UNIVERSITÀ E SCUOLA

Scuola e atenei, si cambia: il governo farà tutto da solo?

Il riserbo sulla grande riforma di scuola e università sta iniziando a sgretolarsi. In rete è stato diffuso un primo schema del disegno di legge con cui il governo Letta intende chiedere al Parlamento un'amplissima delega per rivedere radicalmente i pilastri del nostro sistema di istruzione nazionale. Dunque, nelle intenzioni del ministro Carrozza vi sarebbe un drastico superamento delle riforme Gelmini, per arrivare a un nuovo assetto che, in base alle anticipazioni, si potrebbe riassumere un po' sbrigativamente con alcune parole d'ordine: ridotta presenza dello Stato dal punto di vista gestionale e finanziario; più larga autonomia amministrativa, economica e nel reclutamento concessa a scuole e atenei; più spazio ai privati nel supportare e co-gestire le politiche nella ricerca. Vediamo di analizzare il testo finora disponibile, tenendo presente che si tratta di un primissimo schema, suscettibile di profondi cambiamenti. 

Procedura. Nell'articolato si delinea già con chiarezza il percorso che si intende compiere. Approvata la legge delega, il governo avrà a disposizione un massimo di nove mesi per varare i decreti legislativi, previo parere del Consiglio di Stato e della Conferenza Unificata (l'organo che riunisce Stato ed enti locali su materie di competenza comune). È previsto anche il parere preventivo delle commissioni parlamentari competenti. Dopo l'entrata in vigore dei decreti, il governo potrà intervenire per due anni con "disposizioni integrative e correttive".

Scuola. La prospettiva delineata è quella di un vero sisma, con una completa riforma del reclutamento dei docenti, della quale è specificato solo che dovrà mantenere un equilibrio tra assunzioni per concorso e smaltimento delle graduatorie dei precari. Ma le innovazioni si estenderanno anche allo status giuridico ed economico del personale, ai network di scuole e agli organi collegiali, che perdono ogni potere deliberativo per divenire soggetti consultivi: è un evidente rafforzamento del potere dei dirigenti scolastici, sempre più nei panni di manager autonomi e responsabili dell'andamento complessivo degli istituti loro affidati. 

Alta formazione. Per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica è prevista la riorganizzazione delle istituzioni e dello stato giuridico del personale docente. Probabile un intervento specifico sui conservatori, che dopo anni di riforme stentano ancora a perfezionare il loro nuovo ruolo di "università della musica" destinate ai soli studenti diplomati.

Enti di ricerca. Si interviene sullo stato giuridico del personale e in particolare dei dirigenti. Molta attenzione sarà dedicata ad armonizzare i ruoli sulla carta e le mansioni effettivamente svolte, in particolare per chi è inquadrato con funzioni di ricerca. Ci si concentra poi sui tempi nell'erogazione dei finanziamenti.

Università. Anche qui, le scarne dichiarazioni di intenti sembrano prefigurare un sistema totalmente nuovo. Viene anzitutto stabilita la "piena responsabilità" degli atenei per la gestione delle risorse finanziarie. Un principio che dovrebbe tradursi con lo slittamento verso un modello che guarda (da lontano) agli Stati Uniti: ai vincoli finanziari si sostituisce uno schema basato su incentivi e sanzioni, secondo il quale i finanziamenti dovrebbero essere attribuiti in gran parte secondo criteri di merito basati sui risultati della gestione. I controlli di legittimità preventivi lasciano il posto alla valutazione successiva delle attività. Anche in tema di organizzazione interna è ribadito il principio di autonomia, che dovrebbe tradursi in una libertà ancor maggiore nella determinazione delle articolazioni interne degli atenei, ma anche nella "eliminazione di sovrapposizioni e duplicazioni di competenze". Capitolo fondamentale è il ruolo assegnato ai privati: si parla di "incentivazione dei finanziamenti privati" con particolare riferimento alla copertura dei posti di docente. Si vorrebbe così intervenire sul rapporto tra imprese e università, punto critico tante volte dibattuto, lasciando uno spazio sempre più ampio alla compenetrazione tra domanda delle aziende e offerta, da parte dell'università, di una ricerca calibrata sulle esigenze dei comparti industriali. Sempre sul fronte della ricerca, si prevede la "portabilità dei finanziamenti": i docenti avrebbero dunque libertà di movimento tra atenei (non solo, si suppone, in ambito italiano) per utilizzare i propri budget per i progetti avviati. Per quanto concerne la contribuzione studentesca, le linee guida sono improntate a definire "limiti ai contributi e alla possibilità di aumento degli stessi": misura decisamente in controtendenza con i criteri ispiratori della riforma, che sembra invece privilegiare un progressivo ritiro della mano pubblica sulle modalità di gestione delle università. Novità anche per il reclutamento: verranno riviste le regole dell'abilitazione scientifica nazionale per "contenere il numero dei partecipanti e degli abilitati": requisiti più severi, dunque, per l'ammissibilità delle domande e la valutazione dei candidati. Viene ulteriormente aumentata la flessibilità degli studiosi con contratto a termine (ricercatori e assegnisti), dei quali è anche prevista la riduzione complessiva.

Conclusioni. È certamente prematurodare un giudizio sul primo schema del decreto legislativo; ma la bozza finora circolata non lascia dubbi sull'intenzione del governo Letta di attuare una riforma radicale e organica dell'istruzione e della ricerca, secondo criteri che, se confermati, configurerebbero un modello molto diverso da quello tradizionale: meno controlli, meno finanziamenti e con criteri più selettivi, più autonomia gestionale e finanziaria, più impresa. Del tutto oscure invece, per il momento, le intenzioni per quanto concerne le politiche di reclutamento nelle scuole e lo stato giuridico degli insegnanti. Rimane la perplessità, inevitabile, sui modi scelti per la divulgazione di un disegno di riforma tanto profondo, emerso solo grazie ai media dalle brume degli ermetici comunicati di Palazzo Chigi.

Martino Periti

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