CULTURA

"Umiliando la Grecia dimentichiamo noi stessi"

"Un’Europa senza la Grecia? Forse qualcuno dimentica da dove vengono parole come politica o democrazia...". Lorenzo Braccesi ha insegnato a lungo storia greca all’Università di Padova, ed è indignato al pensiero che a Bruxelles si possa escludere, in base a parametri finanziari, il paese in cui sono nati il concetto di comunità statale e l’aspirazione a un’entità sovranazionale. Un’insofferenza diffusa, quella verso la Grecia, espressa da fonti autorevoli come Hans-Werner Sinn, presidente dell’istituto tedesco di ricerca Ifo, che ha detto a chiare lettere che è ora che la Grecia esca dall’euro.

Professor Braccesi, per uno studioso dev’essere frustrante che oggi l’immagine della Grecia in Europa sia quella di un Ulisse levantino e malconcio che tenta di beffare il Polifemo tedesco.

È frustrante, ma posso capire i greci. La loro storia moderna è segnata dall’incombere dei tedeschi: il bavarese Ottone di Wittelsbach come monarca, poi la Germania guglielmina e il nazismo, le guerre, l’occupazione... E’ l’orgoglio di una nazione che, dall’indipendenza in poi, ha fatto passi da gigante, e si è ritrovata con stipendi dimezzati e povertà diffusa.

Passi da gigante?

Guardi che la Grecia degli anni Trenta dell’Ottocento, al momento dell’indipendenza dagli ottomani, si trovava a dover ricostruire le proprie radici da zero. Secoli di dominazione turca avevano soffocato la lingua e la cultura classica: pensi alle difficoltà della chiesa ortodossa, che era in fondo la custode della classicità. È una riscoperta che si deve alla forza dei greci, ma anche all’apporto decisivo degli intellettuali europei, come Byron. Provi a pensare se in Italia, a partire dal 1861, avessimo dovuto andare alla scoperta del Latino.

Tornando alla Grecia moderna e alla sua immagine, cosa pensa di chi la indica come il paese più corrotto?

La corruzione è esistita in ogni epoca, e non è certo una peculiarità della Grecia moderna. Pensi ad Arpalo, il tesoriere che fugge ad Atene con le ricchezze affidategli da Alessandro Magno. Ad Atene i beni spariscono, e Demostene viene accusato del furto. Non c’è niente di nuovo. E del resto non mi sembra che oggi in molti possano dare lezioni alla Grecia sull’argomento.

Immaginiamo un sedicenne olandese o polacco di oggi: cosa gli direbbe per convincerlo dell’importanza dell’eredità greca?

Gli direi che senza la Grecia il suo paese, semplicemente, non esisterebbe. Perché è in Grecia che nasce il concetto di unità statale. È un’aspirazione che sorge all’interno della polis, la città-stato, ma che ancora non riesce a svilupparsi. Fino a che l’espansione macedone, con Filippo II, fa nascere l’Europa: non più un’entità geografica, ma un concetto politico.

Come si passa dall’opposizione greci / barbari alla visione sovranazionale?

Il mito della grecità come opposizione al barbaro, il non greco, nasce con la vittoria di Salamina: da un lato, la libertà ellenica; dall’altro, la tirannide dei persiani.È un mito che si alimenta attraverso I Persiani di Eschilo e le Storie di Erodoto, e trova la sua perfetta sintesi nel finale di Ifigenia in Aulide di Euripide: «I barbari sono schiavi, i Greci sono liberi». Con i sovrani macedoni cambia tutto: l’Europa “balcanica” di Filippo, l’impero di Alessandro. I barbari non sono più “gli altri”: sono parte di noi, viviamo tutti nell’ecumene, il mondo conosciuto.

In che modo la cultura greca è motore di questo processo?

La corte macedone è totalmente pervasa di grecità. Presso il sovrano vivono straordinari esponenti del pensiero, dell’arte e della cultura greche: da Aristotele, maestro di Alessandro Magno, allo storico Teopompo, dallo scultore Lisippo al pittore Apelle. Così l’espansione macedone diventa disseminazione della cultura greca. Alessandro è l’unico che getta un ponte tra Europa e Asia. Se si visitano le zone della cultura Gandhara, a nord della regione indiana, si trovano rappresentazioni del cavallo di Troia. Ma Alessandro è morto troppo presto, e Asia ed Europa, nei secoli, sono tornate a combattere.

La conquista romana si pone in continuità con questa visione “ecumenica”?

A rispondere è Orazio: la Grecia ha conquistato il conquistatore. Il processo di romanizzazione di popoli e territori è anche un’ellenizzazione. Lo stesso cristianesimo ha le sue radici nell’incontro tra cultura ellenistica e tradizione giudaica. La cultura greca è, insieme, stimolo e mezzo di trasmissione dei saperi. Pensiamo a quanto ha contato, per la diffusione dell’ebraismo in Occidente, la traduzione greca della Bibbia dei Settanta.

In sintesi, cosa risponde a chi ipotizza un’Europa senza Grecia?

Gli antichi rapsòdi in Grecia cantavano i versi omerici quattordici secoli prima che nascesse la saga germanica dei Nibelunghi. La presunzione, a volte, crea vuoti di memoria.

 

Martino Periti

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