SOCIETÀ

Gli italiani leggono ancora (troppo) poco

Abbiamo ripreso a leggere, ma giusto un poco. Le dimensioni della non lettura in Italia sono in realtà da “vera e propria emergenza”. È quanto emerge dal rapporto Istat sulla lettura nel nostro Paese per l'anno 2015.

La fotografia scattata dall'istituto ci mostra un'Italia a due facce. Abitudini familiari, contesto territoriale e livello d'istruzione sono i fattori che più incidono sui livelli di lettura nel tempo libero. Se da un lato, infatti, lo scorso anno il 42% dei cittadini intervistati, dai 6 anni in su, ha dichiarato di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti per motivi non scolastici e professionali (era il 41,1% nel 2014 e il 46% nel 2012), dall'altro la fetta di non lettori rappresenta oltre la metà della popolazione in ben 14 regioni su 20. L'incidenza negativa è maggiore nel Mezzogiorno (Campania e Puglia in testa), nei piccoli comuni, tra le persone con un basso livello di istruzione e ridotte disponibilità di reddito, nonché tra gli uomini.

La lettura è più praticata al Nord (il Nord-ovest detiene il record con il 49,6% di lettori), nei comuni centro di area metropolitana (51%) e tra coloro che possiedono un titolo di studio elevato, ovvero laureati (75%) o con diploma superiore (50,2%). Ciò si riflette sul piano professionale: i lettori più assidui sono infatti dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (61,4%), direttivi, quadri e impiegati (61,9%) e studenti (60,2%). A guardare la spesa per l'acquisto di libri, però, si registra un calo del 18% fra il 2010 e il 2014.

La propensione alla lettura tra i bambini e i ragazzi è correlata all'abitudine dei genitori a leggere essi stessi e alla presenza di libri in casa. Se a leggere sono entrambi i coniugi, la quota di giovani lettori oltrepassa il 60%. Se, al contrario, sia mamma che papà non leggono, la percentuale di figli lettori si attesta attorno al 30%. Quasi una famiglia su dieci, tuttavia, non dispone di libri in casa e chi ne possiede non è detto che li legga.

I lettori cosiddetti forti, ossia coloro che leggono 12 o più libri in un anno, nel 2015 sono stati appena il 13,7%, una decisa minoranza rispetto ai lettori deboli: il 45,5% degli intervistati ha letto non più di tre libri. La lettura, alla quale dedichiamo mediamente 18 minuti al giorno, è più apprezzata tra le donne e gli over 55. Lo è meno tra i maschi, i ragazzini tra gli 11 e 17 anni e le persone in cerca di prima occupazione. Eppure, la lettura sembra rappresentare un ponte, se non una vera e propria porta d'accesso, ad una vasta gamma di pratiche culturali. Chi legge, infatti, coltiva regolarmente altre attività (visita musei, monumenti e siti archeologici; frequenta concerti, teatri e cinema), pratica sport e naviga in internet. In generale è più soddisfatto del proprio tempo libero (71% contro il 64% dei non lettori) e, addirittura, della propria situazione economica (56% contro 42%), oltre che più ottimista per il futuro.

In un'epoca in cui si dibatte sulla progressiva scomparsa o meno dei libri cartacei a favore di quelli in formato digitale, i dati Istat paiono smentire qualsiasi previsione pessimistica. Le due categorie non figurano alternative e in competizione, ma sembrano avere “una natura complementare e incrementale”. La quota di persone che legge online, scarica libri o e-book, difatti, cresce in proporzione al numero di libri presenti in casa.

In prospettiva, i prodotti editoriali digitali potrebbero essere un nuovo canale di accesso alla lettura per le famiglie che non hanno grande familiarità con librerie e libri cartacei. Circa il 6% di quanti non hanno libri in casa, ma hanno navigato in internet nei tre mesi precedenti l'intervista, ha anche letto online o scaricato libri o e-book. La produzione di questi ultimi, peraltro, è in sensibile aumento. Dal rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2015,  a cura dell'Associazione italiana editori, i nuovi titoli sono saliti del 26,7% tra il 2013 e il 2014, mentre per quelli su carta vi è stata una contrazione del 3,5%, con l'eccezione dell'editoria per ragazzi che è salita del 5,9%.

Indipendentemente dal supporto utilizzato, la lettura è condizionata dalla capacità di ciascuno di comprendere e interpretare in modo adeguato il significato dei testi. Tale capacità, nota come literacy, in Italia è molto bassa e ci pone agli ultimi posti nella graduatoria internazionale. A rilevarlo è un'indagine dell'Ocse sulle competenze degli adulti, relativa al 2012. Essa stima in 250 punti il punteggio medio di literacy della popolazione italiana tra 16 e 65 anni, a fronte di una media Ocse pari a 273 punti. Detto altrimenti, ben il 27,9% degli adulti italiani riesce a svolgere solo semplici operazioni cognitive di base. Lo svantaggio si manifesta allo stesso modo in tutte le classi socio-demografiche, persino fra chi gode di una preparazione universitaria, ma l'apice lo toccano i cosiddetti Neet, cioè quanti non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione, seguiti dai cittadini stranieri, in particolare da quelli nati all'estero ed emigrati successivamente, che incontrano difficoltà con la lingua italiana.

Allargando lo sguardo ai Paesi dell'Unione Europea, spiccano velocità diverse. Le ultime statistiche comparative, contenute nell’Eurobarometer – Special 399 e relative alla primavera 2013, mostrano che la percentuale di coloro che avevano letto almeno un libro negli ultimi 12 mesi era superiore al 75% in Stati del centro e del nord (Svezia, Danimarca, Finlandia, Estonia, Olanda, Lussemburgo, Germania, Regno Unito), mentre era inferiore al 60% in Portogallo, Italia, Cipro, Romania, Ungheria, Grecia. Ovunque la mancanza di tempo è risultata la risposta più gettonata per giustificare la non lettura. Quasi nessuno degli intervistati, invece, ha giudicato il prezzo dei libri troppo caro.

A tale “emergenza lettura”, ogni Paese europeo sta rispondendo con una propria politica. In Italia dal 2010 esiste il Centro per il libro e la lettura, che lo scorso novembre, in collaborazione con il Mibact, ha redatto il suo piano nazionale.

 Sei i punti prioritari su cui intende lavorare: una politica organica di sostegno all’educazione alla lettura nelle fasce più giovani della popolazione; la creazione di reti sul territorio; la valorizzazione delle buone pratiche; il sostegno a iniziative di promozione; il potenziamento delle biblioteche pubbliche e scolastiche; lo sviluppo di un ecosistema favorevole alla lettura.

Una pressante richiesta a mettere in atto politiche pubbliche ad hoc era giunta già nel 2008 dall'associazione Forum del libro che, sulla scorta di suggerimenti di insegnanti, bibliotecari, editori, librai e rappresentanti di associazioni e istituzioni, aveva elaborato il Manifesto per la lettura. Negli anni sono nati numerosi progetti nazionali per avvicinare a quest'ultima e, perché no, anche farla riscoprire. Il maggio dei libri, Libriamoci, Ottobre piovono libri, Passaparola, #ioleggoperché, Nati per leggere – solo per citarne alcuni – muovono sempre un consistente numero di persone, stando ai dati snocciolati dagli organizzatori. Ad essi si affiancano piccole manifestazioni locali, circoli di lettura e festival di respiro internazionale, come il Salone del libro di Torino, o tematici, come quello della letteratura di Mantova o dell'economia a Trento.

Si sono moltiplicati, nel frattempo, anche i canali attraverso i quali reperire i libri. Hanno fatto la loro comparsa nella grande distribuzione, all'ufficio postale, nelle stazioni ferroviarie, in bar letterari, allegati a quotidiani e periodici a prezzi irrisori, online e tramite e-commerce, mentre le librerie indipendenti, per contro, chiudono e le biblioteche devono fare i conti con i tagli alle risorse economiche.

I luoghi in cui trovare libri, insomma, non mancano, così come le iniziative di promozione della lettura. Ma non vi è il rischio, per le seconde, che l'assenza di un'unica regia crei sovrapposizione, se non concorrenza e dispersione tra le varie proposte, vanificando gli sforzi? I dati Istat, pur con tutte le loro variabili, non denotano scostamenti significativi nel tempo. Oltre ad una più efficace collaborazione tra soggetti pubblici e privati, sarebbe forse auspicabile un approccio personalizzato alle singole fasce d'età (prima infanzia, bambini, adolescenti, adulti) che tenga conto delle peculiarità di ciascuna.

Elena Trentin 

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