altro. Dove si scopre che in politica non serve intelligenza ma ignoranza unita all’astuzia. Si recepisce “Un non votate i concetti ma l’efficacia spettacolare”. Persiste un clima dove non radicano i buoni consigli. È una sorta di democrazia vuota. È da lì che fuoriescono spettri antichi per la democrazia contemporanea.

Spettri che sono stati uomini, saggi o malvagi, quasi sempre potenti,  ma anche pervasi da insicurezza e colmi d’ansia di conoscere il destino per tentare di prevenirlo. Uomini non disponibili ad “ascoltare la voce della città e dell’altrui consiglio” così che “viene meno la dimensione del consenso e la polis si trasforma in un deserto”.

Che fare, allora? “Chi pratichi sana filosofia in questa vita compirà il ciclo seguendo una strada piana e celeste. E potrà anche, a tempo debito, sottrarsi definitivamente alla ruota dei giorni”. Ma “la filosofia - è il suggerimento di Platone - non deve essere lasciata da sola nella pubblica piazza, come un’orfana derelitta, alla mercé di gente volgare che la disonori, in preda a omiciattoli deformi pronti a saltarle addosso e stuprarla”. La proposta più preziosa che Atene può proporre alla nostra democrazia, egualmente pervasa da mali profondi,  è quella di uscire dalla caverna della rassegnazione, costi quel che costi, perché di “primo acchito la liberazione non reca sollievo o piacere; essa comporta al contrario sofferenza e si produce per un atto di costrizione.” Al punto che molti vorrebbero ritornare alle catene dell’inconsapevolezza nella caverna. Dovrà esserci come una seconda nascita, dopo lo scioglimento dai vincoli dell’ignoranza. 

Valentino Pesci

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